Un team di studiosi dell’Istituto Nazionale della Salute Digestiva (IRSD) di Tolosa sta portando avanti una ricerca che interessa il diabete e la possibile regolazione della glicemia attraverso il sistema nervoso enterico.
Si tratta di fare lavorare il nostro “secondo cervello“, ovvero quello che si trova nell’apparato digerente: i risultati dello studio sono stati pubblicati su Gut.
Sistema nervoso enterico: cos’è e come può agire sul diabete
Si tratta di un organo molto esteso che va dai 10 ai 12 metri e in esso si trova una complessa rete di più di cento milioni di neuroni che ricoprono aree come l’intestino tenue e il colon. Questo sistema è in grado di agire in modo indipendente rispetto all’encefalo.
Il sistema nervoso enterico regola diverse funzioni digestive, ormonali, immunitarie e metaboliche. I neuroni dell’intestino hanno una funzione anche nella regolazione del comportamento, rendendoli potenziali obiettivi terapeutici di disturbi alimentari o malattie neurologiche come il morbo di Parkinson.
Per questa ragione, gli studiosi hanno dimostrato che intestino e cervello possono interagire tra loro in maniera praticamente istantanea. Questa affascinante dinamica viene tecnicamente definita asse intestino-cervello, e funziona come un canale comunicativo che, attraverso il nervo vago, mette immediatamente in comunicazione i neuroni intestinali con quelli del sistema nervoso centrale.
Tra le funzioni di questo “canale“, sono diversi gli studi che ipotizzano ci possa essere anche quella della regolazione della glicemia. L’importante funzione digestiva serve per l’assimilazione corretta dei nutrienti ma questo purtroppo non accade nei soggetti affetti da diabete di tipo 2: chi soffre di questa patologia infatti, non riesce ad immagazzinare lo zucchero introdotto attraverso il cibo, a causa di un malfunzionamento dell’insulina, ormone che si occupa della riduzione della glicemia.
Sistema nervoso enterico: i risultati della ricerca
I gruppo di scienziati ha però osservato, prima nei topi e poi anche nell’intestino di pazienti diabetici, la mancanza di un’importante molecola: si tratta di un lipide bioattivo (acido 12-idrossieicosatetraenoico) prodotto dai microrganismi dell’intestino.
Gli studiosi di o riusciti a dimostrare che nei topi diabetici dei frutto-oligo-saccaridi come prebiotici, ovvero una sostanza in grado di agire positivamente sui batteri intestinali, non solo il lipide tornava a essere presente nell’intestino, ma veniva ripristinata la comunicazione intestino-cervello: infatti, si riduceva la contrattilità intestinale e la quantità di zucchero nel sangue.
Secondo questa intuizione dunque, per curare il diabete si potrebbe agire su due fronti: curando l’alimentazione e integrandola con prebiotici, e intraprendendo una terapia farmacologica che somministri direttamente il composto bioattivo.