1969: Neil Armstrong mette piede sulla Luna. Un evento storico, trasmesso in diretta mondiale. Eppure, più di mezzo secolo dopo, c’è ancora chi dice: “Tutta una messinscena, girata in uno studio.”
No, non è uno scherzo. Secondo sondaggi recenti, fino al 15% degli italiani (e percentuali simili in altri Paesi) non crede che l’uomo sia mai sbarcato sulla Luna. Ma perché? Da dove nasce questa diffidenza? E, soprattutto, ha un senso?
Il seme del dubbio: come nasce la teoria del falso allunaggio

Tutto comincia negli anni ’70, in piena Guerra Fredda. La NASA ha appena portato a termine le missioni Apollo, e l’Unione Sovietica — storica rivale nello spazio — non ha ancora messo un uomo sul nostro satellite.
In questo clima teso, un ex autore pubblicitario americano, Bill Kaysing, pubblica un libretto autoprodotto: We Never Went to the Moon. Senza alcuna prova concreta, ma con tante insinuazioni, dà il via a uno dei complotti più longevi della storia moderna.
Da lì, il sospetto si alimenta a colpi di fotogrammi, interviste tagliate, testimonianze reinterpretate, e una valanga di video su YouTube. Il resto lo fa l’algoritmo.
Le “prove” dei complottisti (e perché non reggono)
Vediamole, una per una.
1. “La bandiera americana sventola: ma sulla Luna non c’è vento!”
Vero, non c’è vento. Ma la bandiera era tenuta aperta da un’asta orizzontale. I movimenti sono dovuti all’inerzia quando viene piantata: senza atmosfera, le vibrazioni durano di più.
2. “Non ci sono stelle nelle foto.”
Semplice: l’esposizione delle fotocamere era regolata per il suolo lunare, molto luminoso. Le stelle, più deboli, non appaiono. Prova a fare una foto notturna con un’esposizione breve: stesso risultato.
3. “Le ombre vanno in direzioni diverse.”
La superficie lunare è irregolare, quindi le ombre si distorcono. Questo succede anche sulla Terra, se scatti in montagna o in una stanza con più fonti di luce.
4. “Perché non ci siamo più tornati?”
In realtà ci siamo andati 6 volte, fino al 1972. Dopo, i costi altissimi e la mancanza di ritorni economici diretti hanno spinto la NASA a puntare su altro (Shuttle, ISS). Ma con Artemis, si torna.

Perché ci credono ancora?
Per tre motivi principali:
1. Sfiducia nelle istituzioni.
Quando la fiducia nella scienza e nei governi cala, le teorie alternative trovano terreno fertile.
2. Viralità.
Un video ben montato che “smonta” la NASA può fare milioni di visualizzazioni. Un PDF tecnico della missione Apollo 11? Molto meno.
3. Bias cognitivo.
Molti complottisti partono già convinti che “qualcosa non torna”. E quando vedono un dubbio, lo prendono come conferma.
Ma allora… siamo stati sulla Luna?
Sì. E lo possiamo dimostrare con:
- Foto satellitari recenti (LRO della NASA, ma anche sonde cinesi) che mostrano le tracce degli astronauti.
- Specchi riflettenti lasciati sulla superficie usati tuttora per misurare la distanza Terra-Luna.
- Testimonianze di migliaia di tecnici, ingegneri e astronauti coinvolti nei programmi Apollo.
- Registrazioni e tracciamenti radio di tutto il mondo, compresi quelli dei sovietici.
Inoltre, falsificare tutto sarebbe stato più difficile che andare davvero sulla Luna.
La verità? Non è mai stata nascosta. È solo che, a volte, è meno spettacolare di una buona teoria del complotto.
Segui @icrewplay_t su Instagram per altri approfondimenti spaziali e non solo.