Una squadra di ricercatori della Vanderbilt University ha rivelato, in un recente studio, che l’attivazione dell’inflammasoma NLRP3, un complesso proteico coinvolto nella risposta infiammatoria, nelle cellule immunitarie contribuisce all’ipertensione sensibile al sale alimentare, che aumenta appunto la pressione sanguigna in determinati individui, esponendole a un rischio maggiore di malattie cardiovascolari e morte.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Circulation Research.
Sale alimentare e pressione sanguigna: ecco cosa ha rivelato il nuovo studio
Circa il 50% delle persone che soffrono di ipertensione ha un aumento importante della pressione sanguigna dopo aver consumato un pasto contenente sale alimentare, così come il 25% delle persone con pressione sanguigna normale, ha affermato Annet Kirabo, DVM, MSc, Ph.D., Professoressa Associata di medicina e autore senior della ricerca.
“L’aumento della pressione sanguigna in risposta al sale alimentare può essere abbastanza significativo da causare infarto, ictus e persino morte cardiaca improvvisa, eppure non è diagnosticato e non viene curato. È un killer silenzioso“, ha affermato Kirabo, che è anche Professoressa Associata di Fisiologia Molecolare e Biofisica.
La percentuale di anziani e afroamericani colpiti è ancora più alta, fino al 75%. Kirabo, insieme alla sua squadra di collaboratori, ha esplorato il nuovo ruolo delle cellule immunitarie nell’ipertensione sensibile al sale alimentare. In precedenza avevano scoperto che il canale del sodio ENaC media l’ingresso di sale nelle cellule immunitarie, portando alla formazione di molecole reattive chiamate isolevuglandine e uno stato infiammatorio, di tipo autoimmune nell’ipertensione.
La squadra di studiosi ha scoperto che l’inflammasoma NLRP3 in un sottotipo specifico di monociti (cellule immunitarie) cambiava dinamicamente nelle persone sensibili al sale alimentare, aumentando con l’assunzione di sale e la pressione sanguigna. Con i dati in mano dei partecipanti alla ricerca, la squadra di ricerca ha sfruttato modelli murini per studiare questa dinamica.
L’inibizione o la rimozione dell’inflammasoma ha eliminato la sensibilità al sale alimentare della pressione sanguigna e la sua aggiunta (trasferendo i globuli) ha ripristinato la sensibilità al sale. Il team di scienziati ha dimostrato che l’attivazione dell’inflammasoma dipende dall’ingresso di sale attraverso il canale ENaC e dalla produzione di isolevuglandine.
Pitzer ha osservato che potrebbe essere possibile sviluppare un esame del sangue per la sensibilità al sale alimentare della pressione sanguigna: “Potremmo considerare l’attivazione dell’inflammasoma in queste cellule immunitarie come un potenziale biomarcatore per scoprire se un paziente, con o senza ipertensione, è sensibile al sale alimentare o meno“, ha dichiarato Pitzer: “Ciò potrebbe fornire ai medici un altro strumento per ridurre i rischi cardiovascolari di qualcuno in futuro“.
Kirabo ha affermato che i risultati suggeriscono che i ricercatori dovrebbero esaminare più da vicino gli inibitori di ENaC e IL-1beta, una citochina infiammatoria prodotta dall’inflammasoma. L’inibizione dell’ENaC ha un’efficacia limitata nel trattamento dell’ipertensione nella popolazione generale e un precedente studio clinico non ha mostrato l’efficacia del blocco dell’IL-1beta sulla riduzione della pressione sanguigna, sebbene questo studio non abbia diagnosticato nei partecipanti reclutati per la ricerca la sensibilità al sale alimentare. Questi inibitori possono funzionare per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari nelle persone con sensibilità al sale.
“Dovremmo adottare un approccio di medicina di precisione per trattare il 50% delle persone con ipertensione che sono sensibili al sale alimentare e il 25% delle persone che non hanno la pressione alta e non sanno di avere questo rischio di morire improvvisamente“, ha spiegato la Professoressa Kirabo: “Questo è un fenotipo targetizzabile“.
La squadra di studiosi sta lavorando per capire come sono regolati i componenti del percorso nelle cellule immunitarie e per caratterizzare il canale ENaC in queste cellule: “L’ENaC nelle cellule immunitarie è completamente diverso dall’ENaC nel rene“, ha concluso Kirabo: “Se riusciamo a prendere di mira specificamente l’ENaC nelle cellule immunitarie, potremmo essere in grado di curare la sensibilità al sale alimentare della pressione sanguigna“.
Secondo l’Istituto Superiore della Sanità, in Italia: “Il 31% della popolazione italiana è iperteso e il 17% è border-line. Negli uomini i valori sono più elevati nel Nord-Est (37%) e nel Nord-Ovest (32%), nelle donne al Sud (34%). In accordo con i dati riportati in letteratura, i valori aumentano con l’avanzare dell’età e nelle donne l’aumento legato all’età è particolarmente evidente dopo la menopausa“.
“La prevenzione dell’ipertensione arteriosa è oggi un obiettivo possibile sia attraverso un’alimentazione sana a base di frutta, verdura e alimenti a basso contenuto di grassi saturi e con minore apporto di sale alimentare, sia attraverso l’aumento dell’attività fisica con conseguente riduzione del sovrappeso corporeo, sia attraverso un’adeguata terapia farmacologica. Oggi sono disponibili farmaci sicuri che, se somministrati dal medico in modo adeguato, aiutano a tenere sotto controllo la pressione arteriosa“.