Sulle alture del Golan, un antico sito archeologico noto come Rujm el-Hiri, o “Ruota dei Fantasmi”, ha da sempre affascinato archeologi e storici. La sua imponente struttura megalitica, composta da migliaia di pietre disposte in cerchi concentrici, ha alimentato numerose teorie sul suo scopo: un osservatorio astronomico, un luogo di culto o un monumento funerario. Tuttavia, un recente studio condotto dalla Tel Aviv University e dalla Ben-Gurion University of the Negev ha svelato un nuovo e sorprendente capitolo nella storia di questo enigmatico monumento.
La Ruota dei Fantasmi e il mistero della sua rotazione: una nuova scoperta sconvolge la storia
Utilizzando avanzate tecniche di analisi geomagnetica e ricostruzione tettonica, i ricercatori hanno scoperto che i movimenti della crosta terrestre, avvenuti a una velocità media di 8-15 millimetri all’anno negli ultimi 150 milioni di anni, hanno causato significativi spostamenti nel terreno. Questi lenti ma inesorabili movimenti hanno gradualmente ruotato e riorientato la struttura di Rujm el-Hiri nel corso dei millenni.
Questa scoperta ha importanti implicazioni per la comprensione dello scopo originario del sito. La teoria più accreditata fino ad ora, secondo cui la Ruota dei Fantasmi fosse un osservatorio astronomico, sembra ora meno plausibile. L’allineamento delle pareti e degli ingressi non corrisponde più ai modelli celesti, suggerendo che l’orientamento originale del sito era diverso.
Per giungere a queste conclusioni, il team di ricerca ha condotto un’analisi geofisica dettagliata, combinando dati provenienti da diverse fonti. Sono state utilizzate tecniche di telerilevamento per mappare l’area circostante e identificare le caratteristiche geologiche del sito. Inoltre, sono state condotte analisi geomagnetiche per ricostruire i movimenti del terreno nel corso del tempo.
La scoperta dello spostamento di la Ruota dei Fantasmi solleva una serie di nuove domande: qual era l’orientamento originale del sito? Qual era il suo scopo reale? E, soprattutto, quali altre strutture megalitiche potrebbero essere state influenzate da simili movimenti tettonici?
I risultati di questa ricerca rappresentano un importante passo avanti nella comprensione dell’evoluzione geologica e archeologica della regione. Apre inoltre nuove prospettive per lo studio di altri siti megalitici in tutto il mondo, invitando gli archeologi a riconsiderare le loro interpretazioni alla luce dei nuovi dati geofisici.
Questa scoperta sottolinea l’importanza di un approccio interdisciplinare allo studio dei siti archeologici. La collaborazione tra geologi, archeologi e geofisici è fondamentale per comprendere appieno la complessità dei processi che hanno modellato il paesaggio e le strutture costruite dall’uomo nel corso dei millenni.
La Ruota dei Fantasmi continua a rivelare i suoi segreti, sfidando le nostre conoscenze e aprendo nuove prospettive di ricerca. Questa scoperta ci ricorda che la storia è un processo dinamico e che le nostre interpretazioni del passato sono continuamente soggette a revisione alla luce di nuove evidenze.
I movimenti della Terra svelano un segreto millenario
I ricercatori, avvalendosi di un’ampia gamma di strumenti e metodologie geofisiche e di telerilevamento, hanno condotto un’analisi approfondita dei movimenti tettonici che hanno interessato la regione del Golan nel corso dei millenni. Grazie a queste indagini, è emerso in modo inequivocabile che l’orientamento attuale della struttura megalitica della Ruota dei Fantasmi non corrisponde a quello originario. I lenti ma inesorabili movimenti della crosta terrestre hanno infatti provocato una graduale rotazione e uno spostamento della struttura nel corso del tempo, modificandone significativamente l’allineamento spaziale.
Questa scoperta ha importanti implicazioni per l’interpretazione del sito. La teoria precedentemente accreditata, che vedeva in Rujm el-Hiri un osservatorio astronomico accuratamente orientato verso specifici corpi celesti, risulta ora fortemente compromessa. L’evidenza geofisica suggerisce infatti che l’allineamento astronomico originario, se mai esistito, è stato alterato dai movimenti tettonici, rendendo difficile, se non impossibile, ricostruire con precisione l’orientamento iniziale della struttura.
Per giungere a queste conclusioni, il team di ricerca ha condotto un’indagine geofisica su larga scala, combinando tecniche come la magnetometria, la resistività elettrica e l’analisi dei dati satellitari. Queste metodologie hanno permesso di mappare in dettaglio le anomalie magnetiche e le variazioni di resistività del sottosuolo, fornendo preziose informazioni sulla struttura geologica e sui movimenti tettonici della regione.
Parallelamente, è stata effettuata un’accurata ricognizione archeologica del paesaggio circostante, estesa per circa 30 chilometri attorno al Mar di Galilea. Questa fase dello studio ha consentito di identificare e documentare una vasta gamma di elementi paesaggistici e archeologici, fornendo un quadro più completo del contesto ambientale e culturale in cui si inserisce la Ruota dei Fantasmi.
I risultati di questa ricerca offrono una nuova prospettiva sulla complessità dei processi che hanno modellato il paesaggio e le strutture costruite dall’uomo nel corso del tempo. Sottolineano l’importanza di un approccio multidisciplinare allo studio dei siti archeologici, che tenga conto non solo degli aspetti culturali e storici, ma anche dei fattori geologici e geofisici.
A una velocità media di 8-15 millimetri all’anno, i movimenti della crosta terrestre hanno prodotto nel corso di millenni spostamenti significativi del terreno. Di conseguenza, l’allineamento originale delle pareti e degli ingressi della Ruota dei Fantasmi, che in passato si riteneva fosse correlato a specifici eventi astronomici, non corrisponde più alle osservazioni celesti. Questa scoperta solleva nuovi interrogativi sulla funzione originaria del sito e suggerisce che potrebbero essere necessarie nuove interpretazioni per comprendere il suo significato.
Lo studio ha offerto un contributo fondamentale alla comprensione del contesto ambientale e culturale di Rujm el-Hiri, realizzando la prima mappatura completa del paesaggio archeologico circostante grazie all’impiego di avanzate tecnologie satellitari. Questa mappatura ha rivelato un complesso sistema di strutture artificiali, precedentemente sconosciute, che si estende per chilometri quadrati.
Sono state identificate numerose strutture circolari con diametri compresi tra 40 e 90 metri, caratterizzate da muri spessi e recinti rotondi interni con un diametro di circa 20 metri. Queste strutture, probabilmente impiegate per attività agricole o pastorali, offrono un’indicazione della complessità delle attività economiche svolte nella regione. Sono stati documentati decine di tumuli, alcuni dei quali presentavano caratteristiche che suggeriscono un utilizzo non esclusivamente funerario. È plausibile che questi tumuli siano stati impiegati anche come magazzini, rifugi o persino come abitazioni temporanee.
L’insieme di questi elementi indica che l’area circostante la Ruota dei Fantasmi era un paesaggio antropizzato, caratterizzato da un’organizzazione spaziale complessa e da un’intensa attività umana. La mappatura dettagliata ottenuta grazie alle tecnologie satellitari ha permesso di ricostruire un quadro più completo della vita e delle attività delle comunità che abitavano questa regione in epoca preistorica.
Conclusioni
Questa ricerca pionieristica non solo ridefinisce la nostra comprensione della Ruota dei Fantasmi, ma getta una nuova luce sulle complesse società che abitavano le alture del Golan, rivelando connessioni inaspettate tra diversi siti archeologici e offrendo un quadro più completo della vita quotidiana e delle pratiche culturali di queste antiche popolazioni.
Le nuove evidenze raccolte permettono di ricostruire un paesaggio culturale dinamico e articolato, svelando le strategie di adattamento e le trasformazioni sociali di queste comunità nel corso dei millenni. L’integrazione di dati archeologici, geofisici e paleoclimatici ha offerto una visione più completa e sfaccettata del sito, evidenziando le complesse interazioni tra fattori naturali e culturali che hanno plasmato il paesaggio e le società del passato.
Lo studio è stato pubblicato su Remote Sensing.