Un’importante ricerca congiunta, condotta da scienziati dell’UK Dementia Research Institute (UK DRI) presso l’Imperial College di Londra, il King’s College di Londra e l’Università di Pittsburgh, ha rivelato un’inedita e preoccupante “memoria” cellulare nelle regioni cerebrali cruciali colpite dal Parkinson. Questo studio evidenzia come l’esposizione ai pesticidi, in particolare il rotenone, possa lasciare un’impronta duratura, alterando l’espressione genica e svelando meccanismi sottostanti al ruolo ben documentato dell’esposizione a tali sostanze nello sviluppo della malattia.

L’impatto del rotenone su aree cerebrali chiave
La ricerca ha dimostrato cambiamenti significativi nella substantia nigra e nella corteccia motoria dei ratti, due aree del cervello notoriamente affette dal Parkinson, in seguito all’esposizione al pesticida rotenone. Lo studio è stato condotto esponendo quotidianamente i ratti al rotenone per un periodo di tre settimane, dopodiché i loro cervelli sono stati analizzati e confrontati con quelli di ratti non esposti. Questa metodologia ha permesso di osservare direttamente le alterazioni indotte dal pesticida.
I ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione sui cambiamenti nell’epigenoma dei ratti. L’epigenoma, un complesso sistema di marcatori chimici che agiscono come interruttori e leve sul nostro DNA, regola l’attività dei geni in risposta agli stimoli ambientali. Nello specifico, negli animali esposti al rotenone, è stata riscontrata una marcata attivazione dell’espressione genica associata al sistema immunitario innato proprio nella substantia nigra.

Approfondendo le indagini, il team è stato in grado di identificare chiaramente l’attivazione della microglia, le cellule immunitarie residenti nel cervello, all’interno di questa stessa regione cerebrale. Questi risultati suggeriscono un ruolo centrale dell’infiammazione e della risposta immunitaria cerebrale indotta dai pesticidi nel percorso patogenetico del morbo di Parkinson.
Pesticidi e morbo di Parkinson: un’impronta molecolare nel cervello
La recente ricerca sulle alterazioni indotte dai pesticidi nel cervello fornisce nuove e cruciali informazioni sui meccanismi sottostanti allo sviluppo del Morbo di Parkinson. Lo studio ha rivelato come l’esposizione a queste sostanze chimiche lasci una “memoria” a livello cellulare, influenzando funzioni cerebrali essenziali e rafforzando le prove esistenti sul legame tra fattori ambientali e questa patologia neurodegenerativa.
Nella corteccia motoria, un’altra area critica del cervello, i ricercatori hanno osservato che i geni collegati alla funzione delle sinapsi — i punti di connessione e comunicazione tra le cellule cerebrali — presentavano significative alterazioni nei ratti esposti al pesticida. Questo suggerisce in modo convincente che l’interruzione della comunicazione tra le cellule cerebrali gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo del Parkinson in seguito all’esposizione a tali sostanze. La corretta trasmissione dei segnali sinaptici è essenziale per il controllo dei movimenti e altre funzioni cognitive, e il suo compromesso può spiegare molti dei sintomi motori della malattia.

Il pesticida utilizzato nello studio, il rotenone, è una sostanza naturale ben nota per la sua tossicità sia per gli invertebrati che per i mammiferi. È importante notare che il suo impiego è vietato nel Regno Unito e nell’Unione Europea, mentre negli Stati Uniti e in Canada il suo uso è per lo più interrotto, pur rimanendo autorizzato per il controllo delle popolazioni ittiche in laghi e bacini artificiali.
È già noto che il rotenone causi disfunzioni nei mitocondri, le “centrali energetiche” delle cellule, e provochi stress ossidativo, un fenomeno caratterizzato dalla produzione di molecole che possono danneggiare il DNA cellulare. I ricercatori hanno effettivamente osservato entrambi questi fenomeni nelle due regioni cerebrali esaminate nello studio, la substantia nigra e la corteccia motoria, confermando come la tossicità del rotenone agisca a livello cellulare profondo.
Esistono solide prove epidemiologiche che da tempo collegano l’esposizione ai pesticidi al Morbo di Parkinson, evidenziando in particolare l’alto rischio per i lavoratori agricoli esposti a queste sostanze per lunghi periodi. Questo nuovo studio non solo conferma tale legame, ma inizia a svelare i complessi meccanismi molecolari coinvolti.

Il team di ricerca intende proseguire le indagini, studiando come le diverse tipologie cellulari contribuiscano a queste risposte e testando altre sostanze tossiche ambientali per verificare se inducano cambiamenti simili. La co-autrice senior, la Dottoressa Sarah Marzi, responsabile del gruppo presso l’UK Dementia Research Institute del King’s College di Londra, ha espresso l’obiettivo centrale della ricerca: “Eravamo interessati a capire in che modo le cellule conservano la memoria di un’esposizione prolungata e di bassa entità ai pesticidi e in che modo ciò predisponga una persona a sviluppare il Parkinson.”
La Dottoressa Marzi ha concluso sottolineando la rilevanza delle scoperte: “Quello che abbiamo scoperto è che le risposte a questa esposizione ambientale ai pesticidi erano sorprendentemente diverse nelle due diverse regioni cerebrali che abbiamo esaminato. Il nostro studio fornisce prove convincenti che il rotenone provoca cambiamenti nell’espressione genica correlati al sistema immunitario nella substantia nigra, e disfunzioni sinaptiche nella corteccia motoria”.

“Grazie a questo lavoro abbiamo fatto progressi fondamentali nella comprensione di come l’esposizione ai pesticidi possa portare allo sviluppo del Parkinson e dei meccanismi coinvolti”. Questa comprensione dettagliata dei meccanismi epigeneticamente mediati apre nuove strade per la prevenzione e, potenzialmente, per lo sviluppo di terapie mirate per il Parkinson.
I cambiamenti genetici regionali e la vulnerabilità dei neuroni dopaminergici
La ricerca congiunta sui meccanismi molecolari alla base del Morbo di Parkinson ha fornito intuizioni cruciali, approfondendo la comprensione del legame tra l’esposizione ai pesticidi e lo sviluppo della malattia. La dottoressa Emily Rocha, Professoressa Associata di Neurologia presso l’Università di Pittsburgh e co-autrice senior dello studio, ha sottolineato l’importanza di questi nuovi dati.
“Sappiamo da tempo che l’esposizione ai pesticidi aumenta il rischio di Parkinson,” ha affermato la Dottoressa Rocha, evidenziando il contesto epidemiologico consolidato. “Il nostro nuovo studio approfondisce ulteriormente, rivelando i cambiamenti genetici specifici di una determinata regione a seguito dell’esposizione ai pesticidi.”

Questa scoperta è fondamentale perché offre indizi concreti sul perché i neuroni dopaminergici nella substantia nigra – le cellule cerebrali la cui degenerazione è il tratto distintivo del Parkinson – siano particolarmente vulnerabili. Comprendere queste alterazioni epigenetiche e la loro localizzazione specifica nel cervello fornisce un pezzo essenziale del puzzle che spiega la patogenesi della malattia.
Una maggiore comprensione dei meccanismi attraverso cui l’esposizione ai pesticidi influisce sullo sviluppo della malattia è cruciale per una comprensione più olistica del Parkinson nel suo complesso. La Dottoressa Rocha ha espresso la speranza che, con una comprensione più approfondita del ruolo della regolazione genica nella progressione della malattia, sarà possibile sfruttare il potenziale terapeutico di alcuni di questi percorsi.

Questo implica che la ricerca futura potrebbe concentrarsi sullo sviluppo di interventi che mirino a modulare l’espressione genica alterata dall’esposizione ambientale, offrendo nuove strategie per la prevenzione o il rallentamento della progressione del morbo di Parkinson.
Lo studio è stato pubblicato su npj Parkinson’s Disease.