Questi robot insetto non camminano e non rotolano. Saltano. Accumulano energia, la rilasciano in un istante e poi si ricaricano sfruttando l’ambiente che li circonda. Non è un prototipo da laboratorio senza applicazioni. È ricerca italiana pubblicata su Science Robotics e sviluppata alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Il punto non è solo cosa fanno, ma perché lo fanno così. Qui c’è un cambio di logica nella progettazione dei robot autonomi destinati agli ambienti ostili.
Perché i robot insetto non camminano
Camminare richiede energia continua.
Per un robot molto piccolo questo è un problema serio.
Motori, attuatori e batterie miniaturizzate non reggono a lungo un movimento costante. La soluzione adottata dalla biorobotica è copiare la natura. Alcuni insetti non consumano energia in modo continuo. La accumulano sotto forma di energia elastica e la rilasciano tutta insieme.
I robot insetto sviluppati in Italia funzionano allo stesso modo. Caricano energia lentamente e poi la trasformano in un salto rapido e potente. Questo permette di superare ostacoli sproporzionati rispetto alle loro dimensioni.
Il salto come scelta ingegneristica

Il salto non è una scelta scenografica. È una scelta tecnica.
Un singolo salto concentra in pochi millisecondi l’energia accumulata. Il consumo medio resta basso, ma il picco di potenza è alto. Questo rende i robot:
più semplici dal punto di vista meccanico
più robusti su terreni irregolari
più adatti a muoversi in spazi complessi
Rispetto ai robot tradizionali con ruote o zampe articolate, il sistema è più compatto e meno fragile.
Il vero salto di livello è l’autonomia energetica
La parte più interessante non è il movimento. È l’energia.
Questi robot autonomi non dipendono solo da una batteria interna. Sono progettati per ricaricarsi interagendo con l’ambiente. Questo risolve uno dei limiti storici della robotica miniaturizzata.
Le soluzioni studiate includono:
nanogeneratori triboelettrici, che trasformano attrito e contatto in energia
materiali piezoelettrici, che generano carica quando vengono deformati
microcelle solari, adatte a superfici molto piccole
recupero di energia da vibrazioni, urti e onde radio
Il robot non aspetta una presa di corrente. Vive nell’ambiente e ne sfrutta le caratteristiche.
Robot insetto pensati per ambienti ostili

Il contesto applicativo è chiaro fin dall’inizio.
Questi robot nascono per lavorare dove l’uomo non può operare in sicurezza.
Parliamo di:
ambienti remoti
zone pericolose
strutture instabili
aree difficili da raggiungere
In prospettiva, anche missioni di esplorazione planetaria, dove peso, autonomia e affidabilità contano più di tutto.
Sciami di robot invece di singole macchine
Un altro aspetto centrale è il lavoro in gruppo.
Robot piccoli, autonomi ed energeticamente indipendenti possono essere organizzati in sciami di robot.
Questo approccio ha vantaggi evidenti:
ridondanza
adattamento all’ambiente
raccolta dati distribuita
Se un robot si guasta, gli altri continuano. Se l’ambiente cambia, lo sciame si riorganizza. È una logica molto diversa dal robot singolo, grande e costoso.
Cosa funziona già e cosa resta da migliorare
La ricerca mostra risultati concreti, ma non nasconde i limiti.
Restano aperte alcune sfide:
sviluppo di materiali più resistenti agli urti
ulteriore miniaturizzazione dei sistemi energetici
integrazione di algoritmi efficienti con consumi minimi
Sono problemi reali, ma affrontabili. Il fatto che vengano dichiarati rafforza la solidità del progetto.
Un segnale forte dalla ricerca italiana
Il lavoro della Scuola Superiore Sant’Anna dimostra che la robotica ispirata alla natura non è teoria. È una strada pratica per costruire macchine più adatte al mondo reale.
Robot che saltano, si ricaricano da soli e lavorano in gruppo non sono un’idea lontana. Sono un passaggio concreto verso una nuova generazione di sistemi autonomi pensati per ambienti difficili.
Per seguire altri contenuti di tecnologia e ricerca come questo, resta aggiornato su Instagram