Un team di ricerca capitanato dal Professor Kai Wollert, capo della Cardiologia Molecolare e Traslazionale presso il Dipartimento di Cardiologia e Angiologia della Scuola di Medicina di Hannover (MHH), ha rilevato quali cellule sono coinvolte nella riparazione del cuore e come interagiscano tra loro. Gli studiosi hanno individuato una nuova sostanza messaggera che controlla la guarigione delle ferite, rivelando così un approccio per una nuova terapia.
Prima di questa scoperta, quando ci si trovava di fronte ad un infarto del miocardio, il muscolo cardiaco non riceveva più sangue e ossigeno sufficienti e parte del tessuto muscolare cardiaco moriva o rimaneva tessuto cicatriziale. Le conseguenze potevano variare da una massiccia insufficienza cardiaca allo scompenso cardiaco.
A differenza del fegato, il cuore di un essere umano adulto non può rigenerarsi. Tuttavia, è in grado di avviare processi di riparazione. Finora non si sapeva esattamente come avvengano questi processi di riparazione del cuore. Pertanto, sino ad oggi, non esistevano terapie farmacologiche che incentivassero il processo di guarigione.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Science.
Riparazione del cuore: ecco che cosa succede
Per capire meglio come avviene la riparazione del cuore, bisogna concentrarsi sul focus della ricerca che è il recettore KIT. La proteina è prodotta da diverse cellule, comprese le cellule staminali ematopoietiche cellule rintracciabili nel midollo osseo. Qui, KIT svolge un ruolo importante come sito di legame per il cosiddetto fattore delle cellule staminali. Questa sostanza messaggera attiva le cellule staminali KIT-positive e le fa sviluppare nelle varie cellule del sangue. Le cellule KIT-positive si trovano anche nel cuore.
“Tuttavia, queste non sono cellule staminali, come a lungo sospettato, ma cellule vascolari“, ha spiegato il Dottor Marc Reboll, ricercatore associato in Cardiologia molecolare e traslazionale e primo autore dello studio. Le cellule vascolari KIT-positive assicurano la formazione di nuovi vasi cardiaci dopo un infarto. Tuttavia, il fattore di cellule staminali necessario per l’attivazione del KIT può essere a malapena rilevato nel cuore. I ricercatori hanno ora risolto questa contraddizione e hanno scoperto una nuova sostanza messaggera nel cuore che può anche legarsi con precisione al recettore KIT e mettere in moto il processo di riparazione del cuore: la proteina simile alla meteorina (METRNL).
“Dopo un infarto, il sistema immunitario reagisce con una risposta infiammatoria“, ha specificato il Professor Wollert: “Le cellule infiammatorie producono METRNL, che stimola le cellule vascolari KIT-positive a formare nuovi vasi sanguigni“.
Gli esperimenti sul modello murino hanno evidenziato che in assenza di METRNL, la riparazione del cuore non funzionava più. Al contrario, quando i topi sono stati trattati con METRNL, si sono formati nuovi vasi nell’area dell’infarto “Questo allevia le cicatrici e previene una grave insufficienza cardiaca”, ha concluso il cardiologo. La sostanza messaggera appena scoperta potrebbe ora essere l’elemento decisivo per lo sviluppo di una terapia farmacologica che supporti specificamente la riparazione del cuore.
Un’altra strada per la riparazione del cuore sono i farmaci monoclonali ai quali un gruppo di esperti internazionali che ha lavorato anni. A coordinare il team Serena Zacchigna, Professoressa di Biologia Molecolare presso l’Università degli Studi di Trieste e responsabile del laboratorio di Biologia Cardiovascolare dell’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB) di Trieste. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Communication.
“Le nuove terapie biologiche stanno trasformando le cure oncologiche o delle malattie ereditarie. Sono davvero pochi però i farmaci biologici per il trattamento delle malattie cardiovascolari”, ha commentato Zacchigna: “Si tratta per lo più di piccole molecole chimiche che generalmente hanno un unico bersaglio. Bloccano ad esempio l’azione di un enzima o di un recettore. Al contrario, i farmaci biologici riproducono elementi che normalmente esistono nei nostri tessuti. Per questo motivo hanno la potenzialità di interferire con meccanismi complessi di terapia”.
Paolo Magni, coordinatore del Comitato scientifico Fic e professore di Patologia presso il Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari all’Università di Milano, ha dichiarato: “Il 75% degli eventi cardiovascolari ricorrenti potrebbe essere prevenuto”. Quindi è importante sviluppare nuove strategie farmacologiche per la riparazione del cuore, ma la strada migliore rimane sempre la prevenzione.
“E lo sviluppo tecnologico può fare tanto – ha precisato la presidente Fic Emanuela Folco -. I network digitali hanno il potere di mantenere connessi i pazienti con le famiglie, gli amici, gli altri pazienti, i caregiver e i medici. Usiamo la tecnologia per evitare che chi ha malattie cardiovascolari si senta isolato e solo. Al contempo, ognuno di noi è responsabile in prima persona dello stile di vita quotidiano e del riconoscimento di segni e sintomi che richiedono un accertamento medico”.
Michele Gulizia, Presidente della Fondazione per il Tuo cuore e Direttore della Cardiologia all’Ospedale Garibaldi-Nesima di Catania, ha osservato: “Il peso epidemiologico del Covid-19 ha portato a ridurre del 30-40% i ricoveri per sindrome coronarica acuta e per scompenso cardiaco, patologie che rappresentano da sole la gran parte dei ricoveri cardiologici, con un aumento di oltre 3 volte della mortalità per infarto miocardico Stemi, passata dal 4,1 al 13,7%. Ma le malattie cardiovascolari restano ancora oggi la prima causa di morte: questa riduzione delle attività di screening avrà ripercussioni importanti nei prossimi mesi e sicuramente anche per i prossimi anni. Da qui la Fondazione per il Tuo cuore di Anmco ha deciso di sostenere il maggior numero possibile di consulti cardiologici”.