I rifiuti tossici (e non solo) sono un problema che spesso viene sopravvalutato, eppure esistono pure residui di prodotti che non si usano più, come il DDT.
Nel 2020 le immagini di barili corrosi negli abissi al largo di Los Angeles avevano fatto scalpore e alcuni di questi erano circondati da misteriosi aloni bianchi nel sedimento, inizialmente collegati al pesticida DDT, ma senza spiegazioni chiare.

Oggi una ricerca della Scripps Institution of Oceanography (UC San Diego) fa luce sul mistero: i barili con aloni non contenevano DDT, bensì scarti alcalini caustici, capaci di modificare radicalmente il fondale marino.
Un’eredità tossica dimenticata
Secondo lo studio, pubblicato su PNAS Nexus, i rifiuti caustici hanno creato ambienti estremi simili alle sorgenti idrotermali, colonizzati solo da batteri specializzati e analizzando i sedimenti, i ricercatori hanno scoperto un pH altissimo (intorno a 12), una condizione che cementava i sedimenti in una crosta di brucite, lasciando dietro di sé la caratteristica “polvere bianca” che forma gli aloni.

Il dato sorprendente è che, invece di disperdersi rapidamente, questi rifiuti sono rimasti attivi per oltre 50 anni, diventando di fatto un inquinante persistente al pari del DDT stesso.
Non solo DDT
Dal 1930 agli anni ’70, il tratto di oceano al largo della California meridionale è stato usato come discarica per rifiuti industriali, militari e persino radioattivi. Due spedizioni condotte nel 2021 e 2023 hanno individuato migliaia di oggetti sul fondale, tra cui centinaia di munizioni. Il numero effettivo di barili rimane tuttora sconosciuto.

“Il DDT non era l’unico a essere scaricato qui, ma finora ci siamo concentrati quasi solo su quello“, spiega Johanna Gutleben, prima autrice dello studio. “Ora dobbiamo considerare anche altre forme di contaminazione“.
Prossimi passi
I ricercatori stanno ora cercando microbi capaci di degradare il DDT nei sedimenti contaminati. Potrebbe essere l’unica speranza concreta, visto che rimuovere fisicamente i depositi rischierebbe di sollevare nuvole di sedimenti altamente tossici.
Il messaggio che emerge è chiaro: la gestione dei rifiuti industriali di ieri continua ad avere un impatto devastante sugli ecosistemi di oggi e ci ricorda che l’oceano non è mai stato davvero un luogo “vuoto” dove nascondere ciò che non vogliamo vedere.