Cosa succede quando un copista medievale confonde una lettera? A volte… cambia per sempre il senso di una leggenda. È quello che è successo con la Song of Wade, un’antica saga inglese che per secoli abbiamo completamente frainteso. E tutto per colpa di una “w” scambiata per una “y”.
La saga dimenticata che Chaucer amava
La Song of Wade era un’epica cavalleresca famosissima nel Medioevo. Sì, parliamo di un tempo in cui nomi come Beowulf, Launcelot e Gawain facevano battere i cuori. Talmente popolare che persino Geoffrey Chaucer – il papà dei Racconti di Canterbury – la cita due volte nelle sue opere. Ma il testo completo? Scomparso. Evaporato. O, come diremmo oggi, “lost media”.
L’unico frammento sopravvissuto si trova in un sermone latino del XIII secolo. Poche righe, scritte in inglese medio, inserite da un predicatore per rafforzare il suo messaggio sull’umiltà. Ma proprio lì dentro si nascondeva il cortocircuito.
“Elfi” o “lupi”? La svista che ha riscritto la leggenda

Per oltre un secolo, quel brano è stato tradotto così: “Alcuni sono elfi, altri sono spiriti…”. Tutto faceva pensare a un racconto popolato da creature magiche, in perfetto stile fantasy. Ma ora due ricercatori dell’Università di Cambridge, Seb Falk e James Wade (che curiosamente porta lo stesso cognome del protagonista), hanno rimesso mano al testo. E hanno notato una cosa semplice e devastante: il termine “ylues”, tradotto come “elves”, era molto probabilmente “wlues” – cioè “wolves”, lupi.
Non solo. Anche “sprites”, tradotto come spiriti acquatici, sarebbe un errore: il significato corretto? “Serpenti di mare”.
Risultato? Altro che magia. Wade non affrontava elfi o folletti, ma minacce umane e animali reali: uomini feroci, vipere, bestie dei fiumi. Altro che Beowulf. Era un cavaliere in carne e ossa, immerso in un mondo di pericoli concreti.
Una nuova identità: Wade, il cavaliere cortese
La reinterpretazione cambia tutto. Wade non era un eroe oscuro che abbatteva mostri, ma un protagonista da romanzo cavalleresco: leale, romantico, coinvolto in trame di onore e coraggio. Un Launcelot con la spada sempre pronta, ma anche con un codice d’onore.
Ecco perché Chaucer lo cita proprio nei contesti amorosi e cortesi: la sua figura risulta molto più adatta a quel mondo di giochi di corte e passioni, piuttosto che a un’arena di mostri e sangue.
Il sermone che svela tutto (e il potere di un meme medievale)

La vera svolta arriva quando i ricercatori analizzano il contesto del frammento. Il sermone parla di tiranni, avidità, uomini-lupo travestiti da leader: il riferimento a Wade era un meme dell’epoca. Un richiamo alla cultura popolare, usato come esempio per parlare al popolo. Letteralmente: “Attenzione, là fuori ci sono serpenti, lupi… solo Hildebrand (padre di Wade) è un uomo vero.”
Altro che elfi. Era una metafora. E una lezione su quanto sia fragile la memoria scritta, soprattutto quando passa di mano in mano.
Ma allora: fantasia o realtà?
Aspetta però, perché la storia di Wade non rinnega del tutto la fantasia. In alcune versioni secondarie, Wade combatte un drago, ha una madre sirena e un padre gigante. Tipico del genere cavalleresco, dove la realtà storica si fonde spesso con elementi magici, leggende locali e folklore. Come dire: anche Lancillotto ha visto fate e castelli incantati.
Ma il cuore della Song of Wade, oggi, possiamo finalmente rileggerlo per quello che era: un racconto epico con radici terrene, non una favola mitologica.
Un errore, un mistero, una riscoperta

La storia di Wade non è solo quella di un eroe medievale. È anche una lezione di umiltà per chi studia testi antichi: bastano poche lettere sbagliate per riscrivere il mito. E a volte, per riscoprirlo, bisogna ripartire da una riga dimenticata in un sermone.
Chissà quanti altri racconti, nomi e leggende sono ancora nascosti tra le righe dei manoscritti medievali, in attesa che qualcuno con pazienza e occhio allenato li riporti alla luce.
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