È di un’eccellenza tutta italiana la scoperta che potrebbe orientare le terapie contro la sclerosi multipla verso una strada più incisiv: un team di ricerca l’Università Federico II di Napoli, in collaborazione con altri centri di ricerca italiani, ha riscontrato la possibilità di curare la SM intervenendo sulla proteina SLC7A11.
Lo studio ha dimostrato la chiave di volta del canale che trasporta gli amminoacidi cistina/glutammato nella funzione delle cellule T regolatorie (Treg) che bloccano l’infiammazione. Alterazioni in questa via di trasporto sono alla base della ridotta crescita di queste cellule nella sclerosi multipla (SM).
La ricerca, guidata dal professore Giuseppe Matarese del Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche dell’Università di Napoli Federico II, insieme alla dottoressa Paola de Candia dell’IRCCS MultiMedica di Milano e al dottor Claudio Procaccini dell’Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia Sperimentale del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Napoli, è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista Immunity Cell Press.
Sclerosi multipla e proteina SLC7A11: qualche dettaglio sulla ricerca
“Siamo in cammino dal 2004 e dopo 17 anni di sudore e sangue possiamo dirlo: questo percorso è la cartina geografica, la ‘road map’ della ricerca voluta da AISM con la sua Fondazione: partiti da una ricerca di base, pura, senza sapere dove saremmo andati a finire, oggi abbiamo raggiunto un risultato che può migliorare la vita delle persone, perché abbiamo scoperto per quale motivo, nelle persone con sclerosi multipla, non crescono adeguatamente le ‘famose’ cellule T regolatorie, ossia quelle cellule del sistema immunitario che hanno la capacità di regolare o sopprimere l’attacco auto-immunitario e l’infiammazione contro la mielina del sistema nervoso centrale” spiega Matarese.
Per spiegare il funzionamento della proteina SLC7A11, è necessario fare un passo indietro, ad uno studio del 2014: “Nelle persone con SM avevamo visto un difetto di crescita di queste cellule T regolatorie, che si associava ad un “iperlavoro metabolico” delle cellule stesse. Avevamo visto il ‘difetto’, diciamo, ma non sapevamo perché quelle cellule non crescessero a sufficienza. Adesso abbiamo capito il motivo: dopo sette anni di nuovi studi siamo riusciti a capire che nelle cellule T regolatorie delle persone con SM manca l’induzione della proteina SLC7A11, un ‘canale di trasporto’ fondamentale che consente l’uscita del glutammato e soprattutto l’ingresso nella cellula di un aminoacido, la cistina – in realtà è la cisteina-cisteina – , che è necessaria per mantenere per “bloccare” i radicali liberi presenti nel corpo”, spiega lo scienziato.
“Questo eccesso di radicali liberi presenti nelle cellule T regolatorie dei pazienti con SM causa l’alterazione di crescita di queste cellule”. A questo punto, il team di ricerca si è chiesto se fosse possibile riaprire il canale SLC7A11,e permettere che entri la cistina e le cellule T regolatorie crescano meglio anche in individui con diagnosi di sclerosi multipla.
Nell’ultimo studio, specifica lo scienziato: “Abbiamo, testato vari farmaci già in uso per la sclerosi multipla e abbiamo verificato che il dimetil fumarato, in particolare, è il trattamento più efficiente per ristabilire in parte l’induzione di questo canale mancante, SLC7A11. In pratica abbiamo scoperto anche un nuovo meccanismo di funzionamento del farmaco, sinora non noto. Oltre alle varie funzioni che svolge, il dimetil fumarato induce questo canale che fa recuperare parzialmente alle cellule T regolatorie la loro capacità di crescita, aiuta a bloccare i radicali liberi, a fare crescere meglio le cellule T regolatorie a migliorare il funzionamento della cosiddetta “tolleranza al sé”, a bloccare gli attacchi autoimmunitari e l’infiammazione tipica della SM”.
Il dimetil fumarato esplica questa funzione: “Perché – spiega Matarese – è una molecola connessa al cosiddetto “Ciclo di Krebs”, ossia a come la cellula produce energia: connettendo l’uso di questo farmaco allo stato metabolico della cellula, abbiamo visto che probabilmente il dimetil fumarato manda alla cellula una sorta di segnale di “affamamento”, mimando quello che nella vita quotidiana otteniamo con la dieta e con la riduzione calorica”.
Lo studioso, dopo una lunga serie di studi, ha supposto che una dieta eccessivamente ricca di calorie e il conseguente iperlavoro metabolico, in concomitanza con altri fattori ambientali e una g predisposizione genetica, possa influire nella disregolazione del sistema immunitario nella SM e che, per questo, affamare il sistema potrebbe favorirne il buon funzionamento.
“Il futuro prossimo – conclude Matarese – è rappresentato dal terzo passo del nostro studio, un Progetto speciale finanziato da AISM con la sua Fondazione: in questo nuovo percorso di ricerca stiamo studiando se l’associazione del dimetil fumarato, che dà un segnale di ‘affamamento’ alla cellula, con un vero e proprio “affamamento” dovuto alla restrizione calorica controllata, possa produrre una sinergia che favorisca il buon funzionamento del sistema metabolico. Se, come confidiamo, dimostreremo la nostra ipotesi, arriveremo ad una meta importante: un percorso di ricerca nato in laboratorio per studiare il metabolismo delle cellule si trasformerà in una risposta clinica più efficace, capace di migliorare il funzionamento del sistema immunitario nella SM, indurre una riduzione degli attacchi autoimmunitari tipici della SM e un sempre più efficace rallentamento dell’evoluzione di malattia”.
Sarebbe una cosa buona spero che si possa avere una svolta. Io ha 6anni che ho la sclerosi multipla con tante terapie oggi ho una progressiva primaria.
Speriamo al più presto si posso trovare una terapia migliore ha quelle esistenti io ho una primaria progressiva / o forse secondaria ancora diversi dubbi in merito .