Il mare Adriatico sta cambiando volto. Le sue acque sono più calde, le praterie sottomarine più rade e la biodiversità sempre più fragile. Non è un fenomeno isolato, ma il segnale di un mare che soffre. Le praterie di Cymodocea nodosa, piante acquatiche fondamentali per la vita marina, stanno scomparendo a una velocità allarmante.
Un ecosistema prezioso che si sta spegnendo
Le praterie marine dell’Adriatico settentrionale sono tra gli habitat più importanti del Mediterraneo. Ospitano centinaia di specie di pesci, crostacei e molluschi, filtrano l’acqua, immagazzinano anidride carbonica e stabilizzano i fondali. Quando si degradano, il mare perde una parte del suo equilibrio naturale.
Secondo uno studio guidato dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, in collaborazione con il National Biodiversity Future Center di Palermo, l’Università di Trieste e l’Area Marina Protetta di Miramare, la situazione è chiara: le praterie dell’Adriatico settentrionale stanno collassando.
Il Golfo di Trieste come caso di studio

Il gruppo di ricerca ha analizzato due periodi distinti, 2009-2013 e 2014-2018, confrontando la distribuzione delle piante lungo le coste italiane e slovene del Golfo di Trieste. I risultati mostrano un declino netto: la Cymodocea nodosa è diminuita del 30% nelle acque slovene e fino all’89% lungo la costa vicino a Trieste.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Estuarine, Coastal and Shelf Science, non lascia spazio a dubbi. L’Adriatico si sta riscaldando troppo in fretta, e questa accelerazione termica mette in crisi la capacità delle praterie di rigenerarsi.
Il ruolo della Cymodocea nodosa
La Cymodocea nodosa è una pianta marina che forma fitte distese verdi sul fondale, creando un ambiente ideale per molte specie animali. Le sue foglie intrappolano la sabbia, riducono l’erosione e assorbono grandi quantità di CO2, agendo come un “pozzo di carbonio” naturale.
Quando queste praterie spariscono, i sedimenti si muovono più facilmente, l’acqua si intorbida e le specie che vi abitano si riducono drasticamente. Ogni metro quadro di Cymodocea distrutto significa meno ossigeno e meno difesa per le coste.
Perché l’Adriatico è così vulnerabile

L’Adriatico è un mare poco profondo, il che lo rende più sensibile ai cambiamenti di temperatura. Negli ultimi anni le ondate di calore marino si sono intensificate, facendo salire le temperature medie oltre la soglia di tolleranza delle piante acquatiche.
A questi stress climatici si aggiungono fattori locali: urbanizzazione, scarichi industriali e opere costiere che modificano i fondali. Le acque torbide e inquinate limitano la penetrazione della luce, rendendo più difficile la fotosintesi delle piante marine.
Gli scienziati parlano di “stress cumulativo”: l’effetto combinato di caldo e inquinamento è più dannoso della somma dei singoli impatti.
Confronto con il resto del Mediterraneo
La crisi dell’Adriatico non è un caso isolato, ma è una delle più gravi. In altre aree del Mediterraneo, come le Baleari o l’Egeo, la Posidonia oceanica resiste meglio grazie a temperature più stabili e fondali più profondi.
Nel Golfo di Trieste, invece, le praterie di Posidonia si trovano solo in piccole zone isolate, incapaci di bilanciare la perdita di Cymodocea. Questo rende l’ecosistema locale estremamente fragile, con effetti a catena sulla pesca e sull’equilibrio della costa.
Cosa comporta la perdita delle praterie

La scomparsa di questi habitat non riguarda solo la fauna marina. Le praterie sono essenziali anche per la stabilità costiera. Le loro radici trattengono i sedimenti e proteggono le spiagge dall’erosione. Senza di esse, le mareggiate diventano più forti e le coste più vulnerabili.
Inoltre, la riduzione delle praterie influisce sulla capacità del mare di catturare CO2. Secondo gli esperti, un ettaro di prateria può immagazzinare fino a 83 tonnellate di carbonio. Perdere questi ecosistemi significa perdere uno degli alleati naturali contro la crisi climatica.
Verso nuove strategie di conservazione
Gli scienziati dell’OGS e del Wwf invitano a sviluppare strategie mirate per preservare le praterie marine rimaste. Servono monitoraggi continui, limiti più severi agli scarichi inquinanti e una pianificazione costiera più sostenibile.
Un’azione efficace dovrebbe includere zone protette più ampie, programmi di riforestazione marina e interventi di sensibilizzazione per i cittadini. Anche piccole azioni locali, come la riduzione dell’ancoraggio su fondali sensibili, possono contribuire a rallentare il declino.
Un segnale per tutto il Mediterraneo
L’Adriatico è un termometro del Mediterraneo. Se si scalda troppo, vuol dire che il mare intero sta soffrendo. Le sue praterie sono la prova concreta di come la crisi climatica non sia un concetto astratto ma una trasformazione in corso.
Capire cosa sta accadendo oggi nel Golfo di Trieste può aiutare a proteggere altri ecosistemi costieri prima che sia troppo tardi.
Difendere il mare significa difendere noi stessi
Le praterie marine non sono solo un patrimonio naturale: sono la base della vita del mare. Salvaguardarle vuol dire difendere la pesca, la qualità dell’acqua e la sicurezza delle coste.
L’Adriatico ci sta avvertendo. Se perdiamo queste praterie, il mare perde parte del suo respiro.
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