Polline? Solitamente più associato alle allergie e ad altre cose poco carine, ma quesat volta c’è una curiosa sorpresa: stavolta il tanto blasonato polline diventa più delizia che croce!
Un alveare non è solo una fonte di miele: è anche un campo di battaglia; le api mellifere devono difendersi da una vera e propria armata di nemici invisibili: virus, funghi, batteri e parassiti di ogni genere.

Oggi se ne conoscono più di 30, ma il numero continua a crescere. Per questo, gli apicoltori di tutto il mondo sono sempre alla ricerca di nuove armi per proteggere le loro colonie.
Ma cosa succederebbe se la soluzione fosse già lì, sotto i nostri occhi, anzi: nelle zampette delle api stesse?
Batteri alleati nascosti nel polline
Un gruppo di ricercatori americani ha fatto una scoperta sorprendente: alcuni batteri “buoni” presenti nel polline raccolto dalle api sembrano avere proprietà antimicrobiche capaci di proteggere sia le api che le piante.
Questi batteri non sono ospiti casuali. Si tratta di endofiti, microrganismi che vivono all’interno dei tessuti delle piante in una relazione di simbiosi. Gli scienziati hanno ipotizzato che questi batteri possano aver evoluto la capacità di produrre sostanze benefiche per mantenere in salute gli impollinatori, cioè le api, da cui dipendono per la riproduzione delle loro piante ospiti.
E avevano ragione.
Il test sul campo (e nell’alveare)
Il team guidato dal dottor Daniel May del Washington College ha raccolto polline da 10 specie di piante autoctone negli USA e lo ha confrontato con quello presente in un vicino alveare. Analizzando il DNA dei batteri presenti nei campioni, i ricercatori hanno scoperto che molti di questi batteri erano identici o molto simili: sia nelle piante, sia nel polline conservato dalle api.

Gran parte dei batteri appartiene al genere Streptomyces, noto in medicina per essere una delle principali fonti naturali di antibiotici. Questi batteri sono già usati per produrre medicinali, fungicidi e persino trattamenti antitumorali.
Efficaci contro malattie delle api e delle piante
Nei test di laboratorio, i ceppi isolati si sono dimostrati altamente efficaci nel combattere diversi patogeni pericolosi:
- Aspergillus niger, un fungo che può causare la “covata pietrificata” (stonebrood) nelle api
- Paenibacillus larvae e Serratia marcescens, batteri associati a malattie gravi degli alveari
- Erwinia amylovora, Pseudomonas syringae e Ralstonia solanacearum, patogeni letali per molte colture agricole
In pratica, lo stesso polline che le api raccolgono per nutrire la colonia potrebbe contenere i mezzi per difenderla dalle infezioni.
Una scoperta “eco-logica”
Secondo May, questi batteri vengono raccolti dalle api mentre impollinano i fiori e vengono “riportati” nel nido, dove si stabiliscono nelle riserve di polline e aiutano la colonia a combattere malattie; il DNA dei microrganismi conferma che si tratta di veri e propri abitanti interni delle piante, non di semplici contaminanti ambientali.
Ma c’è di più: un ambiente ricco di biodiversità vegetale sembra favorire anche la salute delle api, offrendo una maggiore varietà di batteri benefici da raccogliere.

Verso un futuro senza antibiotici?
Questa scoperta apre scenari promettenti anche per l’agricoltura e l’allevamento di api. In futuro, potremmo trattare alcune malattie delle api semplicemente inoculando nei favi i giusti ceppi batterici, evitando l’uso di antibiotici e prodotti chimici aggressivi.
Una vittoria per le api, per l’ambiente, e per via indiretta, anche per noi.