Piracy Shield, il sistema anti-pirateria ideato da AGCOM, si trova di nuovo al centro di aspre polemiche. Rubato e messo online, il suo codice sorgente svela un meccanismo che va ben oltre la semplice lotta alla pirateria, sollevando accuse pesanti di censura e di una gestione opaca e confusionaria degli IP.
Nelle pagine di GitHub, dove è finito il codice, emergono critiche all’operato di Piracy Shield: non solo non sarebbe efficace nel suo intento primario di bloccare i siti pirata, ma rappresenterebbe anche un pericoloso strumento di censura, con il potere di bloccare indiscriminatamente siti web e indirizzi IP legittimi. Questa gestione sembra configurarsi come un vero e proprio attacco alla libertà di espressione e all’accesso alle informazioni, minando i principi democratici fondamentali.
Piracy Shield: gli IP bloccati viaggiano senza frontiere
Ma i problemi non finiscono qui. Pare infatti che gli indirizzi IP bloccati dal sistema continuino a essere venduti all’estero, creando un ulteriore livello di caos: provider come OVH si ritrovano a vendere IP inaccessibili dall’Italia perché inseriti nella lista nera di Piracy Shield, senza che ne siano a conoscenza. Questo genera malcontento e confusione tra gli utenti che pagano per un servizio di cui non possono usufruire.
A gettare ulteriore benzina sul fuoco è l’intervento dell’Unione Nazionale Consumatori, che chiede a gran voce maggior trasparenza e chiarezza da parte di AGCOM riguardo al funzionamento di Piracy Shield. Tra blocchi di siti legittimi e il furto del codice sorgente, la piattaforma sembra naufragare in un mare di criticità, tanto da far dubitare dell’effettiva volontà dell’autorità regolatoria di risolvere i problemi emersi
Il panorama che si dipinge attorno a Piracy Shield è quindi complesso e contraddittorio, e solleva interrogativi urgenti sulla gestione della lotta alla pirateria in Italia.
E tu, cosa ne pensi? Riesci a vedere una via d’uscita da questo labirinto di censura e disorganizzazione tecnologica?