I PFAS, noti anche come “sostanze chimiche eterne”, sono diventati uno dei nemici invisibili più pericolosi del nostro tempo; li troviamo dappertutto: nei vestiti impermeabili, nelle padelle antiaderenti, nei cosmetici e ora sempre più spesso anche nell’acqua potabile e perfino nella birra.

Un nuovo studio dell’Università di Buffalo ha appena scoperto che alcuni PFAS sono molto più acidi di quanto si pensasse e questo li rende ancora più mobili nell’ambiente, più difficili da fermare… e potenzialmente più pericolosi per l’uomo.
Ma cosa vuol dire “più acidi”?
Significa che queste molecole rilasciano facilmente protoni, diventando cariche negativamente. Una volta cariche, tendono a sciogliersi meglio nell’acqua e a diffondersi più facilmente, entrando in falde acquifere, piogge e persino nel nostro organismo. Il parametro che misura questa tendenza si chiama pKa, e più è basso, più la sostanza è acida.
Fino ad oggi si pensava che alcune di queste sostanze (come il PFOA, usato per produrre il Teflon) avessero un pKa intorno a 1. In realtà (rivela il nuovo studio) il loro pKa è addirittura sotto lo zero, il che significa che sono sempre in forma carica, quindi sempre pronte a muoversi.
Un nuovo metodo più preciso
Il team ha usato una tecnica avanzata chiamata NMR (risonanza magnetica nucleare), un po’ come una risonanza magnetica… ma per le molecole. Questo ha permesso di evitare gli errori dovuti all’uso del vetro (a cui i PFAS si attaccano facilmente, falsando i risultati) o di solventi troppo aggressivi.

Grazie a questa tecnica, i ricercatori hanno ottenuto misure molto più affidabili del pKa di vari PFAS, inclusi quelli emergenti come GenX, TFA, e 5:3 FTCA nomi poco noti al pubblico, ma destinati a diventare sempre più presenti nei dibattiti ambientali.
Perché è importante?
Perché conoscere il pKa di un PFAS aiuta a:
- Capire quanto velocemente si muove nell’ambiente
- Prevedere se si accumulerà nel suolo, nell’acqua o nei tessuti biologici
- Sviluppare metodi di bonifica più efficaci
- Costruire modelli predittivi con l’AI per nuovi inquinanti
E in Italia?
Anche da noi il problema dei PFAS è più attuale che mai. Basta ricordare il caso del Veneto, dove una delle più grandi contaminazioni da PFAS d’Europa ha colpito intere province, finendo nella catena alimentare e conoscere meglio queste sostanze aiuta non solo la ricerca scientifica, ma anche le strategie di prevenzione e tutela della salute pubblica.
Riflessione finale
I PFAS sono subdoli. Sono invisibili, resistenti, e capaci di attraversare l’ambiente come fantasmi. E ora scopriamo che sono anche più “aggressivi” chimicamente di quanto credevamo.

Il nuovo studio non solo migliora la nostra comprensione scientifica, ma ci ricorda una lezione fondamentale: per proteggere l’ambiente, dobbiamo essere più rapidi e precisi nel comprendere come funzionano le sostanze che immettiamo nel mondo.
Perché anche un errore di misura, come si è visto, può fare la differenza tra un rischio contenuto… e un disastro ecologico.