Uno studio condotto anche dall’Università di Parma e pubblicato di recente sulla rivista eLife, spiega come una visione pessimistica degli eventi sia in grado di determinare una ricaduta in un soggetto colpito da disturbo bipolare.
Il titolo della ricerca “Un deficit nell’apprendere informazioni positive predice la ricaduta in pazienti affetti da disturbo bipolare”, portata avanti da Paolo Ossola (primo autore) e Carlo Marchesi, rispettivamente ricercatore e docente di Psichiatria al Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Ateneo, da Tali Sharot, docente di Neuroscienze cognitive al Dipartimento di Psicologia Sperimentale dell’University College London e da Neil Garrett, ricercatore al Dipartimento di Psicologia Sperimentale dell’Università di Oxford, introduce questa importante correlazione.
Grazie a questa intuizione infatti, sarà possibile prevedere eventuali episodi delle malattie e poter agire tempestivamente per alleggerire la sofferenza di chi è affetto da questa terribile malattia.
Il disturbo bipolare si identifica dal susseguirsi di episodi di espansione (mania) e depressione, intervallati da fasi asintomatiche definite eutimia. Periodi più brevi di eutimia si ricollegano ad una maggior disabilità, ad un maggior rischio di disoccupazione, ricoveri ospedalieri e rischio suicidario.
Disturbo bipolare: i risultati della ricerca
Lo studio ha coinvolto 36 pazienti colpiti da disturbo bipolare con un esperimento da svolgere al computer: osservare 40 eventi di vita poco piacevoli, e di spiegare quale sarebbe stata la loro reazione ad una circostanza infelice ( per esempio, perdere il portafoglio). Successivamente i partecipanti sono stati monitorati a cadenza mensile per 5 anni con l’obiettivo di valutare l’eventuale comparsa di sintomi suggestivi di un nuovo episodio.
In uno step successivo è stato chiesto ai partecipanti di osservare la probabilità reale che questo evento potesse accadere nella popolazione generale. In questo modo, i soggetti coinvolti nell’esperimento a volte ricevevano informazioni negative (per esempio se la possimità reale di perdere il portafoglio era maggiore di quanto pensassero) ed altri ricevevano informazioni positive (per esempio se la probabilità di avere la carta di credito clonata era minore di quanto si aspettassero). Alla fine di questa sessione veniva rinnovata la richiesta di misurare la possibilità che questo evento accadesse a loro.
La ricerca ha dimostrato che i pazienti che cambiano maggiormente le loro convinzioni più radicate in risposta a notizie positive rispetto a quelle negative, e che quindi avevano una maggior tendenza ottimistica, rimangono in eutimia più a lungo. Questo era vero sia per ricadute maniacali che depressive e l’associazione rimane anche valutando altri fattori come l’età, la terapia psicofarmacologica e la durata di malattia.