Piccoli, ciechi e privi di colore: i pesci ciechi delle caverne amblyopsidi abitano da milioni di anni le acque sotterranee dell’est degli Stati Uniti. Ma quando esattamente hanno iniziato a vivere nell’oscurità? Un team di ricercatori della Yale University ha trovato un modo innovativo per rispondere a questa domanda, e lo ha fatto analizzando i loro geni.

Pubblicato sulla rivista Molecular Biology and Evolution, lo studio combina biologia evolutiva, genomica e paleontologia per datare indirettamente le grotte dove questi pesci vivono.
Come si fa a datare una grotta con il DNA dei pesci ciechi?
Datare una grotta è complicato. Le tecniche tradizionali (come l’analisi degli isotopi nei minerali) diventano inaffidabili oltre i 3-5 milioni di anni. Ma i ricercatori di Yale hanno avuto un’idea geniale: studiare le mutazioni nei geni della vista dei pesci delle caverne, ormai ciechi da milioni di anni.
“I pesci non avrebbero mai iniziato a perdere la vista se vivessero in piena luce”, spiega Chase Brownstein, co-autore dello studio. “Quindi se identifichiamo quando hanno iniziato a perdere gli occhi, possiamo sapere da quando vivevano nelle grotte.”
Evoluzione convergente e mutazioni “a orologio”
Analizzando 88 geni legati alla visione, il team ha scoperto che ogni specie di pesce delle caverne ha perso la vista in modo indipendente: ognuna con mutazioni diverse, arrivate in momenti diversi. Questo significa che le specie hanno colonizzato le caverne separatamente, ma si sono adattate in modo simile: corpi allungati, crani piatti, pinne pelviche ridotte o assenti e, ovviamente, cieche

Usando queste mutazioni come una sorta di “orologio molecolare”, i ricercatori hanno stimato che la specie più antica, Troglichthys rosae, ha iniziato a perdere la vista fino a 11 milioni di anni fa. Altre specie hanno mostrato adattamenti compresi tra 342.000 anni e 8,7 milioni di anni.
Un aiuto inaspettato per la medicina umana?
Curiosamente, alcune delle mutazioni che causano la cecità nei pesci delle caverne sono simili a quelle presenti in alcune malattie oculari umane.

“Studiando questo sistema naturale, possiamo scoprire nuove informazioni sui meccanismi genetici delle malattie oculari”, afferma Thomas Near, professore di ecologia e biologia evolutiva a Yale.
Perché è importante?
Questa è una scoperta importante perché:
- Si tratta di un metodo innovativo per datare ecosistemi antichi.
- Dimostra un chiaro caso di evoluzione convergente (specie diverse, stessi adattamenti).
- Può avere applicazioni nella ricerca biomedica, specialmente in campo oftalmologico.
- Dimostra quanto la genetica possa raccontarci il passato, anche in assenza di fossili completi.