Mentre alcuni lander ci mettono una settimana, Resilience di Ispace ha scelto una strada diversa: cinque mesi di viaggio, rotta lenta, rischio calcolato.
Perché? Cosa guadagna (o perde) una missione lunare che arriva in ritardo?
Spoiler: non si tratta solo di carburante risparmiato.
Partiti insieme, ma destinazioni (e tempi) diversi
Il 2025 è stato un anno affollato per la Luna. A gennaio, una missione congiunta su razzo SpaceX ha lanciato due veicoli:
- Blue Ghost, della texana Firefly Aerospace
- Resilience, di Ispace (Giappone)
Blue Ghost è atterrato a marzo, in perfetto stile NASA.
Resilience? Sta tentando il touchdown proprio adesso — a giugno — con tre mesi di ritardo rispetto al “collega”.
Ma non è un errore di rotta. È stata una scelta strategica.
Viaggio lento, missione lunga
La traiettoria scelta da Ispace è chiamata low-energy transfer: si tratta di un’orbita ampia e “pigra” che sfrutta l’attrazione gravitazionale della Luna per entrare in orbita senza spingere troppo sui motori.
Immagina di andare a casa di un amico in bici, prendendo tutte le discese. Arrivi lo stesso, ma risparmi energie (e carburante).
Certo, ci metti molto di più. Ma nel frattempo puoi testare tutto: sensori, software, assetti, comunicazioni. E imparare.
“Questo viaggio è una fase di apprendimento continuo”, ha detto Jumpei Nozaki, CFO di Ispace.
La Luna non perdona

L’esperienza però insegna anche il contrario. Nel 2023, la prima missione Ispace — durata 4 mesi e mezzo — si è conclusa con un crash nel cratere Atlas.
Resilience questa volta punta su Mare Frigoris, un’area più piatta e stabile.
Ma anche se il viaggio è stato “educativo”, non c’è nessuna garanzia di atterraggio riuscito.
E infatti, per le future missioni (come Apex 1.0), Ispace ha già deciso: niente più voli lenti. Le prossime tappe saranno più dirette.
Perché velocità fa rima con affidabilità (e clienti contenti)
Il viaggio lento di Resilience ha un altro svantaggio: i carichi scientifici a bordo restano mesi nello spazio. Temperature estreme, radiazioni cosmiche e degrado.
Non proprio l’ideale se trasporti strumenti sensibili. E chi paga — università, governi, aziende — vuole tempistiche più rapide e meno rischi.
Per Ispace, il prossimo passo sarà un compromesso tra ottimizzazione dei costi e tempi di consegna.
Cosa porta Resilience sulla Luna?
Oltre alla sfida tecnologica, il lander giapponese ha a bordo tre esperimenti scientifici:
- Un modulo di produzione alimentare a base di alghe
- Un monitor per le radiazioni spaziali
- Un elettrolizzatore per produrre ossigeno e idrogeno sulla superficie lunare
In caso di atterraggio riuscito, sarà il primo lander commerciale non americano a farcela in piedi. Un risultato che — dopo il flop del 2023 — vale oro per Ispace.
Meglio lenti ma stabili?
Le missioni concorrenti, come Intuitive Machines, sono arrivate più in fretta ma con atterraggi problematici: entrambe le sonde si sono ribaltate, limitando le operazioni a terra.
Firefly invece ha centrato tutto: atterraggio morbido, strumenti funzionanti, contatto stabile. È questo lo standard a cui ora punta anche Ispace.
“Ci siamo allenati per mesi con tre team a rotazione nel centro di controllo,” racconta il CEO Takeshi Hakamada.
“Anche senza primati, volevamo fare esperienza. E ora siamo pronti.”
Prossima fermata: Artemis
Tutte queste missioni rientrano nel piano CLPS (Commercial Lunar Payload Services) della NASA, parte del programma Artemis per riportare l’uomo sulla Luna.
Queste prime fasi — affidate a lander robotici — servono a testare il terreno, la tecnologia e la logistica per le future basi lunari.
E anche se Resilience non è il più veloce, potrebbe diventare il più… resiliente.
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Spoiler: su Marte non siamo ancora arrivati, ma sulla Luna ci stiamo giocando il tutto per tutto.