Il TAR del Lazio è pronto a comminare una nuova multa a Facebook per l’utilizzo improprio dei dati degli utenti iscritti al social più popolare del mondo. La direttiva di non utilizzare le informazioni dei consumatori (è il caso di chiamarli così e vedremo perché) ai fini commerciali, è stata totalmente ignorata dalla piattaforma di Zuckerberg.
Le ragioni di questa controversia nascono dalla dicitura “Facebook è gratis per sempre” considerata ingannevole poiché esiste una moneta di scambio e cioè i dati degli iscritti al sito web, che vengono ceduti a terzi per fini commerciali, e per ceduti intendiamo venduti. In buona sostanza, l’iscrizione a Facebook viene acquistata tramite i propri dati personali, per questo motivo si può tranquillamente parlare di consumatori, anche se ingiustamente inconsapevoli.
Le richieste del TAR sono precise: eliminare la dicitura“È gratis per sempre” dalla home di accesso, rettificare pubblicamente, sulla home del social e sull’app dedicata, la vera destinazione che avranno i dati degli iscritti, informando gli utenti che Facebook è tutt’altro che gratis e che lucra sui dati degli utenti stessi. Non solo, per Zuckerberg c’è anche una scadenza conteggiata in 120 giorni di tempo per avere un approccio più onesto con i consumatori oppure per fornire motivazioni convincenti che lo spingono ad insistere sulle vendite delle informazioni dei fruitori del social ai fini commerciali.
Facebook, non adeguandosi alle richieste del TAR, guadagna 6,2 miliardi di dollari in un solo giorno. A rigore di logica, è più conveniente pagare la multa che adeguarsi ad una direttiva che farebbe crollare gli introiti del social network. Gli iscritti alla piattaforma hanno superato i 2 miliardi di soggetti e Zuckerberg, con le acquisizioni di Instagram e WhatsApp, ha il monopolio della comunicazione virtuale. Se si vuole veramente tutelare la privacy degli iscritti, forse sarebbe il caso di valutare forme più severe di penalità.