Il cervello non distingue sempre tra ciò che vivi e ciò che immagini. Bastano pochi istanti di visualizzazione positiva per modificare il modo in cui memorizzi informazioni e pensare positivo, valuti le persone e prendi decisioni future. Non è autoaiuto da social. È neuroscienza sperimentale.
A dirlo è uno studio pubblicato su Nature Communications, firmato da ricercatori dell’Università del Colorado a Boulder e del Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences. Il punto centrale è semplice e potente: l’immaginazione attiva circuiti cerebrali molto simili a quelli coinvolti nelle esperienze reali, influenzando motivazione e scelte.
L’immaginazione come strumento attivo del cervello

Secondo Roland Benoit, coordinatore dello studio, il cervello impara anche da ciò che non accade davvero. Quando immagini un’esperienza positiva, il sistema neurale la tratta come informazione utile. Non come fantasia sterile.
Il primo autore Aroma Dabas lo chiarisce senza ambiguità: l’immaginazione non resta passiva. Agisce. Modella aspettative e orienta il comportamento futuro. In altre parole, pensare positivo non è solo uno stato mentale, ma un processo che lascia tracce misurabili nel cervello.
L’esperimento sui volontari e la risonanza magnetica
Lo studio ha coinvolto 50 volontari. A ciascuno è stato chiesto di elencare 30 persone, suddividendole in tre categorie: gradite, neutre e sgradite. L’esperimento si è concentrato solo sulle persone considerate neutre, proprio per evitare bias emotivi preesistenti.
Durante una risonanza magnetica funzionale, i partecipanti hanno immaginato in modo intenso esperienze positive o negative vissute con queste persone. Nessuna interazione reale. Solo immaginazione guidata.
Il risultato è stato netto. Dopo l’esame, i volontari hanno mostrato una preferenza più marcata per le persone con cui avevano immaginato esperienze piacevoli. Nei test successivi hanno dichiarato di apprezzarle di più. Il cervello aveva già aggiornato la sua “valutazione”.
Le aree cerebrali coinvolte nella scelta e nella motivazione

L’attività cerebrale ha mostrato un ruolo chiave del corpo striato ventrale, una regione legata alla ricompensa e alla motivazione. Questa area calcola l’errore di previsione della ricompensa, cioè la differenza tra ciò che ti aspetti e ciò che ottieni.
In parallelo entra in gioco la corteccia prefrontale dorso mediale, responsabile dell’organizzazione dei ricordi sociali e delle informazioni sulle persone. Quando queste due aree lavorano insieme, il cervello aggiorna le preferenze e orienta le scelte future.
In sintesi, immaginare un’esperienza positiva “riprogramma” il valore attribuito a qualcuno, anche senza un contatto reale.
Perché questo studio è rilevante
Questo lavoro cambia il modo in cui guardi alla motivazione, alle relazioni e all’apprendimento. Non serve vivere ogni esperienza per trarne un effetto sul comportamento. Il cervello è un simulatore estremamente efficiente.
Questa dinamica spiega perché alcune tecniche mentali funzionano in ambiti molto diversi. Dalla preparazione sportiva alla musica, dalla gestione dell’ansia alle relazioni sociali. Il cervello anticipa. E quell’anticipo pesa sulle decisioni.
Implicazioni per salute mentale e prestazioni

I ricercatori indicano applicazioni concrete. L’uso controllato dell’immaginazione positiva offre nuove strade per lavorare su disturbi dell’umore, difficoltà relazionali e blocchi motivazionali. Non come sostituzione di terapie cliniche, ma come supporto basato su meccanismi neurali reali.
Anche nel contesto delle prestazioni, questa capacità del cervello apre scenari interessanti. Atleti e musicisti già lavorano da tempo sulla visualizzazione. Ora esistono dati che spiegano perché funzioni.
Il cervello non aspetta l’esperienza reale
Il messaggio che emerge è diretto. Il cervello non resta in attesa degli eventi. Costruisce scenari, li valuta e li usa per guidare il comportamento. L’immaginazione positiva diventa uno strumento di apprendimento rapido, capace di agire in pochi secondi.
Non è magia. È fisiologia cerebrale.
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