Un recente e approfondito studio condotto dalla Harvard TH Chan School of Public Health ha gettato nuova luce sulla complessa relazione tra il consumo di patate e il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 (T2D). La ricerca, che ha monitorato le abitudini alimentari di oltre 205.000 adulti per diversi decenni, ha messo in evidenza che il metodo di preparazione delle patate riveste un ruolo cruciale.

Le patate, il diabete e l’importanza del metodo di cottura
Secondo lo studio, esiste una netta associazione tra il consumo di patate fritte e un aumento del rischio di T2D. Al contrario, lo stesso legame non è stato riscontrato con le patate preparate in altri modi, come quelle al forno, bollite o schiacciate. Questo risultato suggerisce che non è la patata in sé a essere il fattore di rischio principale, ma le modifiche che subisce durante la frittura, come l’alto contenuto di grassi e la formazione di composti nocivi.
Un’altra scoperta significativa dei ricercatori è stata che sostituire qualsiasi tipo di patata con cereali integrali può portare a una riduzione del rischio di T2D. Questo suggerisce che scelte alimentari più sane, che privilegiano alimenti ricchi di fibre e con un indice glicemico più basso, possono avere un impatto preventivo sul diabete.

L’autore principale dello studio, Seyed Mohammad Mousavi, ha sottolineato come la ricerca superi le precedenti analisi, che erano spesso inconcludenti e prive di dettagli cruciali. L’approccio adottato ha analizzato diversi tipi di patate, ha monitorato le diete per un lungo periodo e ha esplorato gli effetti della sostituzione delle patate con altri cibi.
L’obiettivo, ha spiegato Mousavi, è spostare il dibattito da una semplice domanda sul “se le patate facciano bene o male” a un’indagine più sofisticata su “come vengono preparate e cosa si potrebbe mangiare al loro posto”. Lo studio ha esaminato le diete e gli esiti legati al diabete di 205.107 partecipanti provenienti da tre diverse indagini: il Nurses’ Health Study, il Nurses’ Health Study II e l’Health Professionals Follow-up Study.
La metodologia e i risultati dello studio decennale
Per oltre tre decenni, i ricercatori hanno monitorato le abitudini alimentari e lo stato di salute di 205.107 partecipanti. Attraverso questionari alimentari periodici, i soggetti hanno fornito dettagli sulla frequenza del consumo di specifici alimenti, come patatine fritte, patate al forno, bollite o schiacciate, e cereali integrali. Hanno anche riportato nuove diagnosi di patologie, tra cui il diabete di tipo 2 (T2D), oltre a vari fattori legati allo stile di vita, alla salute e alla demografia. Questi dati sono stati poi accuratamente controllati dagli studiosi. Durante l’arco dello studio, un totale di 22.299 partecipanti ha sviluppato il T2D.

L’analisi dei dati ha portato a una conclusione chiara e allarmante: tre porzioni di patatine fritte a settimana sono state associate a un aumento del 20% del rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. Questo dato sottolinea l’impatto negativo che questo specifico metodo di cottura può avere sulla salute. D’altra parte, il consumo di patate preparate in modi più salutari, come al forno, bollite o schiacciate, non ha mostrato una correlazione significativa con un aumento del rischio di T2D.
I ricercatori hanno ulteriormente elaborato i loro risultati, calcolando l’effetto della sostituzione delle patate con alternative più sane. Hanno stimato che sostituire le patate al forno, bollite o schiacciate con cereali integrali, come pane, pasta o farro, potrebbe ridurre il rischio di diabete di tipo 2 del 4%. Ancora più significativa è la riduzione ottenuta sostituendo le patatine fritte: in questo caso, il rischio di T2D potrebbe diminuire fino al 19% se al loro posto si consumano cereali integrali.

Curiosamente, anche la sostituzione delle patatine fritte con cereali raffinati si è dimostrata utile per ridurre il rischio di diabete di tipo 2. Per rafforzare i loro risultati, i ricercatori hanno utilizzato un approccio di meta-analisi, combinando i dati del loro studio con quelli di altre coorti già pubblicate, per valutare con maggiore precisione l’effetto della sostituzione alimentare sul rischio di diabete.
Il potere delle scelte alimentari e la conferma della ricerca
La validità dei risultati è stata ulteriormente rafforzata da un approccio di meta-analisi, che ha consolidato i dati provenienti da una vasta rete di studi precedentemente pubblicati. La ricerca ha coinvolto due meta-analisi separate: una che ha preso in esame i dati sul consumo di patate da 13 diverse coorti e un’altra che ha analizzato il consumo di cereali integrali in 11 coorti. Complessivamente, questi studi hanno incluso oltre 500.000 partecipanti e hanno registrato più di 43.000 diagnosi di diabete di tipo 2 (T2D) in quattro continenti. La coerenza dei risultati tra il nuovo studio e le meta-analisi ha confermato con forza le conclusioni iniziali.
L’autore corrispondente, il professor Walter Willett, ha sintetizzato il messaggio principale della ricerca in modo chiaro e conciso, sottolineando come piccoli cambiamenti nella dieta quotidiana possano avere un impatto significativo sul rischio di diabete di tipo 2. Egli ha esortato le persone a limitare il consumo di patate, in particolare le patatine fritte, e a optare per fonti di carboidrati integrali e più salutari. A suo avviso, questa semplice modifica potrebbe contribuire in modo sostanziale a ridurre il rischio di T2D a livello di popolazione.

Willett ha inoltre esteso il suo appello ai responsabili delle politiche sanitarie. Ha evidenziato come le linee guida dietetiche debbano superare le categorie alimentari generiche e prestare maggiore attenzione al modo in cui gli alimenti vengono preparati e a cosa li sostituisce nella dieta. La distinzione tra diversi tipi di carboidrati e persino tra le varie preparazioni delle patate è considerata fondamentale per creare raccomandazioni nutrizionali veramente efficaci e mirate.
Lo studio è stato pubblicato sul The BMJ.