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NotiziaIntelligenza Artificiale

Parli come ChatGPT? Forse sì, e non te ne sei nemmeno accorto

ChatGPT sta cambiando il nostro modo di parlare? Un nuovo studio analizza l’impatto delle AI sul linguaggio e sulla spontaneità del pensiero.

Massimo 2 mesi fa Commenta! 5
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Senti un po’, ultimamente ti è mai capitato di dire robe tipo “approfondiamo il contesto”, “andiamo nel dettaglio” o “è importante sottolineare che…”? Ecco, potresti essere stato contagiato. No, non da un virus. Da ChatGPT.

Contenuti di questo articolo
Le parole “da robot” stanno entrando nella nostra boccaEffetto spugna: parliamo come leggiamoMa quindi? Cosa ci stiamo perdendo?E non è solo una questione di stileL’illusione della competenzaCosa possiamo fare per non diventare tutti cloni?Ribaltiamo la prospettiva: e se fossimo noi a insegnare qualcosa alle AI?

Sembra uno scherzo, e invece c’è di mezzo il Max Planck Institute per lo Sviluppo Umano (quelli veri, non i cugini su Facebook). I ricercatori hanno analizzato qualcosa come 280.000 video YouTube per capire se – e quanto – il nostro linguaggio stia cambiando dopo mesi (anni?) di esposizione ai testi generati dall’intelligenza artificiale.

Spoiler: sta cambiando eccome. E lo stiamo imitando, parola dopo parola.

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Le parole “da robot” stanno entrando nella nostra bocca

Secondo quanto riportato da Gizmodo, ci sono parole che prima usavamo poco e ora stanno spuntando ovunque. Colpa (o merito?) della frequentazione costante con modelli linguistici come ChatGPT.

Qualche esempio? Eccoli:

  • “Approfondire”
  • “Contestualizzare”
  • “Articolato”
  • “Sfumato”
  • “Complesso”
  • “Delicato equilibrio”
  • “Sottolineare”
Chatgpt supera gli umani in empatia

Parole pulite, ordinate, scolpite con precisione. Ma anche… dannatamente simili tra loro. Il punto è proprio questo: quando un modello come ChatGPT produce testo, lo fa per probabilità. Usa parole che “funzionano bene” insieme, che hanno più chance di stare al posto giusto. Risultato? Uno stile sempre più omogeneo.

E indovina un po’? Questo stile lo stiamo facendo nostro.

Effetto spugna: parliamo come leggiamo

HDblog ha notato un boom nell’uso della parola “approfondire”: +51% nel vocabolario di chi frequenta contenuti tech o educativi online. E non si parla solo di articoli, ma di come parliamo davvero. Come se ascoltare l’AI tutto il giorno ci stesse cambiando il cervello.

È un po’ come quando passavi troppo tempo con un amico napoletano e ti ritrovavi a dire “uè fraté” senza accorgertene. Solo che ora non stiamo imitando un amico, ma un algoritmo.

Ma quindi? Cosa ci stiamo perdendo?

La varietà. La spontaneità. I giochi di parole. I modi di dire strani che fanno parte della nostra cultura, della nostra storia, perfino delle nostre nonne.

Quando il linguaggio si uniforma, anche il pensiero si appiattisce. Se usiamo tutti le stesse formule, gli stessi verbi, le stesse strutture, diventa più difficile pensare fuori dagli schemi. Fare una battuta brillante, una metafora originale, inventare parole nuove. Quella roba che rende il parlato umano… umano.

Sai che effetto fa? Come se qualcuno avesse sostituito tutti i dialetti d’Italia con un italiano scolastico da libro di grammatica. Preciso, corretto, ma senza sapore.

E non è solo una questione di stile

Occhio: il linguaggio non è solo forma, è anche contenuto. Il modo in cui dici le cose condiziona il modo in cui le pensi. Se ci abituiamo a scrivere e parlare come un assistente virtuale, potremmo iniziare a pensare come un assistente virtuale.

Sempre logici, sempre misurati, sempre coerenti. Ma anche prevedibili. Senza quella vena di follia creativa che rende un’idea davvero nuova.

L’illusione della competenza

Chatgpt supera gli umani in empatia

E c’è un altro effetto collaterale: il linguaggio da ChatGPT suona competente. Sembra sapere di cosa parla anche quando non è così. Basta buttare dentro un “andiamo nel dettaglio”, un “analisi approfondita”, e subito sembri uno che ha studiato. Ma hai detto qualcosa di concreto? Spesso no.

Il rischio? Una nuova forma di fuffa: l’apparenza di profondità, senza la sostanza.

Cosa possiamo fare per non diventare tutti cloni?

  • Leggere libri scritti da esseri umani veri. Di quelli che sanno usare una parola sbagliata al momento giusto, e ti fanno ridere.
  • Parlare con gente diversa da noi. Diversa per età, accento, cultura.
  • Scrivere senza ChatGPT (sì, anche tu che stai preparando la tesi).
  • Riconoscere i tic linguistici da IA e usarli solo se servono davvero.

Ribaltiamo la prospettiva: e se fossimo noi a insegnare qualcosa alle AI?

Forse, invece di imitare il linguaggio dei modelli, dovremmo essere noi a insegnare loro a parlare un po’ più come noi. Con errori, con emozioni, con idiomi bizzarri e storie di paese. Con meno “delicate sfumature” e più “mi ha fatto venire il latte alle ginocchia”.

Perché se perdiamo il nostro modo unico di parlare, perderemo anche il nostro modo unico di pensare. E a quel punto, più che utenti, saremmo solo eco.

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