Se sei un tecnico informatico, un IT, un negoziante di PC o qualsiasi altra figura che lavora in questo settore, ti sarai reso conto di un curioso paradosso: le informazioni sono letteralmente a portata di mano (ad esempio: con lo smartphone); eppure esistono difficoltà su cose estremamente banali.
Ti sarà capitato di certo al telefono di dire qualcosa tipo “apri una nuova scheda sul browser” e dall’altro capo della linea il lavoratore (o la lavoratrice) non ha la più pallida idea di cosa tu stia parlando.
Magari si trattava di qualcosa tipo Hangout di Google o Jitsii che funzionano tramite browser, al lavoratore (o lavoratrice) bastava premere il “+” (o CTRL+T) e aperta nuova scheda con tanto di indirizzo Jitsii; sono sicuro che lui (o lei) alla fine avrà aperto un altro browser presente sul PC. Vero?
Eppure non dovrebbe essere così difficile aprire una nuova scheda su un browser, no?
Paradosso informatico dell’informazione: cosa si intende?
Se vai su un gruppo Facebook di programmatori, salterà sicuramente fuori qualche meme a riguardo del “esiste del codice già fatto, cerco su internet e ci metto le mani per sistemarlo“; questa non è solo una cosa relativa all’ambito informatico, si pensi che in passato molti cartoni animati usavano animazioni riciclate, ad esempio.
L’ipotetico programmatore in questione conosce i suoi limiti, sa che quello che ha studiato non gli basta e cerca pertanto informazioni sulla rete: esistono Google, DuckDuckGo, Qwant, Yahoo! e chissà quanti altri motori di ricerca, tra i quali possiamo tranquillamente includere anche YouTube.
Su quest’ultima piattaforma, in particolar modo, non mancano i tutorial per le cose più facili che sembrano un ostacolo insormontabile per l’utente medio: fare il copia-incolla, cambiare sfondo del desktop, aprire una nuova scheda su un browser, venire a conoscenza di altri browser oltre a Chrome, capire cos’è un browser proprio, e via discorrendo.
Nell’ambito informatico, ma in particolare proprio qui siamo davanti ad un curioso paradosso: hai una rete di informazioni in mano e non la sfrutti? Non ti salta in mente di cercare come aprire una nuova scheda sul browser o di cercare dell’esistenza di altri browser, giusto per fare un paio d’esempi?
Su Google queste persone cercano di tutto: spulciano le più improbabili teorie del complotto, si fanno auto-diagnosi mediche su siti discutibili spesso nemmeno gestiti da veri medici, ma se ad esempio leggono la parola “proxy” in una discussione sui social, non si scomodano nemmeno ad aprire Wikipedia per capire di cosa si tratta.
Domanda da un milione di dollari: fare una ricerca di qualsiasi cosa riguardante l’ambito informatico è così difficile? No, di fatto non lo è.
Oltretutto, i siti per poter apprendere non mancano affatto e spesso sono pure gestiti da persone competenti, al contrario di altri campi come la pseudomedicina o le teorie del complotto: il sito di Aranzulla, HTML.it, lo stesso nostro sito si occupa anche del settore informatico e YouTube di tutorial ne è pieno; è solo pigrizia o c’è dell’altro?
Cosa spinge l’utente medio a non “informatizzarsi”, meglio?
Le cause possono essere molte, ma andiamo con ordine.
La prima è la percezione di “pericolosità” dell’azione in ambito informatico.
Riguardi le competenze in ambito informatico nel mondo del lavoro, salvo vari campi informatici (tipo programmatore), non c’è la percezione di “pericolosità” del non conoscere a fondo gli strumenti (smartphone, tablet, etc.); detto in modo superficiale: anche se sei una capra totale in campo informatico, molto probabile che non perdi il posto di lavoro a prescindere dai danni che fai.
Questo perché molto spesso nemmeno i titolari hanno conoscenze informatiche sufficienti per poter giudicare la pericolosità dell’azione (o del comportamento digitale) di un loro dipendente.
Un’altra causa è “tanto c’è quello bravo che mi aiuta“; sebbene qui andiamo più in ambito “civile”, nel senso, persone non proprio “così” anziane da non saper usare uno smartphone, non è raro che qualcuno di questi personaggi si affidi a qualcun altro per le ricerche di prodotti su Amazon o cose del genere.
Nel momento però in cui “l’aiutante” non è disponibile, vanno nel panico: eppure basterebbe cercare “come acquistare con la carta di credito”, “come si acquista su Ebay” o cose del genere sui motori di ricerca, per trovare la risposta.
Non si può (sempre) relegare le cose personali ad altri, soprattutto riguardo smartphone, tablet e PC i quali “maneggiano” dati (per l’appunto) personali, ma questa cosa sembra sfuggire agli stessi utilizzatori.
Altro esempio terra terra: iscriversi a Facebook, sono convinto che almeno un 50-60% delle persone che conosci non si sono creati il profilo Facebook per conto loro, ma hanno chiesto a qualcun altro. Anche qui: bastava cercare un tutorial su YouTube, su Google su sito di Aranzulla e compagnia bella.
Brutto da dire: ma purtroppo molti “dormono”, non si rendono conto che esistono dei comportamenti da tenere per tenere sicuri i propri dati.
Un’altra causa si può individuare nella mancanza di formazione a livello scolastico: effettivamente la scuola non si occupa generalmente di queste cose e, nel caso lo faccia, non lo fa come dovrebbe.
Curioso che con l’informazione a portata di mano ci siano difficoltà sulle cose più banali, vero?
Detto questo: non ho messo esempi concreti o link a riguardo, perché i motori di ricerca sono alla portata di tutti e non c’è bisogno di farti da balia, se non sai come fare i calcoli in Excel (ad esempio) digitare su Google per cercare come fare lo puoi fare anche tu, non devi essere un… informatico.