Il caso di Paola Pettinà, la falsa badante accusata dell’omicidio dell’81enne Imelda Stevan e di altri tre decessi sospetti, si presenta sempre più inquietante e complesso. Le indagini dei Carabinieri, tuttora in corso, delineano il profilo di una donna capace di manipolare e sfruttare la vulnerabilità di anziani indifesi, somministrando loro dosi letali di farmaci.
Paola Pettinà: la storia di una donna che giocava con la vita
Dalle indagini emerge un modus operandi preciso: Pettinà, spacciandosi per assistente socio sanitaria, si insinuava nella fiducia delle sue vittime e dei loro familiari, offrendo assistenza domiciliare. Una volta acquisita la loro fiducia, iniziava a somministrare dosi massicce di farmaci ansiolitici, come Tavor, Xanax e Lorazepam, con l’obiettivo di sedare gli anziani e renderli più gestibili. In alcuni casi, queste dosi eccessive si sono rivelate letali, come nel caso di Imelda Stevan.
Oltre all’omicidio di Imelda Stevan, Paola Pettinà è indagata per altri tre decessi sospetti, avvenuti nelle stesse circostanze. Inoltre, sono emersi altri cinque tentati omicidi, tra cui quello dell’ex compagno. La donna, infatti, sembrava avere un’escalation criminale inarrestabile, passando da somministrazioni di farmaci per sedare gli anziani a dosi letali, con l’obiettivo, forse, di eliminare qualsiasi ostacolo alla sua azione.
Per portare avanti il suo piano criminoso, aveva messo a punto un sistema per procurarsi ingenti quantità di farmaci. Utilizzando fotocopie di ricette in bianco, riusciva a ottenere dalle farmacie le sostanze necessarie per avvelenare le sue vittime. Le indagini dei Carabinieri hanno portato al sequestro di 272 confezioni di Xanax, acquistate dalla donna in pochi mesi.
Di fronte alle accuse, si è difesa sostenendo di aver “esagerato con le benzodiazepine” ma di non aver voluto far del male alle persone che assisteva. Una giustificazione che appare quantomeno inquietante, alla luce della gravità dei fatti a lei contestati. Le indagini sono ancora in corso e potrebbero riservare ulteriori sviluppi. Il Gip, nel corso dell’interrogatorio, ha sottolineato la propensione della donna alla menzogna, evidenziando la necessità di approfondire ulteriormente i fatti.
Il caso di Paola Pettinà solleva interrogativi sulla sicurezza degli anziani che vivono da soli e sulla necessità di rafforzare i controlli sulle assistenti domiciliari. Inoltre, pone l’accento sull’importanza di una corretta somministrazione dei farmaci e sulla necessità di prevenire e contrastare fenomeni di abuso e maltrattamento degli anziani ed è è un monito sulla fragilità di chi, per età o condizioni di salute, si trova in una situazione di dipendenza. È fondamentale che le istituzioni mettano in atto tutte le misure necessarie per tutelare le persone più deboli e per garantire che casi come questo non si ripetano.
La dolcezza dell’angelo nero: la doppia vita della badante seriale
Dietro il sorriso rassicurante e le parole rassicuranti di “Paoletta”, si celava un abisso di inganni e, forse, di crudeltà. Paola Pettinà, la badante 46enne arrestata con l’accusa di aver ucciso un’anziana donna e di aver tentato di ucciderne altre quattro, ha costruito una solida reputazione nel mondo dell’assistenza agli anziani, celando abilmente un passato oscuro e una personalità manipolatrice.
Sui suoi profili Facebook, “Paoletta” si presentava come un’operatrice socio-sanitaria (OSS) esperta, pronta a dispensare consigli e supporto alle famiglie alla ricerca di assistenza per i propri cari. Immagini di sé sorridente, frasi motivazionali e l’immancabile cuore incorniciato con la scritta “OSS” contribuivano a creare l’immagine di una donna premurosa e dedicata al suo lavoro.
Le indagini hanno rivelato che la formazione di Paola Pettinà nel settore sanitario era quantomeno dubbia. Nonostante le affermazioni sui corsi frequentati per diventare estetista e commerciante, non sono emerse prove concrete del conseguimento di qualsivoglia specializzazione in assistenza. Il titolo di OSS, dunque, sembrava essere stato un escamotage per conquistare la fiducia delle famiglie e garantirsi un lavoro redditizio.
La sua abilità nel manipolare le persone e nella recitazione le ha permesso di tessere una fitta rete di inganni. Le famiglie che si affidavano a lei per l’assistenza dei propri cari venivano rassicurate dalla sua apparente competenza e dalla sua disponibilità. Pettinà si presentava come una figura di riferimento, una presenza rassicurante in grado di far sentire al sicuro gli anziani e i loro familiari. La sua capacità di instaurare rapporti di fiducia si è rivelata fondamentale per mettere in atto i suoi piani. Le vittime, spesso sole e fragili, si sono affidate ciecamente a lei, aprendole le porte di casa e confidandole i loro segreti.
Dietro la maschera della brava badante si celava un volto oscuro. L’arresto di Paola Pettinà ha fatto emergere un quadro inquietante: una donna narcisista, senza scrupoli e con una forte propensione alla manipolazione. L’accusa di omicidio e di tentato omicidio ha scosso profondamente la comunità vicentina, sollevando interrogativi sulla fragilità di un sistema che, in alcuni casi, sembra non essere in grado di garantire la sicurezza delle persone più deboli.
La dipendenza da farmaci e le accuse di furto
Il quadro che emerge dall’indagine sulla figura di Paola Pettinà, la badante accusata di omicidio e tentato omicidio, si fa sempre più inquietante. Oltre alle accuse di aver somministrato dosi letali di farmaci agli anziani che assisteva, emergono nuovi dettagli sulla sua condotta, che delineano il profilo di una donna manipolatrice e senza scrupoli, capace di tessere una rete di inganni sempre più complessa.
Non solo omicidi e tentati omicidi. A carico di Pettinà pesano anche accuse di furto. Anche quando nelle case degli anziani che assisteva sparivano gioielli di valore, la donna riusciva a far ricadere la colpa sulle vittime, manipolando i familiari e convincendoli della loro distrazione. Un episodio emblematico riguarda il furto di 3000 euro ai danni di un’anziana signora. Anche in questo caso, è riuscita a stravolgere la realtà, facendo incolpare la vittima. La sua abilità nel mentire e nel manipolare le persone le ha permesso di agire indisturbata per lungo tempo.
La dipendenza da farmaci sembra essere stata un altro elemento chiave nella sua condotta criminale. Le indagini hanno rivelato che era un’assidua consumatrice di benzodiazepine, farmaci che acquistava in grandi quantità, anche senza prescrizione medica, presso farmacie compiacenti. Questa dipendenza potrebbe aver contribuito a rendere la sua personalità ancora più instabile e imprevedibile.
Il profilo social di Paola Pettinà, che si presentava come un’operatrice sanitaria premurosa e attenta ai bisogni degli anziani, nascondeva un altro aspetto della sua personalità. Oltre alle foto sorridenti e alle frasi motivazionali, emergeva un interesse morboso per i farmaci. La donna “recensiva” infatti le farmacie dove riusciva a procurarsi le benzodiazepine, manifestando una vera e propria passione per queste sostanze.
L’immagine che emerge da queste nuove rivelazioni è quella di una donna complessa e contraddittoria, capace di mostrarsi gentile e premurosa in pubblico, mentre in privato agiva in modo spietato. La sua capacità di manipolare le persone, unita alla sua dipendenza da farmaci, ha creato un cocktail letale che ha portato alla morte di almeno un’anziana e ha messo a rischio la vita di altre quattro persone.
Restano ancora molte domande senza risposta. Come ha fatto Paola Pettinà a conquistare la fiducia delle famiglie degli anziani? Quali sono le responsabilità delle farmacie che le hanno venduto i farmaci senza prescrizione? E, soprattutto, quali sono i motivi che l’hanno spinta a compiere gesti così efferati?
Dietro il sorriso rassicurante di Paola Pettinà si celava un abisso di perversione. La sua storia ci insegna che la natura umana può riservare sorprese inattese e che anche le persone più apparentemente normali possono nascondere un lato oscuro. È fondamentale comprendere le dinamiche psicologiche che spingono individui come lei a compiere gesti così efferati.
La dipendenza da farmaci e la capacità di manipolare le persone hanno rappresentato gli strumenti principali attraverso cui Paola Pettinà ha messo in atto i suoi piani criminali. Questa vicenda ci invita a riflettere sul legame tra dipendenza, personalità disturbata e criminalità. Il suo caso mette in luce le falle di un sistema che non sempre riesce a garantire la sicurezza degli anziani. È necessario rivedere le procedure di controllo e selezione del personale che opera nel settore dell’assistenza domiciliare, introducendo meccanismi più rigorosi per verificare le competenze e l’affidabilità dei candidati.