Uno studio guidato dalla Hong Kong Polytechnic University ha identificato una fonte spesso trascurata ma crescente dell’inquinamento da ozono: le emissioni di acido nitroso (HONO) provenienti dal suolo e questo composto, frutto delle attività microbiche e dell’uso agricolo dei fertilizzanti, contribuisce in modo significativo alla formazione dell’ozono troposferico, aggravando sia il cambiamento climatico che i danni alla vegetazione.
HONO: un gas poco noto ma estremamente influente
Quando si parla di ozono atmosferico, si pensa subito ai gas di scarico o all’inquinamento urbano; tuttavia, le emissioni di HONO dal suolo (spesso sottovalutate) possono rappresentare fino all’80% del HONO presente nell’atmosfera e questo gas, sebbene instabile, è un potente promotore della formazione di ozono perché genera ossidi di azoto (NOₓ), precursori fondamentali nell’interazione con i composti organici volatili (VOC).

Il team guidato dal professor Tao Wang ha raccolto dati da oltre cento studi sperimentali, integrandoli in un modello climatico-chimico avanzato (CAM-Chem) che tiene conto di variabili come temperatura e umidità del suolo, uso dei fertilizzanti, ma anche parametri più complessi come tessitura del terreno e attività microbiche.
Un impatto concreto: ozono in crescita del 2,5% annuo
Secondo le simulazioni, tra il 1980 e il 2016 le emissioni di HONO dal suolo sono aumentate da 9,4 a 11,5 teragrammi di azoto e questo ha comportato un aumento medio annuo del 2,5% nella concentrazione di ozono a livello del suolo, con picchi localizzati fino al 29%; un dato preoccupante se si considera che l’ozono danneggia le piante, riduce la produttività agricola e compromette la capacità della vegetazione di assorbire CO₂.

A livello globale, l’emisfero nord è responsabile di circa due terzi delle emissioni, con l’Asia in prima linea (37,2% del totale); le zone più colpite sono le aree agricole di India, Cina orientale, Nord America, Europa e Sud America.
Paradosso ambientale: le zone meno inquinate rischiano di più
Lo studio ha rivelato che le zone con basse emissioni antropiche sono le più vulnerabili all’impatto delle emissioni di HONO. In questi contesti, dove i livelli di NOₓ sono bassi ma quelli di VOC restano elevati, basta un piccolo aumento dei NOₓ (dovuto al suolo) per causare un’impennata nei livelli di ozono: con la riduzione delle emissioni industriali a livello globale, sempre più regioni stanno entrando in questo regime “NOₓ-limitato”.
La sfida futura: monitorare e mitigare
Secondo il professor Wang, i cambiamenti climatici e l’incremento nell’uso di fertilizzanti continueranno a far crescere le emissioni di HONO dal suolo, rischiando di annullare parte dei benefici ottenuti con la riduzione dell’inquinamento urbano e per questo, lo studio raccomanda di includere queste emissioni nei piani strategici per la qualità dell’aria, ma anche di adottare pratiche agricole più sostenibili, come la fertilizzazione profonda o l’impiego di inibitori della nitrificazione.

Conclusione
Questo studio apre un nuovo fronte nella comprensione delle interazioni tra agricoltura, clima e qualità dell’aria; le emissioni invisibili del suolo si stanno rivelando un attore chiave nella chimica dell’atmosfera e nella crisi climatica e per affrontare davvero il problema dell’inquinamento da ozono, sarà sempre più importante guardare anche sotto i nostri piedi.