Fiumi, torrenti, laghi e bacini artificiali non sono solo elementi scenografici del nostro paesaggio e va da sé che sono anche motori vitali per la vita sulla Terra; queste acque interne “respirano” ossigeno, proprio come noi, ma un nuovo studio guidato da ricercatori dell’Università di Utrecht dimostra che le stiamo soffocando da oltre un secolo, in quella che è nota come l’era dell’Antropocene.
La ricerca, pubblicata oggi su Science Advances, rivela che il modo in cui l’ossigeno viene prodotto e utilizzato nelle acque interne è cambiato radicalmente dal 1900. Verso chi puntare il dito, quindi? Manco a dirlo le attività umane.
Come l’ossigeno sta “scadendo”
L’ossigeno, risorsa fondamentale per la vita sulla Terra, svolge anche un ruolo importante in altri cicli dei nutrienti come quelli del carbonio e dell’azoto e la diminuzione di ossigeno nelle acque, chiamata ipossia, sta causando problemi.

Si stanno accumulando in vari ecosistemi costieri e di acqua dolce. Il risultato? Pesci che muoiono, catene alimentari sconvolte, qualità dell’acqua compromessa e molto altro, fenomeni che stanno già colpendo gli ecosistemi d’acqua dolce in tutto il mondo eq uesto studio mostra che non si tratta solo di un problema dislocato in qualche zona qua e là: è proprio un problema planetario.
Dietro la perdita di O2: un ciclo accelerato
Un gruppo di ricercatori, guidati dagli scienziati della Terra Junjie Wang e Jack Middelburg dell’Università di Utrecht, ha sviluppato per la prima volta un modello globale che descrive l’intero ciclo dell’O2 nelle acque interne di tutto il mondo. “Con questo modello offriamo la comprensione più completa possibile di questo ciclo su larga scala, in modo da poter individuare in anticipo i problemi legati all’ossigeno, comprenderne le cause e, si spera, intervenire in tempo“, spiega Jack Middelburg.
Le acque interne sono diventate molto più “attive” dal punto di vista dell’O2; il team ha scoperto che il “ricambio di ossigeno” globale (ovverosia quanto ossigeno viene prodotto e consumato) è aumentato; ma ecco il curioso colpo di scena: queste acque consumano più ossigeno di quanto ne producano, diventando così un crescente “pozzo” di ossigeno atmosferico.
La causa? Ironica della sorte c’è l’agricoltura di mezzo
“Più agricoltura, più acque reflue, più dighe e un clima più caldo; tutto ciò cambia il funzionamento dei nostri ecosistemi d’acqua dolce“, afferma Junjie Wang: con più nutrienti che scorrono in fiumi, laghi e bacini, le alghe crescono più velocemente, ma quando muoiono e si decompongono, consumano enormi quantità di ossigeno. “Abbiamo scoperto che le cause principali risiedono in queste attività umane dirette. Innanzitutto, l’eccessivo apporto di nutrienti, ad esempio attraverso la sovrafertilizzazione, è un fattore determinante di questa accelerazione. In secondo luogo, il tempo di permanenza più lungo delle acque dolci prima di raggiungere il mare, dovuto alla costruzione di dighe e bacini, si è rivelato altrettanto importante“, afferma Jack Middelburg.
Allo stesso tempo, impatti umani indiretti come l’aumento delle temperature rendono l’ossigeno meno solubile in acqua, ne rallentano il trasporto verticale nella colonna d’acqua e accelerano i processi che lo consumano. “Finora, il consenso nella letteratura scientifica era che l’aumento delle temperature fosse la causa principale di questa accelerazione. Ma il nostro modello mostra che il riscaldamento contribuisce solo per circa il 10-20% a questo fenomeno“, sostiene Junjie Wang.
L’impronta dell’antropocene
Questo studio ha mostrato che il ciclo dell’ossigeno moderno nelle acque interne non somiglia affatto a quello dei primi anni del 1900. “Anche se queste acque coprono solo una piccola frazione della superficie terrestre, oggi rimuovono quasi 1 miliardo di tonnellate di ossigeno dall’atmosfera ogni anno; in totale, circa la metà di quanto l’intero oceano restituisce“, afferma Middelburg, ma “non possiamo più ignorare le acque interne nei bilanci globali del clima e dell’ossigeno”, aggiunge Junjie Wang. “Stanno cambiando più rapidamente di quanto pensassimo, e sono pezzi fondamentali del puzzle del sistema terrestre.“