Un team internazionale di scienziati ha stabilito un nuovo record di temperatura e ribaltato una teoria scientifica che durava da decenni; in uno studio pubblicato su Nature il 23 luglio, i ricercatori sono riusciti a portare l’oro a oltre 19.000 Kelvin (circa 33.740 °F), ossia 14 volte il suo punto di fusione, senza che perdesse la sua forma cristallina.

“Questo è probabilmente il materiale cristallino più caldo mai registrato”, ha detto Thomas White, Università del Nevada, Reno
Addio “catastrofe entropica”
Secondo la teoria della “catastrofe entropica”, un solido non può restare stabile a più di tre volte la sua temperatura di fusione: superata questa soglia, fonderebbe spontaneamente e nel caso dell’oro (punto di fusione: 1.337 Kelvin), il team è andato ben oltre, utilizzando un laser potentissimo dello SLAC National Accelerator Laboratory di Stanford.

La chiave del successo? Velocità estrema: una lamina d’oro è stata colpita da un impulso laser di appena 50 quadrilionesimi di secondo, riscaldandosi così rapidamente da rimanere solida.
Un termometro da 3 km
Per misurare la temperatura interna, i ricercatori hanno usato la Linac Coherent Light Source, un laser a raggi X lungo 3 chilometri, definito da White come “il termometro più grande del mondo”. Questa tecnica ha permesso di misurare, per la prima volta, la temperatura interna di un plasma denso.
“Questa scoperta potrebbe rivoluzionare la fisica delle alte densità energetiche e la ricerca sulla fusione”, Bob Nagler, SLAC
Implicazioni: dalla fusione alla fisica planetaria
Il risultato apre nuove strade nello studio dei materiali surriscaldati e degli ambienti ad altissima energia. Le applicazioni spaziano dalla ricerca sulla fusione nucleare alla comprensione della struttura interna dei pianeti.

Il progetto è frutto di oltre dieci anni di lavoro e collaborazioni tra università come Oxford, Padova, Princeton e Columbia, con il supporto della National Nuclear Security Administration.
White e il suo team sono già tornati allo SLAC per applicare la stessa tecnica al ferro compresso, con l’obiettivo di ricreare le condizioni presenti nei nuclei planetari.