In un recente studio pubblicato sulla rivista Nature Communications, per la prima volta, i ricercatori hanno dimostrato che gli organoidi cerebrali, ovvero dei mini cervelli umani, sono in grado di formare connessioni funzionali con il tessuto cerebrale del topo e di rispondere agli stimoli visivi.
Dopo aver impiantato gli organoidi cerebrali nelle cortecce degli animali, gli autori dello studio hanno utilizzato una varietà di tecniche di imaging per confermare la formazione di “sinapsi uomo-topo”.
Negli ultimi anni, gli organoidi cerebrali sono emersi come un modello promettente per lo studio dello sviluppo e dei disturbi neurologici. Create da cellule staminali, queste repliche corticali in miniatura producono la propria attività neurale, ma non erano mai state osservate in precedenza collegarsi con i tessuti circostanti per partecipare a una risposta sincronizzata agli stimoli esterni.
L’ostacolo principale alla dimostrazione di questo fenomeno è sempre stato tecnologico, poiché gli array di elettrodi esistenti non sono abbastanza sottili da registrare un’attività così sfumata, tuttavia i ricercatori sono stati in grado di superare questo ostacolo utilizzando nanoparticelle di platino per creare array di microelettrodi di grafene trasparenti.
Quando ai topi è stato presentato uno stimolo visivo di luce bianca, i ricercatori sono stati in grado di utilizzare questi elettrodi impiantati per misurare simultaneamente l’attività neurale negli organoidi e nel tessuto cerebrale circostante, così facendo, hanno rivelato che entrambi hanno reagito allo stimolo allo stesso modo.
“Nessun altro studio è stato in grado di registrare otticamente ed elettricamente allo stesso tempo. I nostri esperimenti rivelano che gli stimoli visivi evocano risposte elettrofisiologiche negli organoidi, corrispondenti alle risposte della corteccia circostante.”
ha spiegato l’autore dello studio Madison Wilson in una dichiarazione.
Come si è evoluto lo studio degli organoidi cerebrali
Utilizzando una tecnica di microscopia altamente raffinata chiamata imaging a due fotoni, il team è stato in grado di dimostrare che i vasi sanguigni del topo avevano iniziato a estendersi negli organoidi del cervello umano, fornendo loro nutrienti ed energia. Anche l’attività delle onde cerebrali all’interno degli organoidi si è sincronizzata con quella del tessuto circostante, indicando che erano state stabilite connessioni funzionali tra i tessuti corticali umani e del topo entro tre settimane dall’impianto.
“Con gli elettrodi metallici convenzionali, non avremmo avuto un campo visivo chiaro per esaminare l’innesto organoide e la vicinanza alla corteccia sensoriale”
scrivono i ricercatori, aggiungendo:
“il successo dei nostri esperimenti dipendeva dall’ingegnerizzazione di dispositivi di grafene flessibili e trasparenti .”.
Gli autori dello studio hanno continuato le loro osservazioni per undici settimane e hanno dimostrato che gli organoidi del cervello umano si integrano funzionalmente e morfologicamente nelle cortecce del topo.
“Prevediamo che, più avanti lungo la strada, questa combinazione di cellule staminali e tecnologie di neuroregistrazione sarà utilizzata per modellare la malattia in condizioni fisiologiche a livello di circuiti neuronali, esaminare i trattamenti candidati sul background genetico specifico del paziente e valutare gli organoidi potenziale per ripristinare specifiche regioni cerebrali perdute, degenerate o danneggiate”
scrivono infine, in quello che potrebbe essere un importantissimo step futuro per ulteriori studi e chissà, magari in un futuro non troppo lontano potranno essere usati anche sugli umani.
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