Per secoli i marinai hanno raccontato storie di onde anomale gigantesche che apparivano dal nulla, talmente grandi da sembrare leggendarie e per molto tempo, però, la scienza ha liquidato queste testimonianze come esagerazioni.

Tutto cambiò il 1° gennaio 1995, quando un’onda alta circa 24 metri colpì la piattaforma petrolifera Draupner nel Mare del Nord. Non si trattò solo di un evento spettacolare: per la prima volta nella storia, un’onda anomala venne misurata con strumenti ufficiali. Era la prova che queste mostruosità marine erano reali.
Dal mito alla ricerca
Quell’unica misurazione cambiò radicalmente la prospettiva degli studiosi e aprì decenni di dibattiti su come possano formarsi le onde anomale.

Un team guidato da Francesco Fedele, professore associato al Georgia Tech, ha deciso di affrontare la questione in modo sistematico. I ricercatori hanno analizzato 27.500 registrazioni di onde raccolte in 18 anni nel Mare del Nord: il dataset più completo mai esaminato.
Il risultato? Le onde anomale non sono “eccezioni” inspiegabili, ma frutto delle stesse leggi fisiche che regolano l’oceano.
Onde straordinarie, fisica ordinaria
Per anni la teoria più diffusa era quella della instabilità modulazionale: un effetto per cui piccole variazioni nel ritmo delle onde concentrano energia in un singolo colosso.
Ma i dati del Mare del Nord raccontano un’altra storia; secondo Fedele, le onde anomale si spiegano soprattutto con due meccanismi:
- Focalizzazione lineare: onde che viaggiano a diverse velocità e direzioni finiscono per sovrapporsi nello stesso punto, formando una cresta molto più alta.
- Nonlinearità naturali: la forma dell’onda si deforma, con creste più ripide e cavi più piatti, aumentando l’altezza complessiva anche del 20%.
Quando questi due effetti si combinano, il mare può produrre improvvisamente un’onda fuori scala.
Non un mito, ma un pericolo concreto
Queste scoperte non sono solo accademiche: hanno implicazioni pratiche enormi. Le onde anomale rappresentano una minaccia reale per navi, piattaforme petrolifere e strutture costiere.
Oggi molte previsioni le trattano ancora come eventi imprevedibili, ma secondo Fedele “sono estreme, ma spiegabili“. Aggiornare i modelli è essenziale per la sicurezza.

Non a caso, enti come la NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) e aziende come Chevron già utilizzano i modelli del ricercatore per migliorare le previsioni.
Machine Learning e futuro delle previsioni
Fedele sta ora applicando il machine learning a decenni di dati oceanici, addestrando algoritmi a riconoscere i segnali che precedono la formazione di un’onda anomala e l’obiettivo è fornire strumenti predittivi sempre più precisi.
La lezione, in fondo, è semplice: le onde anomale non violano le leggi della natura, ne sono il risultato più raro e spettacolare.
Come conclude lo stesso Fedele: “Le onde anomale sono semplicemente una brutta giornata in mare. Sono eventi estremi, ma fanno parte del linguaggio dell’oceano. Stiamo solo imparando ad ascoltarlo.”