I tentativi di restituire la vista ai non vedenti e potenziare quella di soggetti ipovedenti sono stati numerosi, ma sempre perfettibili.
Già dalla fine del 2019 si parlava di un dispositivo cerebrale per ipovedenti a cui venne dato il nome di Orion, device prodotto dalla Second Sight, in collaborazione con l’Università della California di Los Angeles e il Baylor College of Medicine del Texas.
Dispositivo cerebrale per ipovedenti: Orion
Orion è il nome di una protesi visuale corticale che nel dicembre del 2019 promise di restituire la vista ai pazienti parzialmente non vedenti: 5 uomini ed una donna. Si tratta di un dispositivo composto da 60 elettrodi, progettato con 3 componenti fondamentali: una micro telecamera collegata a degli occhiali che registra l’ambiente circostante, un’unità portatile di elaborazione dei segnali e un impianto in corrispondenza della corteccia visiva.
Pensato per quelle persone che hanno perso la vista per traumi o deterioramento del nervo ottico, ma con la corteccia visiva funzionante, Orion traduce le immagini registrate dalla telecamera in pattern di stimolazione riuscendo a bypassare occhi e nervo ottico.
Daniel Yoshor, neurochirurgo del Baylor, ha detto a tal proposito: “Teoricamente, se avessimo centinaia di migliaia di elettrodi nel cervello, potremmo produrre una ricca immagine visiva. Pensa a un dipinto che utilizza il puntinismo, in cui migliaia di piccoli punti si uniscono per creare un’immagine completa. Potremmo potenzialmente fare lo stesso stimolando migliaia di punti sulla parte occipitale del cervello”.
Dispositivo cerebrale per ipovedenti: nuovi studi
Uno studio pubblicato sul giornale Cell apre le frontiere degli elettrodi cerebrali capaci di fare vedere gli ipovedenti: si tratta di un team di ricercatori del Baylor College of Medicine di Houston che ha sviluppato un impianto capace di aiutare non vedenti e ipovedenti a “vedere” la forma delle lettere.
Sempre Daniel Yoshor ha dichiarato: “Applicando la stimolazione elettrica per tracciare dinamicamente delle lettere direttamente nel cervello, i pazienti sono stati in grado di vedere le forme delle lettere e di identificare correttamente le diverse lettere e hanno descritto di aver visto punti luminosi o linee che formano le lettere, come se fossero delle scritte nel cielo“.
I tentativi passati di stimolare la corteccia visiva avevano avuto un minor successo. I primi esperimenti trattavano ogni elettrodo come un pixel, attivando molti elettrodi contemporaneamente.
I pazienti potevano evidenziare punti di luce, ma avevano difficoltà a distinguere oggetti o forme. “Anziché provare a costruire forme da più punti di luce, abbiamo tracciato contorni“, ha chiarito Michael Beauchamp, primo autore dello studio. “L’ispirazione è venuta dall’idea di tracciare una lettera nel palmo della mano di qualcuno”.
“La corteccia visiva primaria, dove sono stati impiantati gli elettrodi, contiene mezzo miliardo di neuroni. In questo studio abbiamo stimolato solo una piccola parte di questi neuroni con una manciata di elettrodi. Un prossimo passo importante sarà lavorare con i neuroingegneri per sviluppare una rete di migliaia di elettrodi, in modo da avere una stimolazione più precisa. Insieme al nuovo hardware, degli algoritmi di stimolazione migliorati ci aiuteranno a realizzare il sogno di fornire informazioni visive utili ai non vedenti” ha sottolineato Beauchamp.
Un dispositivo cerebrale per ipovedenti, se realizzato, potrebbe migliorare notevolmente la qualità della vita dei soggetti che hanno subito traumi o deterioramento del nervo ottico: “La capacità di rilevare la forma di un membro della famiglia o di consentire una navigazione più indipendente sarebbe un progresso meraviglioso per molti pazienti non vedenti“, ha concluso Yoshor.