Immagina un telescopio così potente da riuscire a scrutare le culle dove nascono i pianeti. Ora smetti di immaginare: sta arrivando davvero. Si chiama Next-Generation Very Large Array (o ngVLA, per gli amici), e se otterrà i fondi necessari, sarà la prossima rivoluzione della radioastronomia.
Un progetto colossale, sia per dimensioni che per ambizione: scoprire i “bambini” dei sistemi solari, cioè le primissime fasi di vita di nuovi mondi. E stavolta non è fantascienza, anche se il telescopio ha già fatto una comparsata nel film Contact (ok, era la versione precedente, ma ci siamo capiti).
Cos’è il Next-Generation Very Large Array?
Partiamo dalle basi: ngVLA è il successore spirituale (e tecnologico) del Very Large Array che si trova nel New Mexico. Quel VLA lo hai visto in mille documentari — e sì, anche in quel film con Jodie Foster in cuffia ad ascoltare gli alieni.
La nuova versione sarà composta da 27 antenne gigantesche, tutte con la classica forma a “piatto” che sembra uscita da un film sci-fi. Le antenne verranno distribuite in una configurazione a Y, coprendo una distanza massima di ben 22 miglia (circa 35 km). Ma qui arriva il bello: quando tutte queste antenne si puntano nello stesso punto del cielo e lavorano insieme, diventano di fatto un unico telescopio grande come l’intero sistema.
Hai presente una mega lente collettiva da 22 miglia? Ecco, è quello.
Perché questo telescopio è diverso dagli altri?

Il ngVLA non è un semplice upgrade. È un salto generazionale. Sarà in grado di catturare onde radio a frequenze mai raggiunte con questa risoluzione, e di farlo con una sensibilità impressionante.
Tradotto: potrà vedere dettagli piccolissimi in oggetti lontanissimi. Ma soprattutto, potrà “osservare” fenomeni invisibili per i telescopi ottici, come la formazione dei pianeti all’interno dei dischi protoplanetari. In pratica, potremo assistere al momento in cui si accende la scintilla che dà vita a un sistema solare.
E no, nessun altro strumento oggi può farlo così.
Il vero obiettivo: scoprire nuovi mondi
Tra i vari compiti previsti per il ngVLA, ce n’è uno che fa brillare gli occhi a chiunque ami lo spazio: trovare i “bambini” dei sistemi solari. Quei pianeti in fasce, ancora immersi nella polvere e nel gas, che stanno appena iniziando a formarsi attorno a una giovane stella.
Per la scienza, queste osservazioni saranno fondamentali. Capire come si formano i pianeti significa anche comprendere meglio il nostro passato, e chissà, magari anche scoprire nuovi candidati abitabili.
E no, non stiamo parlando di scenari lontani nel tempo: con la sensibilità e la precisione del ngVLA, potremmo iniziare ad avere risposte concrete in pochi anni dal suo lancio.
A che punto siamo con il progetto?
Attualmente il Next-Generation Very Large Array è ancora nella fase di progettazione avanzata, ma non è più solo un’idea sulla carta. I prototipi, le simulazioni e gli studi scientifici sono già a buon punto.
Il nodo cruciale, come spesso accade, è il finanziamento. Il progetto è supportato dal National Radio Astronomy Observatory (NRAO), ma servono fondi federali e partner internazionali per passare dalla teoria alla costruzione.
Se tutto andrà secondo i piani, le prime antenne potrebbero iniziare a trasmettere dati nella prossima decade.
Un’eredità da film (letteralmente)
Il nuovo ngVLA eredita il fascino e il prestigio del VLA originale, entrato nell’immaginario collettivo anche grazie a Hollywood. Se hai visto Contact (1997), ricorderai la scena iconica con le parabole che si muovono sotto un cielo stellato. Quelle erano le antenne del VLA, e per molti sono state la porta d’ingresso alla scienza astronomica.
Il ngVLA, però, punta molto più in alto. Sarà decine di volte più sensibile, con una risoluzione che farebbe impallidire anche Hubble (almeno sul fronte radio). Insomma, non solo degno erede, ma potenziale game changer.
Un passo verso il futuro (che vale la pena finanziare)
Ogni epoca ha i suoi occhi sul cielo. Per noi, il ngVLA potrebbe diventare quello strumento capace di cambiare il nostro modo di vedere l’universo. Ma per riuscirci, ha bisogno di essere costruito. Di essere finanziato. E di essere sostenuto, anche a livello pubblico.
Perché ogni grande scoperta parte da una scelta: decidere che guardare più lontano vale lo sforzo.
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No alieni (per ora), ma un sacco di spazio. Letteralmente.