I Neanderthal, nostri stretti parenti evolutivi, hanno abitato l’Eurasia per centinaia di migliaia di anni, lasciando tracce indelebili nella storia dell’umanità, cionononstante recenti ricerche hanno portato alla luce un evento catastrofico che potrebbe aver segnato l’inizio della loro lenta estinzione: un drastico crollo della popolazione avvenuto circa 110.000 anni fa.

Studi basati su analisi del DNA antico e su caratteristiche morfologiche dei fossili, indicano una significativa perdita di diversità genetica tra i Neanderthal di quel periodo, fenomeno noto come “collo di bottiglia genetico”, il quale suggerisce che la popolazione si ridusse a un numero molto limitato di individui, compromettendo la variabilità genetica necessaria per affrontare cambiamenti ambientali e altre sfide evolutive
Implicazioni per l’evoluzione umana
La riduzione della diversità genetica non solo rendeva i Neanderthal più vulnerabili a malattie e cambiamenti climatici, ma potrebbe anche aver influenzato le loro capacità cognitive e comportamentali, con alcuni studi che suggeriscono come la diminuzione della variabilità genetica potrebbe aver limitato l’innovazione culturale e tecnologica, fattori cruciali per la sopravvivenza in ambienti ostili.
Queste scoperte offrono una nuova prospettiva sull’estinzione dei Neanderthal, suggerendo che fattori interni alla loro popolazione, come la riduzione della diversità genetica, potrebbero aver avuto un ruolo più significativo di quanto precedentemente ipotizzato.
Comprendere questi eventi è fondamentale per ricostruire la complessa storia dell’evoluzione umana e per riconoscere le dinamiche che influenzano la sopravvivenza delle specie.
Come sappiamo, del resto, circa 110.000 anni fa, il pianeta entrava in una nuova fase climatica nota come glaciazione di Würm, la più recente tra le grandi ere glaciali. Questo evento segnò un cambiamento drastico per l’intero emisfero settentrionale, in particolare per l’Europa e l’Asia occidentale, dove i Neanderthal erano maggiormente insediati.
Le temperature scesero progressivamente, i ghiacci avanzarono e gli ecosistemi cambiarono radicalmente, e le foreste temperate scomparvero lasciando spazio a tundre e steppe fredde, impoverendo la disponibilità di cibo e costringendo molte specie animali a migrare o estinguersi.

Le radici profonde del collasso dei Neanderthal: tra clima, isolamento e genetica
Per una popolazione già non molto numerosa e fortemente localizzata, questi mutamenti ambientali rappresentarono una sfida esistenziale, e sebbene fossero cacciatori specializzati, basavano la loro sopravvivenza su grandi prede come mammut, bisonti e cervi, ma quando questi animali iniziarono a scarseggiare, la pressione sulle risorse aumentò.
L’incapacità di diversificare le strategie alimentari – in parte dovuta a limiti culturali e tecnologici – li rese particolarmente vulnerabili alla fame. Un altro fattore chiave che contribuì alla crisi dei Neanderthal fu l’isolamento crescente tra le comunità, le fluttuazioni climatiche e la geografia accidentata del continente eurasiatico contribuirono a separare gruppi che precedentemente condividevano conoscenze e si scambiavano membri attraverso reti sociali più ampie.
Questo isolamento fisico si trasformò presto in isolamento genetico: senza scambi regolari tra i gruppi, le popolazioni locali divennero sempre più piccole e consanguinee. L’effetto domino di questa frammentazione fu la perdita progressiva di variabilità genetica, che non solo rendeva più difficile adattarsi a nuovi patogeni o a stress ambientali, ma aumentava anche la probabilità di trasmettere malattie genetiche o tratti svantaggiosi.
Il fenomeno è ben documentato oggi anche in popolazioni animali moderne isolate, come ad esempio i ghepardi africani o alcune popolazioni di orsi polari.
Prove genomiche: il DNA parla
Il DNA antico ha rivoluzionato la paleoantropologia negli ultimi due decenni, grazie al sequenziamento di genomi neanderthaliani da diversi siti archeologici europei e asiatici, gli scienziati hanno potuto ricostruire in dettaglio l’evoluzione genetica della specie. Una delle scoperte più eclatanti è proprio la riduzione drastica della diversità genetica nei Neanderthal a partire da circa 110.000 anni fa.

Le firme genetiche indicano non solo un “collo di bottiglia” demografico – cioè un’improvvisa contrazione della popolazione – ma anche una scarsa capacità di ripresa nei millenni successivi, in altre parole, nonostante le popolazioni si siano espanse nuovamente in alcune fasi interglaciali, non riuscirono mai a recuperare la diversità genetica perduta.
Un altro effetto del collasso fu il declino delle interazioni tra gruppi, con studi archeologici che indicano come la cultura materiale dei Neanderthal – strumenti, ornamenti, simboli – divenne più semplice e meno varia dopo questo periodo critico. La produzione di utensili litici mostrò meno innovazione e più ripetizione, forse indicativa di una trasmissione culturale sempre più chiusa e meno dinamica.
In questo contesto, l’idea che il declino dei Neanderthal sia stato un processo lento e multifattoriale, e non un evento improvviso, trova ulteriore conferma, pertanto il collasso demografico di 110.000 anni fa fu probabilmente solo il primo colpo di una lunga serie che, nel corso di decine di millenni, portò all’estinzione finale della specie.
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