Una nuova ricerca condotta da un gruppo di esperti della Rutgers Robert Wood Johnson Medical School, ha dimostrato una correlazione tra nascite premature (prima delle 37 settimane) e rischio aumentato per i bambini di ricevere una diagnosi di disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD).
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Pediatrics.
Nascite premature: perché potrebbero essere correlate allo sviluppo dell’ADHD?
L’ADHD, che colpisce più del 10% dei bambini in età scolare solo negli Stati Uniti, secondo i Centers for Disease Control and Prevention, si manifesta nella prima infanzia con sintomi di iperattività, impulsività o disattenzione e ha legami che sono stati riconosciuti nelle nascite premature (meno di 37 settimane gestazione).
La ricerca è tra le poche ad aver studiato le associazioni tra l’età gestazionale a termine (37-41 settimane) e una diagnosi o sintomi di ADHD. Bono solo, è il primo È il primo studio a includere le relazioni degli insegnanti.
“I rapporti degli insegnanti, insieme ai referti materni e alle valutazioni dei medici, forniscono un prezioso contributo per la diagnosi dell’ADHD”, ha affermato Nancy Reichman, autrice dello studio e Professoressa di pediatria presso la Rutgers Robert Wood Johnson Medical School: “I sintomi riferiti dalla madre generalmente riflettono comportamenti in casa o in piccoli gruppi familiari o sociali, mentre i sintomi riferiti dall’insegnante riflettono comportamenti in un contesto educativo strutturato da professionisti che lavorano con un gran numero di bambini e osservano la gamma di comportamenti che gli studenti esibiscono nelle aule”.
Reichman e la sua squadra di ricercatori, che ha incluso Geethanjali Linguasubramanian, collega di neonatologia della Rutgers Robert Wood Johnson Medical School, ha cercato di stimare le associazioni tra l’età gestazionale a termine, le nascite premature e i sintomi dell’ADHD nei bambini di 9 anni, urttilizzando i rapporti redatti dai loro insegnanti.
Durante il follow-up di nove anni, è stato ottenuto il consenso per contattare gli insegnanti dei bambini, ai quali è stato chiesto di valutare i propri studenti utilizzando la scala di valutazione degli insegnanti di Conners – Revised Short Form, che include sintomi di iperattività, ADHD, comportamento oppositivo e problemi cognitivi o disattenzione.
In particolare, i ricercatori hanno scoperto che ogni settimana di età gestazionale a termine sono state associate a punteggi di iperattività inferiori del 6% e ADHD e problemi cognitivi del 5% inferiori o punteggi di disattenzione, e che le nascite premature a 37-38 settimane sono state associate a punteggi di iperattività più alti del 23% e punteggi ADHD più alti del 17% rispetto alla nascita tra 39 e 41 settimane.
I bambini che hanno affrontato nascite premarure sono a maggior rischio di ADHD a causa dello sviluppo immaturo del cervello: “Tra le 34 e le 40 settimane di gestazione si osserva una crescita e uno sviluppo significativi in vari tipi di cellule cerebrali”, ha concluso Reichman. “I bambini nati a termine probabilmente traggono beneficio da una o due settimane aggiuntive di crescita del cervello in utero rispetto a quelli nati a termine”.
Ogni anno nascono nel mondo circa 15 milioni di neonati prematuri, cioè prima della 37ª settimana di gestazione, in Italia , i bambini che affrontano nascite premature sono oltre 30mila, il 6,9% delle nascite, tasso che con la pandemia è aumentato all’11,2% nei parti da donne con infezione da Sars-Cov-2 (Registro Covid Sin).
Le nascite premature comportano preoccupazioni ed ansie nei genitori, che si trovano davanti ad un evento di cui, spesso, conoscono poco. Ma l’Italia è tra i Paesi con il più basso tasso di mortalità al mondo di neonati molto prematuri, cioè di peso inferiore a 1500 grammi (11,9% media italiana dal Network InnSin rispetto alla media internazionale del 14,6% del Vermont Oxford Network).
Luigi Orfeo, Presidente della Società Italiana di Neonatologia (Sin), ha dichiarato: “Le cause della mortalità di questi neonati prematuri non può ricercarsi solo nella rete dei punti nascita sono tanti e diversi i fattori che influiscono sull’esito di una nascita pretermine come l’incidenza della povertà, l’accessibilità alle cure ed alla prevenzione, la mancanza di servizi ed infrastrutture nelle zone disagiate, percorsi di accompagnamento alla gravidanza poco diffusi, ecc”.
“Noi neonatologi facciamo del nostro meglio per migliorare la rete dei punti nascita italiani e ci stiamo impegnando per garantire l’accesso dei genitori senza limitazioni di orari, nelle Terapie Intensive Neonatali (Tin), dove i bambini nati pretermine vengono trasferiti e dove possono restare anche per mesi; per continuare a promuovere l’importanza dell’allattamento al seno e della donazione del latte materno, attraverso le Banche del Latte Umano Donato (Blud e per il riconoscimento dei Servizi di Follow-up neonatale”.
“Dal contatto pelle-a-pelle, al rooming-in, all’apertura delle Tin 24/24 h, i neonati prematuri hanno bisogno di stare con mamma e papà, per gli innumerevoli benefici che comporta questa vicinanza, di gran lunga superiori ai problemi che possono scaturire dal Coronavirus – ha aggiunto il Presidente della Sin Orfeo – i genitori non sono semplici visitatori, ma sono parte integrante delle cure e dobbiamo quindi fare tutto il possibile per promuovere il contatto con i loro piccoli”.
Secondo i dati raccolti dal SIN, riguardanti i bambini che hanno dovuto affrontare nascite premarure: “Nell’analisi degli esiti è importante precisare che il numero di nati per i quali sono state calcolate le frequenze delle patologie è variabile a causa di dati mancanti, inoltre per particolari patologie sono esclusi dal denominatore i deceduti prima della manifestazione dell’esito (in particolare displasia broncopolmonare e retinopatia). Le problematiche di tipo respiratorio sono sicuramente le più frequenti tra quelle registrate nel network (42% sotto le 37 settimane)”.
“Seguono, in ordine di frequenza, le crisi di apnea, la tachipnea transitoria, la pervietà del dotto arterioso, le sepsi tardive, la broncodisplasia, la leucomalacia periventricolare e le sepsi precoci. Analizzando i dati per classe di Eg – sottolinea la Sin – si confermano prevalenze più alte nei neonati di Eg < 31 settimane nei quali aumenta anche la gravità delle manifestazioni cliniche”.