Houston, abbiamo un problema. Ma stavolta non riguarda un razzo in avaria: è la Terra a restare senza supporto.
Durante un’intervista in diretta su Fox Business, l’attuale amministratore ad interim della NASA, nonché segretario ai trasporti Sean Duffy, ha dichiarato che l’agenzia spaziale americana smetterà di occuparsi di cambiamento climatico. L’intera divisione dedicata alle scienze ambientali? Tagliata. La nuova priorità? Solo ed esclusivamente esplorazione spaziale.
“Tutta la scienza sul clima e le altre priorità della precedente amministrazione saranno accantonate. La nostra missione è esplorare, non occuparci della Terra,” ha affermato Duffy senza mezzi termini.
Una svolta drastica ma non del tutto inattesa, considerando che l’amministrazione Trump ha sempre mostrato un approccio ostile verso la scienza climatica. Già in passato aveva oscurato rapporti ufficiali, bloccato la pubblicazione di dati e cancellato satelliti chiave per il monitoraggio ambientale. Ora è il turno della NASA, che per decenni è stata una colonna portante della ricerca sul nostro pianeta.
Cancellare la storia scientifica di NASA

La scelta di deviare bruscamente verso la sola esplorazione spaziale ignora un’eredità costruita dal 1960 in poi. NASA non ha studiato solo stelle e pianeti lontani, ma anche le dinamiche complesse del nostro mondo: atmosfera, oceani, deserti, calotte polari. I suoi satelliti e modelli hanno permesso di prevedere con precisione l’evoluzione climatica globale e di tracciare correlazioni tra eventi terrestri e fenomeni extraterrestri.
Per fare un esempio: le stesse tecniche usate per monitorare i cambiamenti sulla Terra vengono applicate per cercare segni di abitabilità su esopianeti. Fermare tutto questo vuol dire tagliare connessioni preziose tra scienza terrestre e spaziale.
Una decisione miope, che potrebbe costarci caro
La rimozione dei dati climatici dal sito della NASA era già un segnale preoccupante. Ma la cancellazione dei due satelliti dedicati al clima è qualcosa che molti scienziati definiscono “scioccante” e “potenzialmente illegale”. I rischi non sono solo scientifici, ma anche pratici: questi strumenti servono a monitorare uragani, incendi, siccità, impatti sull’agricoltura e sulla salute pubblica.
Rinunciare a questa rete di monitoraggio equivale a volare alla cieca in un’epoca in cui il clima cambia rapidamente. E non è un problema astratto: parliamo di perdita di dati cruciali per decisioni politiche, economiche e ambientali.
Una mancanza di rispetto verso chi lavora davvero per il futuro
La frase più emblematica è anche la più amara: “La NASA non è qui per occuparsi della Terra.” Ma chi l’ha detto? Da sempre l’agenzia si è divisa tra cielo e pianeta, lanciando satelliti per Marte e strumenti per capire come si sciolgono i ghiacci dell’Artico. Mettere questi due mondi in opposizione è riduttivo, e soprattutto ingiusto verso gli scienziati e ingegneri che da decenni si occupano della salute del nostro pianeta.
Che succede ora?

Con questa linea politica, la scienza climatica rischia di perdere uno dei suoi alleati più potenti. Al momento, non è chiaro se i progetti in corso verranno definitivamente cancellati, congelati o trasferiti ad altre agenzie. Ma una cosa è certa: questa scelta rischia di compromettere la nostra capacità di capire, prevenire e affrontare una delle sfide più grandi del nostro tempo.
E mentre la NASA guarda di nuovo solo alle stelle, il nostro pianeta resta senza uno dei suoi osservatori più competenti.
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