Un documento senza precedenti, firmato da 287 tra scienziati, ingegneri e dipendenti (attuali ed ex) della NASA, scuote le fondamenta dell’agenzia spaziale americana. La “Voyager Declaration” è una lettera di fuoco indirizzata al nuovo amministratore ad interim Sean Duffy e mette nero su bianco ciò che in molti temevano da mesi: tagli drastici, decisioni affrettate e una cultura del silenzio che potrebbe mettere a rischio perfino la sicurezza degli astronauti.
Un appello disperato: “State distruggendo la NASA”
Firmata da almeno 55 dipendenti attualmente in carica (molti altri in forma anonima), la dichiarazione è un atto d’accusa durissimo contro una serie di cambiamenti imposti negli ultimi sei mesi: tagli al bilancio, cancellazione di progetti con supporto congressuale, smantellamento di programmi DEIA (Diversity, Equity, Inclusion and Accessibility), e soprattutto una minaccia concreta all’autonomia tecnica interna che garantisce la sicurezza delle missioni spaziali.

Ore dopo la pubblicazione della lettera, Makenzie Lystrup, direttrice del Goddard Space Flight Center dal 2023, si è dimessa senza spiegazioni. Un tempismo che lascia pochi dubbi sullo stato di tensione interno.
Chi è Sean Duffy, l’uomo al centro della polemica?
Ex deputato, ex procuratore e volto noto dei reality americani, Sean Duffy è stato nominato alla guida della NASA il 9 luglio, prendendo il posto della veterana Janet Petro. Attualmente è anche Segretario ai Trasporti. Una figura vicina all’amministrazione Trump, nota per il suo approccio decisionista e per la fedeltà politica più che per le competenze aerospaziali.
Il cuore della protesta: la sicurezza tecnica
Il documento attacca in particolare le possibili modifiche alla Technical Authority, il sistema di controlli di sicurezza creato dopo il disastro dello Shuttle Columbia nel 2003. Questo sistema consente a chiunque in NASA di segnalare problemi tecnici gravi anche al di fuori della propria catena di comando.
Toccarlo, secondo i firmatari, “solo per motivi di efficienza o budget” è un pericolo diretto per le vite degli astronauti. Un dipendente anonimo ha parlato di “prospettiva spaventosa, soprattutto per chi lavora sul volo umano”.
Chi si oppone rischia: clima teso e dimissioni in vista
Ella Kaplan, contractor LGBT e web admin presso il NASA Scientific Visualization Studio, ha firmato pubblicamente la dichiarazione. “Il clima alla NASA è cambiato. È meno sicuro, soprattutto per noi minoranze”, ha detto a CNN. Sa che potrebbe perdere il lavoro per aver parlato, ma ha scelto comunque di esporsi: “Meglio fare il possibile prima che mi licenzino.”
Non è un caso isolato. Anche all’interno dell’EPA e dell’Istituto Nazionale per la Salute, altri scienziati hanno pubblicato dichiarazioni simili. In alcuni casi, i firmatari sono stati sospesi.
Il crollo delle iniziative DEIA

Con l’ordine esecutivo di Trump, la NASA ha chiuso il ramo DEIA, rimosso i pronomi dalle firme delle email e cancellato ogni riferimento agli obiettivi di inclusione. Compresi quelli della missione Artemis, che puntava a portare per la prima volta una donna e una persona di colore sulla Luna. Secondo i firmatari, questa deriva non solo erode la cultura interna, ma indebolisce anche la qualità scientifica. Perché, come ricordano, inclusività significa anche migliori risultati nella ricerca.
Progetti cancellati, fondi tagliati, strutture già smantellate
Il documento denuncia anche tagli anticipati a missioni ancora in bilancio, strutture smantellate prima che il Congresso votasse, e una ristrutturazione interna che potrebbe portare a migliaia di licenziamenti. Si parla già di 3.000 dimissioni differite, secondo una nota interna confermata alla CNN.
Uno dei casi più gravi riguarda la chiusura di una clean room — un ambiente sterile fondamentale per preparare strumenti e hardware spaziali — nonostante siano in corso test attivi. Secondo i firmatari, queste decisioni rappresentano “una perdita permanente di capacità tecnologica per gli Stati Uniti”.
Il paradosso della “semplificazione”
L’idea di rendere la NASA più “efficiente” sembra, nei fatti, una scorciatoia per tagliare senza criterio. Garrett Reisman, ex astronauta e consulente per SpaceX, ha detto chiaramente: “Ho poca fiducia che queste modifiche vengano fatte nel modo giusto. Finora, l’unico risultato è stato eliminare funzioni chiave senza migliorare nulla.”
Il punto di rottura?

La “Voyager Declaration” non è solo una lettera di protesta. È un segnale di allarme: una parte importante della comunità scientifica sta dicendo che la NASA così com’è rischia il collasso. Che si stanno bruciando anni di lavoro, competenze, risorse pubbliche e fiducia.
E se persino chi lavora da decenni per esplorare altri mondi sente il bisogno di alzare la voce… forse è il momento di ascoltare.
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