Il 28 marzo 2025 un devastante terremoto di magnitudo 7,7 ha colpito il Myanmar, lungo la faglia di Sagaing, causando migliaia di vittime e danni diffusi in tutto il Paese del Sud-Est asiatico.

Un nuovo studio del California Institute of Technology (Caltech) utilizza le immagini satellitari per analizzare i movimenti della faglia e migliorare i modelli di previsione sismica. I risultati suggeriscono che le faglie trascorrenti, come la Sagaing e la ben nota San Andreas in California, potrebbero generare terremoti ben diversi da quelli documentati finora, e potenzialmente di dimensioni maggiori.
Lo studio della Caltech sul terremoto di Myanmar
La ricerca è stata condotta dal team guidato da Jean-Philippe Avouac, professore di Geologia e Ingegneria al Caltech e direttore del Center for Geomechanics and the Mitigation of Geohazards.
Prima autrice è la ricercatrice post-dottorato Solène Antoine. Lo studio è stato pubblicato l’11 agosto sulla prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).

Gli studiosi hanno sfruttato tecniche di correlazione di immagini satellitari, confrontando foto ottiche e radar prima e dopo il sisma. In questo modo hanno misurato con precisione gli spostamenti del terreno lungo la faglia, rilevando un movimento netto di circa 3 metri: il lato orientale si è spostato verso sud rispetto a quello occidentale.
Una faglia “parente” della San Andreas
La faglia di Sagaing corre da nord a sud per centinaia di chilometri, con un comportamento molto simile alla San Andreas in California.
Entrambe sono faglie trascorrenti relativamente rettilinee: i due lati scorrono lentamente in direzioni opposte, accumulando tensione fino al punto di rottura e quando questa tensione viene rilasciata, si genera un terremoto.
Il sisma del 2025 ha confermato l’ipotesi del cosiddetto gap sismico: un tratto di circa 300 chilometri, inattivo dal 1839, era destinato a rompersi, maa la sorpresa è stata che la rottura si è estesa per oltre 500 chilometri, andando ben oltre le previsioni e liberando più energia di quanto si pensasse possibile.
Nuove prospettive per la previsione sismica
I modelli attuali di rischio sismico si basano soprattutto su statistiche storiche e forniscono probabilità generali su intervalli di tempo (ad esempio, la probabilità che un sisma di una certa magnitudo avvenga nei prossimi 30 anni). Tuttavia, questi modelli non considerano in dettaglio quando e come una faglia si sia mossa l’ultima volta.

Secondo Avouac, “i futuri terremoti potrebbero non essere semplici repliche di quelli già noti“. Le faglie, anche quelle considerate “semplici” come la San Andreas o la Sagaing, possono generare eventi molto diversi tra loro e con magnitudo anche superiore alle attese. Inoltre, i dati storici a disposizione sono troppo brevi per rappresentare l’intera varietà di possibili scenari.
Per questo motivo, i ricercatori puntano a modelli basati sulla fisica, calibrati con osservazioni reali e in grado di offrire previsioni più dinamiche e legate al tempo.
I prossimi passi
Il lavoro porta la firma, oltre ad Antoine e Avouac, di ricercatori del Caltech come Rajani Shrestha, Chris Milliner e Kyungjae Im, insieme a colleghi internazionali di Nuova Zelanda, Cina e dell’EarthScope Consortium. Lo studio è stato finanziato dal Center for Geomechanics and Mitigation of Geohazards, dal Statewide California Earthquake Center, dalla National Science Foundation e dall’US Geological Survey.