La mutazione dei geni brca 1 e 2 aumenta l’incidenza dei tumori al seno e nell’ovaio in chi la possiede. Un nuovo studio pubblicato dai ricercatori dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova sul ‘Journal of Clinical Oncology’, promette gravidanze sicure per le donne che hanno già combattuto contro il tumore al seno e sono portatrici di mutazioni dei geni brca.
Come nascono le mutazioni dei geni brca 1 e 2
La mutazione dei geni brca 1 e 2 nelle donne, fa incorrere in un’alta incidenza di tumori al seno e alle ovaie. In questa drammatica patologia, le cellule impazzite iniziano a moltiplicarsi in maniera esponenziale.
Nel nostro DNA, ciascun gene possiede tutte le informazioni necessarie affinché sia in grado di produrre una o più proteine che nelle cellule hanno hanno dei ruoli ben determinati: la melanina ha il compito di proteggerci dai raggi solari, l’emoglobina trasporta l’ossigeno nel sangue, gli anticorpi combattono le infezioni, l’insulina regola il metabolismo, giusto per citare quelle più conosciute tra le oltre 250 mila presenti nel nostro organismo.
Altre proteine invece, regolano il ciclo cellulare comunicando alla cellula la sua fase riproduttiva: ognuna delle cellule figlie erediterà una copia del DNA. Da questo si può dedurre che si sta parlando di un lavoro quantitativamente importante dove purtroppo si inciampa in qualche errore, come appunto, una mutazione.
Nella maggior parte dei casi anche gli errori vengono corretti ma qualche volta, anche se raramente, può succedere che alcuni errori si accumulino senza che venga posto rimedio: sarà compito delle proteine sentinella quello di intervenire e fare in modo che la cellula corrotta si autodistrugga, per evitare che si moltiplichi e tramandi un DNA alterato.
Succede però, che alcune mutazioni siano ereditarie e cioè trasmesse dai nostri genitori: può capitare nel caso della mutazione dei geni brca 1e 2 che fanno parte di un complesso di proteine riparatrici. Avere queste mutazioni genetiche significa essere corredati con proteine che non sono in grado di riparare gli eventuali danni al DNA, con la conseguenza di incorrere più spesso in determinati tipi di tumori.
Nei portatori di mutazioni dei geni Brca 1e 2, ogni cellula del corpo porta con sè la proteina difettosa che teoricamente potrebbe trasformarsi in una cellula tumorale. Nella realtà, questo fenomeno è stato osservato quasi esclusivamente in cellule dei tessuti mammario e ovarico, anche se le cause sono ancora sconosciute.
Le portatrici di mutazioni dei geni BRCA 1 e 2, hanno la possibilità di incorrere in un tumore al seno aumentata sino al 60-90%, mentre hanno dal 15 al 50% di possibilità di essere colpite da un tumore all’ovaio, a seconda del tipo di mutazione e della storia familiare.
Mutazioni dei geni brca e gravidanza: ecco cosa dice la nuova ricerca
Lo studio, condotto da Matteo Lambertini, medico e ricercatore rispettivamente presso la Clinica di Oncologia Medica e il Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche dell’Università degli Studi di Genova, sviluppato al Policlinico in collaborazione con 29 centri europei, americani e israeliani, è un’ottima notizia per tutte le donne che hanno affrontato un tumore al seno causato dalla mutazione genetica Brca e che hanno il desiderio di intraprendere una gravidanza, una volta concluse le terapie oncologiche.
Il carcinoma mammario è la neoplasia più frequente nelle donne: in Italia, sono circa 53.000 i soggetti diagnosticati ogni anno: 3.500 casi sotto i 40 anni, tra questi il 10% ha carattere ereditario, correlato alla mutazione brca.
La preoccupazione nel portare avanti una gravidanza, riguardava la possibilità di aggravare la prognosi della paziente interessata, e il fatto di esporla al rischio di una maternità infelice a causa delle conseguenze derivate dalle cure oncologiche.
Non a caso, prima di questo studio, alle donne con carcinoma mammario da mutazione dei geni brca 1 e 2 la gravidanza veniva sconsigliata, per il timore di recidive tumorali o infelici conseguenze sul feto: “Questi risultati dimostrano quanto sia importante sostenere la ricerca per continuare a migliorare le opportunità terapeutiche ma anche più in generale la gestione della qualità di vita delle pazienti durante e dopo le cure stesse“, ha dichiarato Antonio Uccelli, direttore scientifico dell’Ospedale Policlinico San Martino.
“L’idea di condurre questo studio è nata proprio dall’assenza di evidenze scientifiche – interviene Matteo Lambertini – per poter rassicurare queste pazienti e i loro medici curanti su un tema così importante. Lo studio – prosegue – è stato condotto grazie anche ai fondi del 5×1000 destinati al Policlinico, e ha permesso di raccogliere dati da tutto il mondo per oltre 3 anni su 1.252 donne con mutazione genetica Brca e diagnosi di carcinoma mammario prima dei 40 anni”.
Di queste pazienti, negli oltre 8 anni di follow-up, 195 hanno avuto una gravidanza dopo il completamento delle cure oncologiche.
Lo studio – continua Lambertini – ha dimostrato chiaramente che avere una gravidanza è sicuro sia per la madre sia per i neonati. Non è, infatti, stato osservato alcun peggioramento della prognosi per le pazienti che hanno avuto una successiva gravidanza; inoltre, il tasso di complicanze della gravidanza e di anomalie congenite sono risultati sovrapponibili a quelli attesi nella popolazione generale“.
“Questi risultati hanno importanti implicazioni cliniche, perché ci permettono di affermare che, al termine delle cure oncologiche e dopo un periodo di osservazione adeguato, le donne con pregresso carcinoma mammario portatrici di mutazione Brca possono condurre a termine con successo una gravidanza. Restituire queste speranze e possibilità alle giovani pazienti, rappresenta un importante passo avanti in oncologia per rendere la vita dopo la malattia sempre più libera, non solo dal cancro stesso, ma anche dalle sue possibili complicanze“, conclude Lucia Del Mastro, responsabile della Breast Unit dell’Ospedale Policlinico San Martino.