Le mummie più antiche mai trovate non sono in Egitto, ma in Asia. Un nuovo studio guidato dall’archeologo Hsiao-chun Hung dell’Australian National University e pubblicato sulla rivista PNAS ha rivelato che le pratiche di mummificazione iniziarono più di 12.000 anni fa in Cina meridionale, Vietnam e Indonesia.
I corpi venivano affumicati lentamente sopra fuochi bassi, in un processo che anticipa di millenni i rituali egizi e quelli del popolo sudamericano dei Chinchorro.
Oltre 10.000 anni di mummie fumanti
Il team ha analizzato oltre 60 ossa provenienti da 54 sepolture pre-neolitiche risalenti a un periodo compreso tra 12.000 e 4.000 anni fa, distribuite in 11 siti del Sud-est asiatico.
Grazie a tecniche di diffrazione a raggi X e spettroscopia infrarossa (FTIR), gli studiosi hanno individuato nelle ossa alterazioni chimiche e strutturali tipiche dell’esposizione a calore e fumo.
L’84 % dei campioni presentava tracce di riscaldamento e fuliggine, ma senza segni di combustione diretta. In molti casi, diverse ossa dello stesso individuo mostravano livelli di calore differenti, segno che il processo era mirato e controllato.
Come funzionava la mummificazione per fumo
Secondo Hung e i suoi colleghi, i corpi venivano legati strettamente e sospesi sopra fuochi fumosi per settimane o mesi. L’ambiente a bassa ossigenazione consentiva di essiccare lentamente i tessuti senza bruciarli.
Il rito ricorda da vicino le pratiche ancora oggi utilizzate dal popolo Dani della Nuova Guinea, che affumica i defunti per conservarli prima della sepoltura o dell’esposizione.
In alcune ossa sono stati trovati segni di taglio, probabilmente legati a procedure di drenaggio o disarticolazione eseguite durante la preparazione del corpo.

Un culto dei morti complesso e antico
Oltre alla tecnica, colpisce la complessità culturale di queste popolazioni. I corpi erano spesso posti in posizioni accovacciate o flessuose, con arti piegati e schiena incurvata, forse per simboleggiare una rinascita o un ritorno alla terra.
Secondo il coautore Hirofumi Matsumura, “queste pratiche mostrano una profonda consapevolezza della morte e del corpo, molto più antica di quanto pensassimo”.
Perché è una scoperta importante
Fino a oggi si pensava che la mummificazione fosse nata intorno a 7.000 anni fa con i Chinchorro e poi sviluppata in Egitto circa 5.000 anni fa.
Questa ricerca sposta indietro l’origine di oltre 5.000 anni, indicando che le prime tecniche funerarie intenzionali nacquero in Asia già alla fine dell’ultima era glaciale.
Le analisi suggeriscono che il rito si sia mantenuto per millenni in diverse regioni del Sud-est asiatico, segno di una tradizione condivisa e duratura tra popolazioni di cacciatori-raccoglitori.
Cosa resta da capire

Nonostante l’evidenza del fumo, nessuna mummia conserva più tessuti molli. Le ossa, però, raccontano molto: variazioni di calore, fuliggine e posture forniscono una chiara traccia del metodo.
Restano aperte alcune domande: il rito era religioso o pratico? Serviva a conservare i corpi per il trasporto, o rappresentava un passaggio spirituale tra vita e morte?
Per ora, la risposta è nel fumo che per migliaia di anni ha accompagnato i primi antenati dell’Asia verso l’eternità.
Lo sapevi che?
Il metodo di mummificazione per fumo è ancora usato in alcune zone della Nuova Guinea. I corpi vengono affumicati sopra fuochi a bassa intensità, un processo che può durare anche tre mesi.
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