La determinazione della morte cerebrale rappresenta un momento di fondamentale importanza, situato all’intersezione delicata della medicina intensiva, delle considerazioni etiche e della complessa logistica della donazione di organi. Errori in questo processo potrebbero portare a prolungare inutilmente il supporto vitale meccanico in assenza di qualsiasi speranza di recupero, oppure, in casi estremamente gravi, a dichiarare erroneamente la morte, uno scenario che evoca i macabri timori descritti negli scritti di Edgar Allan Poe.

Morte cerebrale: una convergenza critica tra medicina ed etica
Per affrontare le sfide diagnostiche, uno studio di convalida multicentrico, condotto da 15 unità di terapia intensiva e coordinato dall’Università di Montréal, ha investigato l’efficacia delle scansioni TC come strumento per confermare la morte cerebrale. I risultati di questa ricerca indicano che la sola scansione TC del tronco encefalico non è sufficiente a convalidare i criteri di morte neurologica.
Gli esami clinici tradizionali al letto del paziente si basano sull’assenza apparente di coscienza, sui riflessi del tronco encefalico e sull’impulso respiratorio per determinare la morte. Tuttavia, condizioni come la somministrazione di sedativi, traumi facciali o disturbi metabolici possono complicare notevolmente il quadro clinico. Per ovviare a queste incertezze, molti centri hanno iniziato a considerare la tomografia computerizzata con perfusione (TCF), nella speranza che una scansione potesse fornire la chiarezza che un esame clinico non riesce a dare.

Nel loro studio, i ricercatori hanno adottato un approccio metodologico rigoroso, conducendo uno studio di coorte prospettico, multicentrico e in cieco sull’accuratezza diagnostica. L’obiettivo era verificare se la perfusione TC e l’angiografia TC potessero confermare in modo affidabile la morte cerebrale. A tal fine, un gruppo di 282 adulti gravemente malati, ricoverati in 15 unità di terapia intensiva canadesi, è stato sottoposto a perfusione TC cerebrale con mezzo di contrasto e ad angiografia TC. Queste scansioni sono state eseguite entro due ore da un esame standardizzato e in cieco al letto del paziente.
L’imaging ha coperto l’intero cervello dopo l’iniezione di 40 ml di mezzo di contrasto iodato. Successivamente, due neuroradiologi indipendenti, che non avevano alcuna conoscenza dei dati clinici dei pazienti, hanno valutato le mappe di perfusione sia qualitative che quantitative, insieme a tre scale di punteggio angiografiche. Parallelamente, i medici, anch’essi all’oscuro dei risultati delle immagini diagnostiche, hanno applicato le linee guida attuali per i test di morte cerebrale, inclusivo di un test di apnea, che ha funto da standard di riferimento per il confronto.
Valutazione dell’accuratezza diagnostica delle scansioni TC per la morte cerebrale
I risultati dello studio sulla diagnostica della morte cerebrale tramite scansioni TC hanno rivelato dati complessi riguardo alla sensibilità e alla specificità dei diversi approcci. La perfusione TC qualitativa del tronco encefalico ha dimostrato un’elevata sensibilità del 98,5%, il che significa che ha identificato quasi tutti i casi di morte cerebrale, mancando solo l’1,5% dei bersagli.

La sua specificità è risultata significativamente inferiore, attestandosi al 74,4%. Al contrario, la perfusione TC qualitativa dell’encefalo intero ha raggiunto una sensibilità del 93,6% e una specificità più elevata, pari al 92,3%. Per quanto riguarda l’angio-TC, la sensibilità ha mostrato una variabilità tra il 75,5% e l’87,3%, mentre la specificità si è mantenuta costantemente vicina al 90% su tutte le scale di valutazione.
Per comprendere appieno questi dati, è essenziale distinguere tra sensibilità e specificità. La sensibilità di un test misura la sua capacità di individuare correttamente la condizione che si sta cercando, in questo contesto la morte cerebrale. Un’alta sensibilità, come quella del 98,5% per la TC del tronco encefalico, indica che il test è molto efficace nel non mancare i veri casi.
D’altra parte, la specificità si riferisce alla capacità del test di identificare correttamente coloro che non presentano la condizione. La bassa specificità del 74,4% per la TC del tronco encefalico significa che circa il 25% dei pazienti che non erano cerebralmente morti sono stati erroneamente identificati come tali dal test, un tasso di falsi positivi troppo elevato per una diagnosi così critica.

I principali ricercatori dello studio hanno concluso che né la perfusione TC né l’angiografia TC hanno soddisfatto il requisito di validazione prefissato, che richiedeva una sensibilità e una specificità superiori al 98%. Questo significativo peso dei falsi positivi, dovuto a una specificità insufficiente, è il motivo per cui i test diagnostici non vengono somministrati alla popolazione generale senza una preventiva valutazione clinica.
A titolo esemplificativo, se un test per una malattia rara che colpisce una persona su mille venisse somministrato a mille individui a caso, con una sensibilità del 98% e una specificità anch’essa del 98%, il test identificherebbe correttamente l’unico individuo affetto, ma assegnerebbe erroneamente un risultato positivo a venti persone sane. Al contrario, se lo stesso test fosse somministrato solo a individui che soddisfano già i criteri clinici per la malattia rara, la sua accuratezza migliorerebbe drasticamente.
In un caso in cui, tramite selezione clinica, 900 su 1.000 individui fossero effettivamente affetti dalla malattia, il test confermerebbe correttamente 882 casi, con soli due falsi positivi. Questo illustra l’importanza cruciale della valutazione clinica preliminare per garantire l’affidabilità dei test diagnostici in contesti delicati come la determinazione della morte cerebrale.
Il ruolo complementare dell’imaging nella valutazione clinica
La recente validazione della determinazione della morte cerebrale in un gruppo selezionato di pazienti ha evidenziato un aspetto cruciale: l’imaging diagnostico, sebbene utile, non può fungere da strumento autonomo e sostitutivo della valutazione clinica.

Sebbene la tecnologia avanzata offra nuove prospettive, i risultati indicano chiaramente che, in contesti così delicati e con implicazioni etiche e cliniche così profonde, l’accuratezza richiesta per una decisione irrevocabile non è ancora pienamente garantita dalle sole tecniche di imaging. Questo studio ha dimostrato che, anche in un gruppo attentamente selezionato, la capacità dell’imaging di soddisfare criteri stringenti di sensibilità e specificità per la conferma della morte cerebrale non è stata raggiunta.
Nonostante l’imaging, come la tomografia computerizzata (TC) e l’angiografia TC, non abbia superato i test come strumento diagnostico primario e autosufficiente per la morte cerebrale, il suo potenziale come prova di supporto rimane significativo e prezioso. L’imaging può infatti svolgere un ruolo fondamentale in situazioni in cui la valutazione clinica tradizionale si presenta incompleta o confusa.
Ad esempio, in presenza di traumi facciali estesi che rendono difficile l’esame dei riflessi del tronco encefalico, o in casi in cui la somministrazione di sedativi o squilibri metabolici mascherano lo stato neurologico del paziente, le immagini diagnostiche possono offrire dati aggiuntivi.

In questi scenari complessi, l’imaging può aiutare a chiarire il quadro clinico, fornendo informazioni complementari che supportano il giudizio dei medici, ma sempre all’interno di un processo decisionale che privilegia l’esame clinico come cardine. L’obiettivo è minimizzare i rischi di diagnosi errate di morte, garantendo la massima precisione in una delle decisioni più critiche in medicina intensiva.
Lo studio è stato pubblicato su JAMA Neurology.