Una recente ricerca condotta presso la Tokyo Metropolitan University ha portato alla luce un meccanismo patologico di fondamentale importanza nella degenerazione neuronale associata al morbo di Alzheimer. Gli studiosi hanno scoperto che un’alterazione significativa nel metabolismo del glucosio all’interno delle cellule gliali, una popolazione cellulare non neuronale essenziale per il funzionamento del sistema nervoso, svolge un ruolo chiave nel processo neurodegenerativo caratteristico di questa devastante malattia.

Il ruolo cruciale del metabolismo glucolitico alterato nel morbo di Alzheimer
Per investigare il complesso legame tra l’accumulo di proteina tau e la neurodegenerazione, il team di ricerca ha adottato un modello sperimentale innovativo, utilizzando le retine di moscerini della frutta (Drosophila melanogaster). Questo organismo modello, ampiamente impiegato nella ricerca genetica e neurobiologica, offre la possibilità di studiare i processi cellulari e molecolari in un sistema relativamente semplice ma con notevoli analogie con il sistema nervoso dei mammiferi.
Attraverso manipolazioni genetiche, i ricercatori hanno indotto l’accumulo di proteina tau nelle cellule gliali delle retine dei moscerini, replicando una delle caratteristiche patologiche distintive del morbo di Alzheimer. In modo sorprendente, i risultati hanno dimostrato che la stimolazione del metabolismo del glucosio all’interno di queste cellule gliali, in presenza dell’accumulo di proteina tau, ha contribuito in modo significativo ad attenuare sia l’infiammazione locale che la degenerazione dei fotorecettori, le cellule sensoriali responsabili della visione.
Le implicazioni di questa scoperta sono di vasta portata e suggeriscono un nuovo ed entusiasmante orizzonte terapeutico per il trattamento non solo del morbo di Alzheimer, ma potenzialmente anche di altre patologie neurodegenerative caratterizzate da disfunzioni gliali e accumulo di proteine anomale. La capacità di modulare il metabolismo del glucosio nelle cellule gliali per contrastare gli effetti neurodegenerativi apre la strada a strategie terapeutiche innovative, focalizzate sul ripristino della normale funzione di queste cellule di supporto del sistema nervoso.

Il morbo di Alzheimer (MA) rappresenta la principale causa di demenza a livello mondiale nella popolazione anziana, con un impatto profondamente debilitante sulla qualità della vita degli individui affetti e un onere socio-sanitario crescente. La comunità scientifica internazionale è impegnata in una corsa contro il tempo per svelare la complessa rete di meccanismi attraverso i quali il MA esercita i suoi effetti devastanti sul sistema nervoso.
. È noto, ad esempio, che una delle caratteristiche patologiche distintive del MA è l’accumulo anomalo della proteina tau all’interno delle cellule neuronali. Tuttavia, le vie molecolari e cellulari attraverso cui questo accumulo conduce alla progressiva neurodegenerazione rimangono ancora oggetto di intensa indagine e non sono state completamente chiarite.
Il team di ricerca guidato dalla professoressa Kanae Ando della Tokyo Metropolitan University ha scelto di focalizzare la propria attenzione sul ruolo cruciale delle cellule gliali. Queste cellule non neuronali, che costituiscono una parte significativa del nostro sistema nervoso centrale, svolgono una molteplicità di funzioni essenziali per il mantenimento dell’omeostasi cerebrale.

Esse forniscono supporto strutturale ai neuroni, li nutrono attraverso la fornitura di metaboliti essenziali, contribuiscono alla regolazione dell’ambiente ionico e chimico, e partecipano attivamente alla protezione dei neuroni da agenti dannosi e processi infiammatori. Comprendere come l’accumulo di proteina tau influenzi la funzione di queste cellule di supporto potrebbe fornire nuove intuizioni fondamentali sui meccanismi patogenetici dell’Alzheimer.
Dalla rimozione di proteine alla regolazione metabolica
È fondamentale riconoscere l’impatto profondo e multiforme della funzionalità delle cellule gliali sull’evoluzione e la manifestazione clinica del morbo di Alzheimer. Queste cellule, lungi dall’essere semplici elementi di supporto, svolgono un ruolo dinamico e attivo nei processi patologici che caratterizzano la malattia. Ad esempio, è un dato di fatto che le cellule gliali sono coinvolte nell’eliminazione degli aggregati anomali di proteine, un processo spesso accompagnato da una complessa risposta infiammatoria. È ormai ampiamente riconosciuto che la neuroinfiammazione rappresenta una patologia centrale e significativa nel contesto dell’Alzheimer, contribuendo in modo sostanziale al danno neuronale.
Le cellule gliali rivestono inoltre un ruolo cruciale nel mantenimento dell’energia neuronale, agendo come intermediari metabolici essenziali attraverso la metabolizzazione del glucosio. Forniscono un supporto energetico fondamentale ai neuroni, garantendone la funzionalità. Tuttavia, una caratteristica patologica ben documentata nei pazienti affetti da Alzheimer è un drastico e progressivo calo del metabolismo del glucosio a livello cerebrale, con conseguenze dirette sulla vitalità e la funzione neuronale.

Nonostante la riconosciuta importanza delle cellule gliali sia nella rimozione delle proteine anomale che nel metabolismo del glucosio, la precisa interrelazione tra le alterazioni nel metabolismo glucidico all’interno di queste cellule e l’accumulo tossico della proteina tau era rimasta fino ad ora un’area di incertezza e di intensa investigazione scientifica.
Per fare luce su questa complessa interazione, il team di ricerca ha impiegato il moscerino della frutta Drosophila melanogaster come un prezioso modello sperimentale. Attraverso manipolazioni genetiche mirate, i ricercatori hanno generato moscerini modificati in modo da presentare un accumulo specifico di proteina tau all’interno delle cellule della retina. Le osservazioni hanno rivelato che questi moscerini sviluppavano segni di neurodegenerazione, caratterizzata da un rigonfiamento anomalo nelle regioni circostanti le cellule gliali e dalla formazione di inclusioni proteiche anomale.
Attraverso ulteriori esperimenti e analisi dettagliate, il team è stato in grado di dimostrare in modo convincente che quest’ultima manifestazione patologica, la formazione di aggregati proteici, era direttamente causata da un’attività disfunzionale e anomala delle cellule gliali, evidenziando il loro ruolo attivo nella patogenesi della malattia in questo modello sperimentale.
Un potenziale intervento terapeutico contro la neurodegenerazione
Al fine di investigare in modo più approfondito la complessa interazione tra l’attività delle cellule gliali e il metabolismo del glucosio nel contesto della patologia associata alla proteina tau, i ricercatori hanno impiegato sofisticate tecniche di modificazione genetica. Attraverso queste metodologie avanzate, sono stati in grado di indurre l’espressione di una quantità significativamente maggiore di una specifica proteina trasportatrice del glucosio (GLUT) all’interno delle cellule gliali del modello sperimentale di Drosophila.

I risultati ottenuti da questa manipolazione genetica sono stati sorprendenti e rivelatori. L’aumentata disponibilità di trasportatori GLUT nelle cellule gliali ha condotto a una marcata soppressione dei segni di neurodegenerazione osservati precedentemente e a una concomitante riduzione dell’infiammazione a livello locale. È importante notare che questo intervento metabolico a livello gliale non ha prodotto modifiche significative nell’entità dell’accumulo della proteina tau, suggerendo un meccanismo d’azione indipendente dalla rimozione diretta della proteina patologica.
Questi risultati sperimentali forniscono una prova convincente del fatto che l’accumulo di proteina tau esercita un effetto inibitorio significativo sul metabolismo del glucosio all’interno delle cellule gliali. La presenza degli aggregati proteici anomali sembra compromettere la capacità di queste cellule di processare adeguatamente il glucosio, con conseguenze negative sulla loro funzionalità di supporto e protezione neuronale. L’osservazione che l’aumento del trasporto di glucosio nelle cellule gliali riesce a contrastare la neurodegenerazione e l’infiammazione, nonostante la persistenza dell’accumulo di tau, sottolinea il ruolo critico del metabolismo glucidico gliale nel modulare la risposta patologica.
Sulla base delle loro scoperte, il team di ricerca propone con forza che il metabolismo del glucosio nelle cellule gliali possa rappresentare un bersaglio terapeutico innovativo e di grande potenziale per lo sviluppo di nuove strategie di trattamento per un ampio spettro di patologie neurodegenerative. È fondamentale considerare che malattie come il morbo di Parkinson, ad esempio, condividono con l’Alzheimer la caratteristica distintiva della neuroinfiammazione come componente patologica significativa.

Pertanto, qualsiasi progresso scientifico in grado di curare, prevenire o anche semplicemente rallentare l’insorgenza e la progressione di una qualsiasi di queste debilitanti condizioni neurologiche promette di avere un impatto profondamente trasformativo e rivoluzionario sulla società umana, migliorando significativamente la qualità della vita di milioni di persone in tutto il mondo.
Lo studio è stato pubblicato su Disease Models & Mechanisms.