Un nuovo studio ha identificato tre farmaci già in uso che potrebbero essere riutilizzati per trattare o prevenire il morbo di Alzheimer. La demenza rappresenta la principale causa di morte nel Regno Unito, affliggendo circa un milione di persone, e si stima che una persona su tre nata oggi svilupperà la demenza nel corso della vita; tuttavia, al momento non esiste una cura risolutiva.

Morbo di Alzheimer: identificati tre farmaci che potrebbero essere riutilizzati per trattarlo o prevenirlo
Sviluppare farmaci ex novo è un processo estremamente lungo, che può richiedere dai 10 ai 15 anni, e costoso, con un investimento potenziale di miliardi di sterline senza garanzia di efficacia. Il riutilizzo di farmaci già approvati per altre patologie offre invece un percorso più rapido, sicuro ed economico per identificare potenziali nuovi trattamenti per la demenza, di cui l’Alzheimer è responsabile per oltre la metà dei casi diagnosticati.
Lo studio, intitolato “Riutilizzo di farmaci per la malattia di Alzheimer: un consenso Delphi e una consultazione degli stakeholder”, ha coinvolto un gruppo internazionale di 21 esperti di demenza, provenienti da università, ospedali e dall’industria farmaceutica, inclusi anche individui affetti da demenza. Il comitato ha esaminato un totale di 80 farmaci esistenti per individuare quelli con il maggiore potenziale terapeutico o preventivo per l’Alzheimer.

Dopo diversi cicli di attenta revisione, il comitato ha raggiunto un consenso sui tre “candidati prioritari” per ulteriori indagini. Questi farmaci sono il vaccino contro l’herpes zoster (Zostavax), ritenuto il farmaco attualmente più promettente, il Viagra (sildenafil) e il Riluzolo, un farmaco utilizzato per il trattamento della malattia del motoneurone. Questi composti sono stati selezionati poiché tutti mirano a meccanismi rilevanti coinvolti nella patologia di Alzheimer, hanno mostrato risultati promettenti in studi su cellule e animali e sono già noti per la loro sicurezza nelle persone anziane.
I tre candidati farmacologici contro l’Alzheimer: meccanismi d’azione
Il Vaccino contro l’herpes zoster (Zostavax) è emerso come il candidato più promettente. La ricerca suggerisce un legame tra l’infezione da virus dell’herpes zoster e l’insorgenza della demenza. È noto che alterazioni del sistema immunitario giocano un ruolo cruciale nell’Alzheimer, e si ipotizza che il vaccino possa contribuire a proteggere da alcune di queste alterazioni interagendo positivamente con la risposta immunitaria dell’organismo.
Studi precedenti indicano che le persone vaccinate potrebbero avere una probabilità inferiore del 16% di sviluppare la demenza. Questo trattamento è particolarmente vantaggioso perché richiede un massimo di due dosi e presenta un profilo di sicurezza eccellente.

Il Sildenafil (Viagra) ha mostrato la capacità di contribuire a proteggere le cellule nervose e di ridurre l’accumulo nel cervello della proteina tau, un marcatore chiave della patologia di Alzheimer. Nei test condotti sui topi, il farmaco ha anche migliorato le capacità cognitive, presumibilmente attraverso l’aumento del flusso sanguigno al cervello.
Anche il Riluzolo, attualmente impiegato per trattare la malattia del motoneurone, ha evidenziato risultati incoraggianti negli studi sugli animali. Il composto ha migliorato le funzioni cognitive e ha ridotto i livelli della proteina tau. Gli esperti hanno raccomandato che tutti e tre i farmaci – Zostavax, Sildenafil e Riluzolo – vengano sottoposti a sperimentazioni cliniche rigorose per valutarne i benefici effettivi nelle persone affette o a rischio di malattia di Alzheimer.
Altri candidati: la lista secondaria
I ricercatori principali mirano ora a condurre un ampio studio clinico nel Regno Unito focalizzato sul vaccino contro l’herpes zoster. A tal fine, verrà utilizzato PROTECT, un registro online in cui i partecipanti, una volta all’anno, rispondono a questionari sul loro stile di vita e sulla salute, contribuendo alla ricerca sulla salute del cervello.

Oltre ai tre farmaci prioritari, lo studio ha identificato altri cinque farmaci che non soddisfacevano pienamente i criteri per la lista dei “candidati prioritari”, ma che meritano attenzione. Questi farmaci sono: il fingolimod (utilizzato nella sclerosi multipla), la vortioxetina (utilizzata per il trattamento del disturbo depressivo maggiore), il microlitio (utilizzato per il trattamento della depressione), il dasitinib (utilizzato per la leucemia) e la citisina (utilizzata negli anestetici).
La Dott.ssa Anne Corbett, professoressa di ricerca sulla demenza presso l’Università di Exeter, ha sottolineato l’importanza di un approccio di ricerca diversificato per sconfiggere la demenza. Ha affermato che sarà necessario ricorrere a ogni tipo di ricerca, dalla conoscenza esistente alla scoperta di nuovi farmaci.

La Corbett ha evidenziato che il riutilizzo dei farmaci è una parte essenziale di questo mix, poiché trasforma il farmaco di oggi per una patologia nel potenziale trattamento di domani per un’altra. È cruciale comprendere che questi farmaci necessitano di ulteriori studi prima di poter essere impiegati contro l’Alzheimer. Ora sono necessari studi clinici approfonditi per comprenderne il vero valore e accertare con certezza la loro efficacia.
La professoressa Fiona Carragher, responsabile delle politiche e della ricerca presso l’Alzheimer’s Society, ha ribadito che la demenza devasta le vite, ma che la ricerca la sconfiggerà. Ha paragonato la potenziale trasformazione di questi farmaci a quella dell’aspirina, che da semplice antidolorifico è diventata un farmaco per la riduzione del rischio di infarto o ictus. Questo è l’obiettivo nel campo della demenza, ed è il motivo per cui l’associazione ritiene che il riutilizzo dei farmaci sia una delle frontiere più entusiasmanti nella ricerca sulla demenza.
Lo studio è stato pubblicato su Alzheimer’s Research & Therapy.