Mikhail Pichugin, 48 anni, è stato tratto in salvo dopo oltre due mesi alla deriva nel gelido Mare di Okhotsk. Il suo incubo è iniziato il 9 agosto, quando insieme al fratello di 49 anni e al nipote di 15, è partito su un catamarano dalla regione di Khabarovsk, diretto verso l’isola di Sakhalin. Tuttavia, un’improvvisa tempesta li ha colti di sorpresa, costringendoli alla deriva. Purtroppo, né il fratello né il nipote di Mikhail sono sopravvissuti a questa tragica odissea, e i loro corpi sono stati trovati accanto a lui al momento del salvataggio.
La situazione è diventata drammatica quando la barca è rimasta senza provviste, e Mikhail ha dovuto contare su ciò che riusciva a pescare e sull’acqua piovana per sopravvivere. Quando è stato trovato, era visibilmente emaciato e in stato di shock, avendo perso molti chili. Il peschereccio che lo ha salvato ha messo fine a una lotta per la sopravvivenza che sembrava senza speranza, soprattutto dopo che le ricerche ufficiali erano state interrotte.
Come reagisce il corpo umano a una situazione estrema come questa?
Questo tragico evento ci spinge a riflettere su come il corpo umano reagisca a condizioni estreme di privazione.
Quando il corpo umano affronta lunghi periodi senza cibo o acqua, attiva una serie di meccanismi di sopravvivenza. Nei primi 1-2 giorni, il corpo utilizza le riserve di glicogeno immagazzinate nel fegato e nei muscoli per produrre energia. Tuttavia, queste riserve si esauriscono rapidamente, e già dopo 24 ore, il corpo entra in chetolisi, cominciando a bruciare i grassi per produrre energia.
Dopo 10 giorni, il metabolismo rallenta notevolmente, nel tentativo di risparmiare energia. A questo punto, il corpo ha esaurito buona parte delle riserve di grasso, e inizia a utilizzare anche le proteine muscolari. La disidratazione diventa un rischio critico: l’acqua è fondamentale per i processi vitali come la circolazione e la regolazione della temperatura corporea. Senza acqua, si possono manifestare sintomi come confusione mentale, vertigini e collasso.
Dopo 20-30 giorni, senza un adeguato apporto di nutrienti, i muscoli cominciano a degradarsi sempre più velocemente. Organi vitali, come il cuore e i reni, iniziano a perdere efficienza, e il corpo entra in una fase critica chiamata inaniamento. Qui, la mancanza di proteine e grassi sufficienti può provocare il deterioramento delle funzioni cognitive e motorie, oltre ad aumentare il rischio di infezioni a causa di un sistema immunitario gravemente compromesso.
Nel caso di sopravvissuti come Mikhail Pichugin, il fatto di aver trovato occasionalmente cibo e acqua, per quanto in quantità minime, ha probabilmente rallentato il processo di degenerazione fisica, permettendogli di resistere oltre i due mesi alla deriva.
Le conseguenze psicologiche
Vivere in condizioni estreme, come nel caso di Mikhail Pichugin, può avere profonde conseguenze psicologiche. La solitudine e l’isolamento prolungati possono portare a sentimenti intensi di ansia e depressione. L’incertezza e la paura di non essere salvati possono intensificare lo stress, provocando un senso di impotenza e disperazione.
In situazioni di sopravvivenza, la mente può reagire in modi complessi: alcuni individui possono sviluppare meccanismi di difesa come la dissociazione, per staccarsi dalla realtà dolorosa e dalla sofferenza fisica. Questo può portare a esperienze traumatiche che si manifestano in seguito sotto forma di disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Anche se la persona riesce a sopravvivere, i traumi psicologici possono rimanere a lungo termine, influenzando le relazioni sociali e la qualità della vita.
Inoltre, la privazione di cibo e acqua può alterare il funzionamento cerebrale, compromettendo la capacità di pensare in modo chiaro e razionale. La fame acuta può generare allucinazioni e confusione, rendendo la situazione ancora più critica. In questo contesto, la resistenza mentale e la capacità di adattamento diventano cruciali per affrontare non solo le sfide fisiche, ma anche quelle psicologiche legate alla sopravvivenza in condizioni estreme.