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Scienza

Nel 2025 le microplastiche raggiungono i fluidi riproduttivi

Scoperte allarmanti rivelano la presenza di microplastiche nei fluidi riproduttivi umani, con implicazioni dirette sulla salute e sulla fertilità

Giorgio Alberto Tarantino 12 ore fa Commenta! 7
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La scoperta è di quelle che inquietano, non solo per la sua portata scientifica ma per il suo valore simbolico, e riguarda le microplastiche, minuscole particelle derivate dalla degradazione di materiali plastici più grandi, che sono state rinvenute anche nei fluidi riproduttivi umani.

Nel 2025 le microplastiche raggiungono i fluidi riproduttivi

Sia nel liquido seminale maschile che nel fluido follicolare femminile – quel liquido che avvolge e protegge l’ovocita – sono state identificate tracce di plastica, aprendo scenari ancora poco esplorati ma potenzialmente gravissimi sulla fertilità e sulla salute riproduttiva. È una scoperta che arriva dall’Università di Padova e dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, frutto di un’indagine condotta su campioni umani e animali che ha gettato nuova luce su un fenomeno già ampiamente documentato nei tessuti e negli organi, ma mai prima in questi specifici fluidi biologici.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, segna un punto di svolta nel campo della ricerca sulle microplastiche: non si tratta più soltanto di una minaccia ambientale astratta, visibile nei mari, nei pesci o negli stomaci degli uccelli, ma di una presenza tangibile e invasiva all’interno del corpo umano, e ancor più preoccupante, all’interno dei meccanismi più delicati della vita.

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La plastica e le microplastiche sono ormai ovunque, non più solo sulle spiagge, nei fiumi o negli oceani, ma anche nella neve dell’Antartide, nella placenta, nel sangue, nei polmoni, e ora nei fluidi deputati alla riproduzione. Le dimensioni microscopiche di queste particelle, che possono variare da pochi micrometri a frazioni ancora più minuscole, le rendono invisibili agli occhi ma non all’organismo, che può assimilarle inconsapevolmente attraverso l’aria, l’acqua, il cibo o il contatto con oggetti quotidiani.

Cosa dice la nuova scoperta sulle microplastiche

Nel caso specifico dello studio padovano, i ricercatori hanno analizzato campioni provenienti da 16 donatori maschi e da 11 donne che si erano sottoposte a procedure di fecondazione assistita, ed è stato rilevato che in quasi tutti i casi erano presenti microplastiche nei fluidi analizzati, con una predominanza di polimeri come il polistirene, l’uso del quale è comune in molti contenitori alimentari e prodotti industriali.

Ancora più interessante è stato l’approccio metodologico utilizzato: la combinazione di tecniche di spettrometria e microscopia avanzata ha consentito di escludere la possibilità di contaminazioni esterne, rendendo i risultati estremamente attendibili.

Nel 2025 le microplastiche raggiungono i fluidi riproduttivi

La presenza di queste particelle nei fluidi riproduttivi solleva interrogativi urgenti, non si tratta solo di una questione teorica o di un’anomalia di laboratorio, le implicazioni sono concrete, perché si tocca direttamente il potenziale riproduttivo degli individui.

È legittimo chiedersi se e come le microplastiche possano interferire con la motilità degli spermatozoi, con la qualità ovocitaria, o con il successo delle tecniche di fecondazione assistita, ma più in generale, si pone il problema dell’impatto sistemico sulla salute umana, in un’epoca in cui l’infertilità è già in crescita nei Paesi industrializzati per una molteplicità di cause ambientali, fisiologiche e sociali.

Eppure, il dato forse più drammatico è la rapidità con cui queste particelle sono riuscite a colonizzare anche gli spazi più intimi e protetti del nostro corpo, la plastica, materiale simbolo della modernità, della comodità e della produzione di massa, si è rivelata un’arma a doppio taglio, se da un lato ha rivoluzionato l’industria, la sanità e la vita quotidiana, dall’altro ha prodotto una forma di inquinamento pervasivo che ora chiede un conto salato, insinuandosi nelle fibre del nostro stesso essere biologico.

Il lavoro dei ricercatori padovani non è isolato, ma si inserisce in un filone sempre più ampio di studi che mirano a comprendere la dimensione dell’impatto delle microplastiche sull’organismo umano; la presenza di polimeri plastici nel sangue e nella placenta era già stata documentata, così come in organi quali polmoni e fegato.

Fino a oggi i fluidi direttamente coinvolti nella procreazione erano rimasti una sorta di “terra incognita”, un territorio non ancora esplorato a fondo, ma questo studio sulle microplastiche colma dunque un vuoto e apre una nuova prospettiva, quella della riproduzione messa a rischio da una contaminazione che si pensava confinata all’ambiente esterno.

Nel 2025 le microplastiche raggiungono i fluidi riproduttivi

È utile ricordare che, secondo recenti stime, ogni settimana ingeriamo circa 5 grammi di microplastiche – l’equivalente di una carta di credito – attraverso cibi, acqua e aria, questo dato, già di per sé impressionante, assume ora un significato ancora più concreto. Non si tratta più di immaginare questi frammenti di plastica come estranei al nostro corpo, ma di riconoscerli come parte integrante, per quanto indesiderata, della nostra fisiologia.

Questa nuova consapevolezza ci impone di ripensare radicalmente il nostro rapporto con la plastica. Non si può più parlare soltanto di gestione dei rifiuti o di raccolta differenziata: serve una riflessione più profonda sulla produzione, sull’uso e sul destino finale dei materiali plastici. Allo stesso tempo, il campo medico dovrà necessariamente aprirsi a nuove forme di monitoraggio e prevenzione, valutando se sia possibile rilevare in anticipo l’accumulo di microplastiche e mitigarne gli effetti, specialmente in contesti delicati come la fertilità umana.

In definitiva, ciò che emerge da questa scoperta è una forma di fragilità collettiva che coinvolge tanto l’ambiente quanto il corpo umano, è una vulnerabilità che non può più essere ignorata, perché mette in discussione le fondamenta stesse della vita: la capacità di generare, di trasmettere il futuro, di custodire la continuità della specie. L’inquinamento da plastica non è più solo una tragedia per i pesci o per le tartarughe marine: è un problema umano, intimo, biologico. È dentro di noi.

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