La comunità scientifica continua ad indagare le cause che portano ad una diagnosi del morbo di Alzheimer ma ha difficoltà a determinare se le cellule immunitarie nell’Alzheimer stesso, la c.d. microglia, siano alleate o nemiche della malattia.
Le evidenze scientifiche rivelano sia che la mancanza di microglia contribuisca all’accumulo di placche amiloidi, che sono un segno distintivo dell’Alzheimer sia che un eccesso di cellule immunitarie nell’Alzheimer sia implicato nella distruzione dei neuroni e delle sinapsi cerebrali, altra caratteristica che si riconosce nella neurodegenerazione nella malattia.
Per risolvere la questione, un team di ricerca di Yale ha sviluppato un modo per individuare i fattori che possono determinare quale di quei ruoli potrebbe svolgere la microglia.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Communications.
Microglia o cellule immunitarie nell’Alzheimer: ecco qual è il loro ruolo nella malattia di Alzheimer
Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa. Il suo esordio è insidioso e la sua progressione è lenta, rendendo difficile la diagnosi. Inoltre, i suoi meccanismi molecolari e cellulari sottostanti rimangono poco chiari. Attualmente, circa 47 milioni di persone nel mondo soffrono di demenza e si prevede che il numero aumenterà a 131 milioni entro il 2.050.
A causa del suo esordio insidioso e della sua lenta progressione, la diagnosi di morbo di Alzheimer può diventare ostica. Finora, cinque farmaci sono stati approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense per il trattamento dell’Alzheimer. Tuttavia, questi farmaci alleviano solo la progressione o i sintomi della malattia, senza curararla alla radice. Pertanto, è necessario esplorare la patogenesi sottostante dell’Alzheimer al fine di sviluppare interventi terapeutici e persino preventivi.
La malattia di Alzheimer comporta alterazioni nelle interazioni tra neuroni e cellule gliali. Il danno cerebrale causato dalla morte neuronale può portare a declino cognitivo, perdita di memoria, difficoltà di apprendimento e cambiamenti emotivi.
La microglia, le cellule immunitarie residenti nel sistema nervoso centrale, rappresentano circa il 10% di tutte le cellule di quel sistema e svolgono un ruolo sottile e complesso nello sviluppo della malattia. Prove crescenti indicano che la microglia agisce come una “arma a doppio taglio“, sia aiutando che danneggiando i neuroni.
Da un lato, le microglia agiscono come spazzini nel cervello, eliminando sostanze come l’Aβ e prevenendo così la formazione di placche amiloidi nel cervello. D’altra parte, l’attivazione microgliale prolungata porta al rilascio di citochine pro-infiammatorie, che innescano una cascata pro-infiammatoria che danneggia e distrugge i neuroni
“Tutte le microglia che possediamo da adulti vengono create prima della nostra nascita“, ha affermato In-Hyun Park, professore associato di genetica allo Yale Stem Cell Center: “Le microglia sono cruciali nella neurogenesi perché eseguono la potatura sinaptica che consente ai neuroni di comunicare correttamente“. Nei cervelli adulti, agiscono come una sorta di raccoglitore di rifiuti cellulari, identificando ed eliminando i detriti dai neuroni morti.
Le microglia sono state una sfida da studiare perché si formano subito dopo il concepimento e migrano rapidamente verso il sistema nervoso in via di sviluppo. Una volta che trovano una casa nel cervello in via di sviluppo, le microglia vengono escluse dalla maggior parte delle interazioni con altre parti del corpo dalla barriera ematoencefalica, che protegge il cervello dai patogeni.
La disfunzione delle microglia è stata associata alle malattie del neurosviluppo e neurodegenerative, ma studiare il collegamento è stato difficile a causa dei modelli limitati del cervello umano.
Per poter portare avanti la nuova ricerca, Bilal Cakir e Yoshiaki Tanaka del laboratorio di Park hanno sviluppato un metodo per generare microglia funzionale negli organoidi corticali umani, che sono piccole repliche tridimensionali del cervello in via di sviluppo formate da cellule staminali allo stadio iniziale.
Nei test di laboratorio, hanno identificato un gene attivo creato molto presto nello sviluppo che è cruciale per la nascita delle cellule immunitarie. Sono stati quindi in grado di attivare il gene per indurre la creazione di microglia nell’organoide cerebrale.
In esperimenti preliminari, hanno scoperto che gli organoidi privi di microglia erano suscettibili all’accumulo di amiloide, una proteina che forma placche legate al morbo di Alzheimer. Ma gli organoidi con microglia funzionante non lo erano. I risultati suggeriscono che in questo caso le microglia svolgono un ruolo protettivo.
Gli organoidi possono essere usati per studiare gli effetti di altri geni legati allo sviluppo dell’Alzheimer, hanno concluso i ricercatori.