Gli scienziati hanno riportato in vita dei microbi di 100 milioni di anni trovati nei sedimenti delle profondità del fondo oceanico. L’esperimento getta nuova luce su dove si può trovare la vita sulla Terra e su quanto questa possa essere resistente.
Secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature Communications –di cui ti lascio qui il link nel caso in cui volessi andare a leggerlo–, i microbi trovati sepolti sotto il fondo del mare sono persistiti fino a 101,5 milioni di anni. In questo enorme lasso di tempo, i sedimenti non hanno avuto l’energia necessaria per consentire alle cellule di sostenersi, tuttavia gli scienziati erano ancora in grado di far rivivere le comunità.
È un mistero come i microbi siano stati in grado di sopravvivere alle dure condizioni dell’ambiente circostante –ed è ancora poco chiaro quanto a lungo possano vivere/sopravvivere–, nonostante ciò i ricercatori hanno affermato che potrebbero essere gli organismi più antichi del pianeta, e chi gli darebbe torto?
Chi ha fatto si che questi microbi di 100 milioni di anni vedessero la nostra era?
Gli scienziati della Japan Agency for Marine-Earth Science and Technology hanno analizzato campioni di sedimenti di argilla, prelevati dalla nave da ricerca JOIDES Resolution a circa 74,5 metri sotto il fondo del mare, che si trovava a sua volta alla profondità compresa tra circa 12.140 piedi(3.700 metri) e 18.700 piedi(5.700 metri) sotto la superficie dell’oceano nel South Pacific Gyre, un sistema di correnti rotanti situato nell’Oceano Pacifico.
Il centro del Gyre del Sud Pacifico contiene il “polo oceanico dell’inaccessibilità”, il sito sulla Terra più lontano da tutte le terre emerse –la parte a bassa produttività dell’intero oceano–.
L’area ha poco cibo ma ospita molto ossigeno in profondità, sotto il sottosuolo, a tal proposito gli strati di sedimenti, raccolti durante una spedizione del 2010, sono stati depositati in un periodo compreso tra 13 e 101,5 milioni di anni fa.
All’interno del sedimento, gli scienziati hanno scoperto dei microbi marini che avrebbero avuto la stessa età di quei sedimenti: si trattava di piccoli microrganismi monocellulari che costituiscono la stragrande maggioranza della massa totale di creature viventi nell’oceano che, intrappolati negli strati di sedimenti, riuscivano a malapena a muoversi o mangiare.
Arrivati a questo punto, i ricercatori volevano sapere se la vita può esistere in un ambiente così povero di nutrienti e soprattutto conservarsi per così tanto tempo.
Tornati in laboratorio, i ricercatori sono stati in grado di risvegliare questi microbi di 100 milioni di anni dal loro lungo sonno, andando a fornire agli antichi campioni substrati di carbonio e azoto, per verificare se fossero cavi di alimentazione e divisione in più cellule.
Incubare e cibare per un periodo massimo di 557 giorni – in un ambiente di laboratorio sicuro – questi microbi di 100 milioni di anni, ha fatto si che la stragrande maggioranza delle quasi 7000 cellule rispondesse rapidamente alle nuove condizioni, moltiplicandosi per quattro ordini di grandezza, risultato ottenuto anche nei campioni più vecchi.
Al compimento dell’esperimento, i ricercatori hanno affermato che i batteri aerobici hanno dominato l’esperimento.
L’oceanografo dell’Università di Rhode Island e co-autore dello studio Steven D’Hondt, in un comunicato stampa video –che troverai sotto alle dichiarazioni–, ha detto:
“Quello che abbiamo scoperto è che la vita si estende dal fondo del mare al sottostante scoglio roccioso, questi organismi non sono solo vivi nei sedimenti più profondi e antichi, ma sono in grado di crescere e dividersi”.
https://www.youtube.com/watch?time_continue=1&v=fUCai1MHHNg&feature=emb_logo
A supporto della buon riuscita dell’esperimento su questi microbi di 100 milioni di anni, si è esposto anche l’autore principale, Yuki Morono, che alla rivista scientifica Reuters ha detto:
“È sorprendente e biologicamente impegnativo che una grande frazione di microbi possa essere rianimata da un tempo molto lungo di sepoltura o intrappolamento in condizioni nutrizionali / energetiche estremamente basse”
La ricerca indica che microbi di 100 milioni di anni o più, potrebbero sopravvivere per periodi di tempo precedentemente insondabili se i sedimenti si accumulano a un ritmo molto lento, intrappolando l’ossigeno nel frattempo.
Attraverso ulteriori esperimenti, i ricercatori ora sperano di determinare come questi microbi di 100 milioni di anni siano stati in grado di persistere per un così grande numero di anni anche se, fino al 99% dei microbi risalenti all’età dei dinosauri trovati racchiusi nei sedimenti, sono sopravvissuti nonostante non avessero sostanzialmente nutrienti per tutto quel tempo.
Sempre a Reuters, D’Hondt ha detto:
“La parte più eccitante di questo studio è che mostra sostanzialmente che non c’è limite alla vita nel vecchio sedimento dell’oceano terrestre. Mantenere la piena capacità fisiologica per 100 milioni di anni nell’isolamento da fame è un’impresa impressionante.”
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