Per chi affronta un cancro, la parola più temuta è “metastasi”. Significa che il tumore ha lasciato il suo punto d’origine e si è diffuso, spesso con macchie nere che appaiono implacabili sulle scansioni. Nel carcinoma mammario positivo al recettore degli estrogeni (ER+), una delle forme più comuni, la prima linea di difesa è la terapia endocrina. Ma la protezione dura poco: molte pazienti sviluppano resistenza e il cancro torna, spesso colpendo le ossa.
La sfida di Nancy Du

Nancy Du, associate professor di Patologia e Medicina di Laboratorio e Rasweiler Family Research Scholar in Cancer Research alla Weill Cornell Medicine, lavora da oltre vent’anni per capire come fermare questo processo. Il suo progetto, finanziato con 500.000 dollari in tre anni dal Dipartimento della Difesa USA, puntava a individuare i meccanismi che rendono le cellule tumorali insensibili alle terapie endocrine e facilitano la metastasi ossea.
“Abbiamo un indizio su cosa succede nelle cellule e stiamo testando la nostra ipotesi per costruire un piano di trattamento migliore”, spiega Du. Con il suo team, ha usato modelli preclinici per capire perché alcuni farmaci sperimentali anti-metastasi non abbiano funzionato e come correggere il tiro.
Una pausa che pesa
Ad aprile 2025, quando la ricerca era vicina alla fase di test clinici, è arrivato un ordine di sospensione lavori (stop-work order) dal DoD. Nessuna motivazione ufficiale resa pubblica. “Eravamo vicini ad avere dati sufficienti per iniziare la sperimentazione in clinica. Il progetto era stato scelto proprio per i nostri risultati promettenti”, racconta Du.

Perché la ricerca accademica conta
A differenza dell’industria farmaceutica, i laboratori accademici finanziati da fondi pubblici possono esplorare domande biologiche di base senza la pressione immediata di un ritorno commerciale. È in questo spazio che nascono le ipotesi più audaci, quelle che possono portare a scoperte in grado di cambiare la storia della malattia.
Un obiettivo personale e universale
Nel 2020, il costo dell’oncologia negli Stati Uniti ha raggiunto circa 200 miliardi di dollari. Ma l’impatto reale, quello umano, è incalcolabile. Du lo sa bene: suo padre è morto di cancro metastatico dopo trattamenti tossici. “Ho visto con i miei occhi come la chemioterapia può distruggere il corpo, colpendo anche cellule sane, persino cerebrali. Noi vogliamo arrivare a una terapia mirata, capace di curare il cancro con il minimo di effetti collaterali. È possibile, ma serve tempo e sostegno”.
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