L’industria dei metalli “green”, pilastro della transizione energetica, sta mostrando un lato meno sostenibile. Uno studio condotto dall’Università di Brescia e pubblicato su Resources, Conservation and Recycling rivela che l’impatto ambientale dell’estrazione di litio, rame, argento e cobalto è in forte aumento. In alcuni casi, le emissioni di CO₂ sono quadruplicate negli ultimi cinque anni.
La corsa mondiale ai metalli critici per batterie, auto elettriche e pannelli solari sta generando un paradosso: più si punta sulle tecnologie pulite, più cresce l’inquinamento causato dalla loro estrazione.
L’estrazione dei metalli green è sempre meno “verde”

Lo studio, firmato da Elza Bontempi e Nicola Saccani, ha analizzato l’impronta di carbonio delle principali attività minerarie tra il 2019 e il 2024. I risultati sono chiari: l’aumento della domanda globale di tecnologie pulite ha spinto l’industria a scavare in giacimenti sempre più profondi e remoti, spesso geologicamente complessi e difficili da raggiungere.
Questo significa usare più energia, più acqua e più trasporti, con un conseguente incremento delle emissioni. I dati parlano da soli:
- Cobalto: +400% di emissioni di CO₂ a fronte di un +100% nella produzione.
- Litio: estrazione aumentata del 200%, ma con impatti triplicati sull’ambiente.
- Argento: +350% di emissioni.
- Oro: +140%.
- Platino: +180%.
Sono numeri che mettono in discussione la narrativa “zero emissioni” della transizione energetica.
L’effetto paradosso della transizione energetica
Il mondo punta su batterie, auto elettriche e fotovoltaico per liberarsi dai combustibili fossili. Tuttavia, i metalli necessari per costruirli – litio, nichel, rame, cobalto – richiedono processi estrattivi ad alta intensità energetica.
Ogni tonnellata di litio estratta comporta lo sfruttamento di vaste aree e l’evaporazione di milioni di litri d’acqua, spesso in zone aride come il deserto di Atacama. Il cobalto, concentrato in gran parte nella Repubblica Democratica del Congo, solleva anche problemi etici e sociali, legati alle condizioni di lavoro e all’impatto sulle comunità locali.
Di fatto, la filiera “green” rischia di spostare l’inquinamento da un settore all’altro, sostituendo il petrolio con nuove dipendenze minerarie.
Riciclare i metalli critici: la vera chiave per la sostenibilità
La soluzione proposta dai ricercatori italiani è chiara: puntare sul riciclo e sulla circular economy.
Secondo Saccani, “le pratiche circolari nella catena di approvvigionamento delle batterie al litio riducono sia il rischio di scarsità delle materie prime, sia l’impatto ambientale dei siti estrattivi”. Riciclare i metalli critici non solo limita l’inquinamento, ma taglia i costi energetici e riduce la dipendenza da paesi politicamente instabili.
Nel caso delle batterie agli ioni di litio, il riciclo può recuperare fino al 95% dei materiali preziosi come nichel, cobalto e manganese, pronti per essere reimmessi nel ciclo produttivo.
Il progetto Amelie: l’Italia sperimenta il recupero dei metalli dalle batterie
In Italia la ricerca è già in movimento. L’Università di Brescia, insieme a vari partner, coordina il progetto Amelie, parte del programma MICS (Made in Italy Circolare e Sostenibile) finanziato dal Pnrr e dal Next Generation EU.
Amelie sperimenta nuove tecnologie di riciclo per massimizzare il recupero dei metalli critici dalle batterie esauste agli ioni di litio, combinando processi chimici, meccanici e fisici per estrarre in modo efficiente elementi come litio, rame e cobalto.
Questo approccio riduce la necessità di nuove miniere e abbatte le emissioni associate all’estrazione primaria. Inoltre, crea nuove filiere industriali nazionali dedicate al recupero dei materiali, con un impatto positivo anche sull’occupazione e sull’autonomia strategica del Paese.
Dalla miniera urbana al futuro sostenibile
Ogni anno, il mondo genera milioni di tonnellate di rifiuti elettronici – smartphone, computer, veicoli elettrici – che contengono grandi quantità di metalli preziosi. Questi “giacimenti urbani” potrebbero sostituire le miniere tradizionali, riducendo drasticamente l’impatto ambientale.
Il riciclo dei metalli critici non è solo un tema ecologico: è anche una sfida geopolitica. L’Europa importa oltre il 70% delle materie prime strategiche da Asia e Sud America. Creare un sistema di riciclo interno significa aumentare la sicurezza energetica e industriale.
Un nuovo equilibrio tra tecnologia e natura
Il messaggio dello studio bresciano è netto: senza un forte investimento nel riciclo, la transizione energetica rischia di perdere il suo senso ecologico. I metalli “green” sono indispensabili per costruire il futuro, ma non devono diventare il nuovo carbone del pianeta.
Servono politiche globali per rendere obbligatoria la filiera circolare delle batterie, incentivando la progettazione di dispositivi più facili da smontare e riciclare. Allo stesso tempo, occorre promuovere tecnologie estrattive meno invasive e una maggiore tracciabilità delle materie prime.
Solo così la rivoluzione verde potrà essere davvero sostenibile, mantenendo la promessa di un mondo più pulito senza spostare l’inquinamento altrove.
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