Il 4 ottobre 2023, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emesso una sentenza significativa che limita l’uso dei dati personali da parte di Meta, la società madre di Facebook. La decisione è stata presa in un caso che coinvolge Max Schrems, un attivista austriaco per la privacy, il quale aveva contestato la pratica di Meta di utilizzare le informazioni personali sulla sua orientazione sessuale, ottenute da fonti esterne, per indirizzare pubblicità mirata. La Corte ha stabilito che tali pratiche violano il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), che stabilisce rigorose normative per il trattamento dei dati personali in Europa.
La denuncia a Meta e la sentenza
Max Schrems, noto per le sue battaglie legali contro le pratiche di raccolta dati delle aziende tech, aveva sporto denuncia nel 2020 dopo aver ricevuto annunci pubblicitari specifici per omosessuali su Facebook. Nonostante avesse reso pubblici alcuni aspetti della sua vita privata, ha sostenuto che Meta non aveva il diritto di utilizzare queste informazioni per fini commerciali. La Corte ha concordato, affermando che l’informazione riguardante l’orientamento sessuale di una persona, sebbene condivisa in modo visibile, non consente il trattamento indiscriminato per pubblicità personalizzate.
Nel suo verdetto, la CGUE ha chiarito che anche se un individuo discute apertamente il proprio orientamento sessuale, le informazioni collegate devono essere trattate nel rispetto del GDPR. Questo implica che Meta non può elaborare ulteriori dati relativi all’orientamento sessuale di un utente che provengano da altri canali al di fuori della piattaforma per aggregare e analizzare tali dati a fini pubblicitari. La sentenza del tribunale rappresenta un importante passo avanti nella protezione della privacy degli utenti e rinforza il principio di minimizzazione dei dati, che richiede alle aziende di limitare la raccolta e l’uso dei dati personali solo a quelli strettamente necessari.
Reazioni alla notizia
La reazione all’annuncio della corte è stata positiva, in particolare da parte dell’avvocato di Schrems, Katharina Raabe-Stuppnig, la quale ha sottolineato l’importanza della sentenza. Secondo lei, la ruling ridurrà in modo significativo la quantità di dati che Meta può utilizzare per pubblicità, costringendo anche altre aziende pubblicitarie online a rivedere le proprie pratiche di raccolta dati. “Meta ha accumulato un vasto serbatoio di dati sui suoi utenti per 20 anni, ma ora si troverà a operare in un ambiente normativo molto più restrittivo” sono state le sue parole. Questa decisione non solo potrebbe cambiare il modo in cui Meta gestisce i dati, ma anche influenzare significativamente l’intero panorama della pubblicità online in Europa.