Un’osservazione casuale in un laboratorio di Ingegneria Chimica dell’Università della Pennsylvania ha portato a una scoperta sorprendente: un materiale nanostrutturato capace di raccogliere l’umidità presente nell’aria e rilasciarla sotto forma di goccioline, senza bisogno di energia esterna o superfici raffreddate.
Il risultato, pubblicato sulla rivista Science Advances, arriva da un team interdisciplinare guidato dai professori Daeyeon Lee e Amish Patel, e potrebbe aprire nuove frontiere per la raccolta passiva dell’acqua in zone aride, ma anche per sistemi di raffreddamento ecologici per edifici ed elettronica.

Non stavano cercando l’acqua… ma l’hanno trovata, inseme a questo nuovo materiale
A rendere la scoperta ancora più affascinante è il fatto che sia avvenuta per caso. Il team stava studiando l’interazione tra nanopori idrofili e polimeri idrofobi, quando uno dei ricercatori ha notato la comparsa spontanea di goccioline d’acqua su un materiale in fase di test.
“Non stavamo nemmeno cercando di raccogliere acqua”, spiega Lee. “Stavamo lavorando su tutt’altro, quando ci siamo accorti di questo comportamento insolito.”

Da lì è partito uno studio approfondito che ha portato all’identificazione di un nuovo tipo di materiale anfifilico nanoporoso, in grado di catturare l’umidità dell’aria nei propri pori e rilasciarla spontaneamente in superficie sotto forma di gocce stabili.
Condensazione senza raffreddamento
A differenza dei classici sistemi di raccolta dell’acqua, che richiedono raffreddamento attivo o umidità molto alta, questo materiale sfrutta la condensazione capillare: un processo fisico in cui il vapore acqueo si condensa all’interno di pori microscopici anche in condizioni di bassa umidità.

Fin qui nulla di nuovo; la vera novità è che l’acqua, una volta condensata, non resta intrappolata, ma viene spinta fuori come goccioline visibili, pronte all’uso. “Un comportamento mai osservato prima in materiali di questo tipo”, spiega Patel.
Inoltre, le goccioline rimangono stabili per lunghi periodi, contrariamente a quanto prevederebbero le leggi della termodinamica, aprendo interrogativi e opportunità tutte da esplorare.
Il segreto? Un equilibrio perfetto
Il materiale è composto da un film di polietilene (un polimero idrofobo) e nanoparticelle idrofile. Questa combinazione perfettamente bilanciata permette la formazione di “serbatoi nascosti” nei pori, che si riempiono continuamente di vapore acqueo, mantenendo attivo il ciclo di raccolta e rilascio.
“Abbiamo centrato per caso il punto perfetto”, ammette Lee. “Le goccioline che vediamo sono solo la punta dell’iceberg: sotto ci sono riserve microscopiche che si ricaricano da sole.”
Applicazioni: dall’acqua potabile ai circuiti più freschi
La semplicità e la scalabilità del materiale sono la vera chiave del suo potenziale e realizzato con componenti comuni e processi industriali già noti, questo film potrebbe essere utilizzato in:
- Dispositivi passivi di raccolta dell’acqua in regioni desertiche
- Sistemi di raffreddamento per componenti elettronici o server
- Rivestimenti intelligenti che reagiscono all’umidità ambientale

“Ci stiamo ispirando alla natura, studiando come le cellule e le proteine gestiscono l’acqua in ambienti complessi”, spiega Patel. “Questo è un perfetto esempio di come ingegneria, chimica e biologia possano collaborare per affrontare grandi sfide.”
E adesso?
Il team sta ora lavorando per ottimizzare la composizione del materiale, scalarlo per l’uso in ambienti reali e migliorare il modo in cui le goccioline vengono raccolte e rilasciate.
Nel lungo termine, l’obiettivo è ambizioso ma concreto: fornire acqua pulita in aree colpite dalla siccità e raffreddare ambienti o dispositivi elettronici senza energia, sfruttando semplicemente ciò che è già nell’aria: il vapore acqueo.