Nella Chicago di Muddy Waters e Buddy Guy, dove si respira un blues che racconta giornate squattrinate e amori finiti prima ancora di poter cominciare, nasce il 25 settembre del 1937 Mary Allen Wilkes, una bambina con le idee chiare: vuole fare l’avvocato. Il destino però non è d’accordo con lei, e la chiave del suo futuro le viene consegnata da un’insegnante delle medie, l’insegnante che ognuno di noi dovrebbe avere ma che raramente si incontra: “Mary Allen – le dice – quando sarai grande, dovresti essere un programmatore di computer!” . Un’intuizione che negli anni, si rivelerà profetica.
Mary Allen però, non ha la minima idea di cosa sia un programmatore di computer, e rimane legata, più testarda di una strofa di “I’m a king bee“, al sogno di indossare la toga. Sono anni difficili per le donne: entrare alla facoltà di legge è quasi impossibile, e anche uscirci con la possibilità di dibattere casi in tribunale sembra un miraggio troppo lontano: “Non farlo– le suggeriscono i suoi mentori- Potresti non entrare. Oppure, se entri, potresti non uscire. E se esci, non otterrai un lavoro“. Parole che smorzerebbero l’entusiasmo ad un toro.
Infatti Mary Allen rinuncia, ma per un sogno ancora più grande: entrare al MIT (Massachusetts Institute of Technology) e seguire la predizione della sua insegnante delle medie: costruire la sua strada come programmatrice di computer. Non ne sa niente, ma imparerà. Considerando il prestigio del MIT, si potrebbe pensare che anche loro abbiano cercato di scoraggiare una giovane donna di Chicago che vuole emergere. Invece, accettano la sua candidatura: la fortuna di Mary Allen Wilkes è che a quei tempi, la figura di “programmatore di computer” non esisteva, si intravedevano solo i primi corsi universitari e nessuna specializzazione.
Mary Allen Wilkes: l’inizio della carriera da informatica
La selezione avviene attraverso un test attitudinale: Mary Allen mostra subito di avere nel sangue quel che serve per quel lavoro e caso vuole che i suoi studi in filosofia, portati avanti al college, insieme a nozioni di logica simbolica, che può comportare la creazione di argomenti e inferenze mettendo insieme e/o affermazioni in un modo che assomiglia alla codifica, le permettano di superare brillantemente la prova.
È il primo mattone giallo del percorso che la porterà al suo personalissimo regno di Oz: diventare una pioniera del software, e sono delle vere e proprie magie quelle che riesce a fare nel suo lavoro: si ingegna sull’IBM 704, per il quale è necessario conoscere il “linguaggio assembly“. (Un comando tipico era: “LXA A, K,” che dice al computer di prendere il numero nella posizione A della sua memoria e caricarlo nel “registro indice” K.) Come se non bastasse, anche inserire il programma nell’IBM 704 non è un compito tanto facile.
Non esistono tastiere o schermi di supporto, Mary Allen Wilkes deve prima redigere un programma su un supporto cartaceo e consegnarlo ad un dattilografo che successivamente traduce ogni comando in buchi su una scheda perforata. Mary Allen sviluppa scatole intere di comandi destinati ad un “operatore“, che poi creerà una pila di schede perforate, ma quel che conta è il risultato: il computer riconosce quel linguaggio, esegue il programma e produce risultati che poi vengono digitati su una stampante.
Qualche volta però succede che il codice Wilkes non funzioni ma Mary Allen non si arrende e cerca l’errore, scrutando pazientemente ogni riga e usando l’immaginazione, per provare a capire come il computer potrebbe interpretare tutte quelle informazioni: la capacità della maggior parte dei computer all’epoca è piuttosto limitata, l’IBM 704 può gestire solo circa 4.000 “parole” di codice nella sua memoria e Mary Allen mette a disposizione tutti i suoi talenti per dare valore ad ogni i bit: “Era come lavorare con puzzle logici: grandi e complicati puzzle logici“, racconta Wilkes: “Ho ancora una mente molto pignola, precisa, per colpa sua. Noto immagini che sono storte sul muro”.
Questa mentalità sia analitica che creativa le permette di partecipare, nel 1961, alla creazione del LINC : si tratta di uno dei primi personal computer interattivi al mondo, per l’epoca un dispositivo rivoluzionario che potrebbe aprire nuove frontiere dell’informatica. Equipaggiato con una tastiera e uno schermo, potrebbe dare accesso ad una programmazione più veloce, senza schede perforate o stampe ingombranti. Gli sviluppatori, che sanno di poter realizzare l’hardware, hanno bisogno che Mary Allen li aiuti a scrivere il software che consentirà nel futuro ad un utente di controllare il computer in tempo reale.
Le condizioni di lavoro non sono delle migliori: lavorare giorno e notte ai diagrammi di flusso, essendo sottopagata perché donna, nonostante siano gli anni ’60 e Stati Uniti e Unione sovietica gareggino per andare sulla Luna, nonostante la scoperta della doppia elica del DNA e la lotta per l’integrazione raziale di Martin Luther King.m, è la cartina tornasole di quanto le donne siano pioniere non solo nel mondo dell’informatica, ma anche nel mondo dei diritti civili. La Wilkes però di quegli anni preferisce ricordare il lavoro di squadra: “Eravamo un gruppo di nerd”, racconterà più tardi. “Eravamo un gruppo di smanettoni. Ci vestivamo da smanettoni. Sono stata completamente accettata dagli uomini del mio gruppo”.
Ottenuto il primo prototipo del LINC, Mary Allen decide di fare un lungo viaggio intorno al mondo al quale dedicherà un anno della sua vita. Tornerà a casa nel 1964 dove viene richiamata al dovere: finire di scrivere il sistema operativo del LINC. C’è però un problema: la scienziata dovrebbe trasferirsi a St. Louis ma non ne ha nessuna intenzione, e se Maometto non va alla montagna allora è la montagna che andrà da Maometto: viene spedito un LINC a casa dei suoi genitori a Baltimora.
Circuiti e nastri magnetici invadono l’ingresso della casa della sua infanzia, proiettando le vecchie mura di un’ abitazione del Maryland in una fucina dove si crea il futuro. Mary Allen ne è orgogliosa, perché è la prima donna ad avere un personal computer a casa. Un PC un po’ ingombrante, ma questi sono dettagli.
Nella sua personalissima strada di mattoni gialli però, sta per essere aggiunto un tassello che appartiene al passato, un vecchio sogno che finalmente si può plasmare nel presente: nel 1972 Mary Allen Wilkes si iscrive in giurisprudenza alla Harvard Law School e cattura quel proposito che sembrava dimenticato ma che invece non ha perso d’occhio nemmeno per un momento: diventare avvocato, una professione che adorerà e alla quale dedicherà 40 anni della sua vita.
Oggi la Wilkes è in pensione e ogni tanto ritaglia parte del suo tempo per impartire lezioni di informatica alle nuove generazioni. Contrariamente a quanto si può pensare, il settore è meno popolato da donne rispetto ai suoi tempi. Informazione che riempie di stupore i suoi giovani discenti, che stentano a credere che il MIT reclutasse le donne come pioniere dell’informatica. Il regno di Oz è ancora lontano.