La ricerca condotta dalla Knight Family Dominantly Inherited Alzheimer Network-Trials Unit (DIAN-TU) ha segnato una svolta epocale nella comprensione e nel trattamento della malattia di Alzheimer ereditaria. I risultati ottenuti con il farmaco sperimentale gantenerumab offrono una speranza concreta per coloro che sono geneticamente predisposti a sviluppare questa patologia devastante, aprendo la strada a una nuova era di prevenzione.

Svolta nella lotta alla malattia di Alzheimer ereditaria: farmaco sperimentale ritarda l’insorgenza della demenza
La malattia di Alzheimer ereditaria, sebbene rappresenti solo una piccola percentuale dei casi totali, offre un modello prezioso per la ricerca sulla malattia. La certezza genetica che questi individui svilupperanno l’Alzheimer permette ai ricercatori di intervenire precocemente, prima che i sintomi si manifestino. Questo approccio preventivo è fondamentale, poiché le terapie attuali sono in gran parte inefficaci una volta che il danno cerebrale è già in corso.
L’accumulo di placche di amiloide nel cervello è considerato un evento chiave nella patogenesi dell’Alzheimer. Il gantenerumab è un anticorpo monoclonale progettato per legarsi all’amiloide e favorirne la rimozione. Lo studio DIAN-TU ha dimostrato che il farmaco è in grado di ridurre i livelli di amiloide nel cervello, confermando il suo meccanismo d’azione.
L’analisi dettagliata dei risultati dello studio DIAN-TU ha rivelato dati di estrema rilevanza. Innanzitutto, il dato più significativo emerso è stata la riduzione del 50% del rischio di sviluppare i sintomi della malattia di Alzheimer ereditaria nel sottogruppo di partecipanti che hanno ricevuto il gantenerumab per un periodo prolungato, con una media di otto anni. Questo risultato fornisce una forte indicazione che il trattamento precoce è in grado di posticipare efficacemente l’insorgenza della malattia.
Parallelamente al beneficio clinico osservato, lo studio ha anche evidenziato miglioramenti significativi nei marcatori biologici dell’Alzheimer. In particolare, sono stati rilevati cambiamenti positivi nei livelli di amiloide nel liquido cerebrospinale e nelle immagini PET dell’amiloide cerebrale. Tali risultati confermano che il farmaco è in grado di agire sul bersaglio previsto e di modificare la patologia sottostante.
Un altro aspetto cruciale è la tollerabilità del farmaco. Il gantenerumab è stato generalmente ben tollerato dai partecipanti, con effetti collaterali gestibili. Questo è un fattore di grande importanza, considerando che la sicurezza e la tollerabilità sono elementi fondamentali per i farmaci destinati alla prevenzione a lungo termine. Tuttavia, una questione rimane aperta: la durata degli effetti benefici del farmaco. I ricercatori continueranno a seguire i partecipanti allo studio per determinare per quanto tempo l’effetto protettivo dalla malattia di Alzheimer ereditaria del gantenerumab si manterrà nel tempo.
Lo studio ha rafforzato l’importanza della tempistica nell’intervento. È emerso chiaramente che intervenire il più precocemente possibile è fondamentale. Il danno cerebrale causato dall’amiloide inizia anni, se non decenni, prima della comparsa dei sintomi. Pertanto, le terapie preventive devono essere somministrate in questa fase precoce della malattia.
Le implicazioni per la ricerca futura e per la pratica clinica derivanti dallo studio DIAN-TU sono di vasta portata. Innanzitutto, lo studio ha posto in evidenza la necessità di identificare la “finestra di intervento” ottimale, ovvero il momento in cui il trattamento si rivela più efficace. Di conseguenza, si rende necessario condurre ulteriori ricerche per determinare con precisione quando iniziare e per quanto tempo proseguire la terapia per la malattia di Alzheimer ereditaria.
Inoltre, si apre la prospettiva di utilizzare terapie combinate in futuro, che agiscano su diversi aspetti della patologia, al fine di massimizzare il beneficio clinico. Ad esempio, si potrebbe valutare l’efficacia di combinare farmaci che riducono l’amiloide con farmaci che prevengono la formazione di grovigli neurofibrillari, un’altra caratteristica distintiva dell’Alzheimer.
Un’ulteriore implicazione riguarda l’Alzheimer sporadico, la forma più comune della malattia. I risultati ottenuti nella malattia di Alzheimer ereditaria potrebbero essere estesi alla forma sporadica, ma sono necessarie ulteriori ricerche per determinare se il gantenerumab o altri farmaci anti-amiloide siano efficaci anche in questo contesto. La disponibilità di trattamenti preventivi sottolinea l’importanza dello screening genetico e della diagnosi precoce dell’Alzheimer. Ciò consentirebbe di identificare le persone a rischio e di intervenire tempestivamente, aprendo la strada a una nuova era di prevenzione della malattia.
Risultati contrastanti e la necessità di un’estensione
I risultati iniziali dello studio DIAN-TU avevano evidenziato risultati contrastanti nel gruppo di partecipanti asintomatici, spingendo i ricercatori a lanciare un’estensione in aperto. L’obiettivo era valutare se dosi più elevate o un trattamento più prolungato con gantenerumab potessero effettivamente prevenire o ritardare il declino cognitivo.
Tutti i partecipanti allo studio DIAN-TU, portatori di una mutazione genetica ad alto rischio di malattia di Alzheimer ereditaria, erano idonei a partecipare all’estensione, indipendentemente dal trattamento ricevuto in precedenza. Poiché tutti i partecipanti hanno ricevuto il farmaco sperimentale durante l’estensione, non era presente un gruppo di controllo interno. Per ovviare a questa mancanza, i ricercatori hanno confrontato i partecipanti all’estensione con soggetti di uno studio correlato (DIAN Observational) che non avevano ricevuto alcun trattamento farmacologico e con partecipanti al DIAN-TU trattati con placebo che non avevano aderito all’estensione.
Originariamente prevista per tre anni, l’estensione è stata interrotta a metà del 2023 a seguito della decisione di Roche/Genentech di interrompere lo sviluppo del gantenerumab. Questa decisione è stata presa dopo che i dati degli studi di fase III GRADUATE I e II, condotti su persone con Alzheimer sintomatico precoce, non avevano raggiunto l’endpoint primario di rallentamento del declino clinico.
Nonostante l’interruzione, l’analisi dei dati raccolti durante l’estensione ha rivelato risultati promettenti. In particolare, la rimozione delle placche amiloidi nel cervello, avvenuta anni prima della comparsa dei sintomi, ha ritardato l’insorgenza dei sintomi e la progressione della malattia di Alzheimer ereditaria, soprattutto nel sottogruppo di partecipanti asintomatici trattati per un periodo più lungo (in media otto anni). In questo gruppo, il trattamento ha dimezzato il rischio di sviluppare sintomi.
L’analisi dei dati dell’estensione dello studio DIAN-TU ha posto in risalto tre aspetti fondamentali che meritano un’approfondita disamina. In primo luogo, la tempistica del trattamento si è rivelata un fattore cruciale. I risultati ottenuti suggeriscono con forza che un intervento precoce, somministrando il farmaco anni prima della manifestazione dei sintomi, potrebbe rappresentare la chiave per una prevenzione efficace dell’Alzheimer. Questo sottolinea l’importanza di individuare e trattare i soggetti a rischio in una fase pre-sintomatica, quando il danno cerebrale è ancora limitato.
In secondo luogo, la durata del trattamento ha dimostrato di avere un impatto significativo sull’efficacia del gantenerumab. Il sottogruppo di partecipanti che ha ricevuto il farmaco per un periodo prolungato ha evidenziato i benefici maggiori, suggerendo che una terapia a lungo termine potrebbe essere necessaria per ottenere risultati ottimali. Questo dato solleva interrogativi sulla durata ideale del trattamento per la malattia di Alzheimer ereditaria e sulla necessità di una terapia cronica per mantenere gli effetti protettivi nel tempo.
Infine, è emerso il rischio di effetti collaterali, in particolare le anomalie di imaging correlate all’amiloide (ARIA). Sebbene la maggior parte dei casi di ARIA sia risultata asintomatica e si sia risolta spontaneamente, la possibilità di eventi avversi gravi non può essere trascurata. Pertanto, è fondamentale monitorare attentamente i pazienti durante il trattamento con gantenerumab e altri farmaci anti-amiloide, al fine di individuare tempestivamente eventuali segni di ARIA e intervenire adeguatamente.
L’importanza dell’amiloide e la replicabilità dei risultati
La ricerca sull’Alzheimer sta vivendo un momento di svolta, grazie ai progressi compiuti nello studio dell’Alzheimer precoce e alle promettenti prospettive che si aprono per la prevenzione della forma tardiva della malattia di Alzheimer ereditaria, che colpisce la maggior parte delle persone.
Un elemento chiave emerso dalle ricerche è il ruolo centrale dell’amiloide nell’insorgenza della malattia di Alzheimer ereditaria, sia nella forma precoce che in quella tardiva. L’accumulo lento e progressivo di amiloide nel cervello, che inizia circa due decenni prima della comparsa dei sintomi, è un processo comune a entrambe le forme della malattia. Inoltre, i risultati ottenuti nei test sulle famiglie con mutazioni genetiche che causano l’Alzheimer precoce sono stati replicati con successo nei test sull’Alzheimer tardivo, rafforzando la validità delle scoperte.
Questi risultati incoraggianti hanno alimentato l’ottimismo dei ricercatori riguardo alla possibilità di sviluppare misure di prevenzione efficaci per l’Alzheimer tardivo, che rappresenta la maggioranza dei casi. Se i trial sulla prevenzione dell’Alzheimer tardivo confermeranno i risultati promettenti ottenuti con il gantenerumab nello studio DIAN-TU, potremmo presto assistere alla disponibilità di strategie preventive per la popolazione generale.
Nonostante l’interruzione dello sviluppo del gantenerumab, la ricerca continua a progredire con la valutazione di altri farmaci anti-amiloide come potenziali terapie preventive. Il Knight Family DIAN-TU sta attualmente conducendo il Primary Prevention Trial, che valuta il farmaco sperimentale remternetug, prodotto da Eli Lilly and Co., in partecipanti ancora più giovani, a partire dai 18 anni, con l’obiettivo di interrompere i primi cambiamenti molecolari che portano alla malattia di Alzheimer ereditaria.
Le scoperte recenti sottolineano l’importanza cruciale di sostenere e accelerare la ricerca sull’Alzheimer e su tutte le malattie che causano demenza. L’Alzheimer’s Association, con il suo impegno e i suoi investimenti significativi, svolge un ruolo fondamentale nel promuovere la ricerca e nel tradurre le scoperte scientifiche in terapie efficaci.
Grazie ai progressi della ricerca e all’impegno della comunità scientifica, si apre la prospettiva di un futuro in cui sarà possibile ritardare l’insorgenza la malattia di Alzheimer ereditaria per milioni di persone, migliorando la qualità della vita e riducendo l’impatto devastante di questa malattia.
Lo studio è stato pubblicato su The Lancet Neurology.